Coop: il mistero del verbale nascosto
Lo sceneggiatore della vicenda delle Cooperative operaie di Trieste, Istria e Friuli dev’essere un giallista di tutto rispetto, dato che riesce a tenere da mesi con il fiato sospeso in argomento i lettori del Piccolo, ed a maggior ragione gli oltre centomila soci di queste nostre Coop.
Il fatto
Dopo assemblee sociali al calor bianco e provvedimenti giudiziari in serie, è infatti arrivato l’ennesimo colpo di scena: il 12 agosto a pagina 22 del Piccolo compariva in Cronaca con granderilievo un articolo dal titolo definitivo: “Coop, finita l’ispezione: «Nessuna irregolarità»”. Ma privo di firma, a differenza dai precedenti di Ernè e poi Barbacini, e dai successivi di Unterweger pubblicati il 14 agosto: che si sia scritto da solo?
Dal testo rassicurante si apprendeva che secondo il verbale conclusivo di tre mesi di ispezione straordinaria della Regione tutto va bene, i contestatori hanno torto ed i 160 milioni di euro delprestito fatto dai soci sono in ottime mani. Meglio così, ci mancherebbe! Ma oltre all’anonimato l’articolo d’apparenza redazionale, a legger bene, mostra numerose altre particolarità che ne fanno in sostanza un comunicato unilaterale delle stesse Coop.
E non tanto per il fatto che dia ampi spazi virgolettati alle dichiarazioni del direttore generale delle Coop, Pier Paolo Della Valle, e del Presidente Marchetti (che minaccia il capofila dei soci critici, Adeo Cernuta, di pesanti richieste di risarcimento) ma perché non cita in concreto nessuna delle parti o frasi del verbale secondo cui, come afferma lo stesso Della Valle, le “tesi” dei contestatorisarebbero “infondate e fuorvianti”.
Si afferma infatti che le Coop stesse informano di avere ricevuto dal Servizio cooperazione della Direzione centrale della Regione il verbale, dove “la Regione sottolinea come non ci siano irregolarità nei bilanci, il regolamento elettorale sia corretto, le assemblee di giugno regolari”, e così via. Di quel documento il giornalista anonimo non cita nemmeno una riga.
Potrebbero sembrare particolari secondari, ma non lo sono, così come non lo è l’affermazione nell’articolo-comunicato che la Regione ha chiesto di riapprovare il regolamento del prestito sociale, datato 1997; o l’asserto che l’amministrazione regionale contesterebbe di fattol’Autorità giudiziaria, sostenendo che l’elenco dei soci non debba essere depositato alla Camera di Commercio, e che il Tribunale debba fissare esso un prezzo per la consegna ai soci richiedenti (ricordiamo che le Coop hanno chiesto loro addirittura 50mila euro!).
Il cronista innominato fornisce dunque come vere, e presumibilmente accertate, dichiarazioni autoassolutorie della dirigenza Coop contestata, senza offrircene riferimenti documentali. E questo ci costringe, per intanto, a tentar di interpretare e valutare quelle informazioni alla luce delle fonti normative, appellandoci alla paziente attenzione dei lettori. Ma la delicatezza e rilevanza del caso ne valgono la pena.
Le norme
Si tratterebbe di accertamenti effettuati dall’amministrazione regionale, il cui potere ispettivo deriva dallo Statuto speciale, che all’art. 5 le assegna potestà legislativa in materia di cooperazione e vigilanza sulle cooperative (n. 17). Ed è regolato dalla Legge regionale n. 27/2007 (“Disciplina organica in materia di promozione e vigilanza del comparto cooperativo”), che al capo IV (“Attività di revisione”) prevede all’art. 14 revisioni ispettive ordinarie e straordinarie.
Le revisioni ordinarie (comma 1) hanno cadenza almeno biennale e, si noti bene, per le cooperative aderenti a Confcooperative sono svolte da quest’Associazione stessa, il cui presidente (attualmente Franco Bosio) nel nostro caso risulta contemporaneamente membro del CdA, cioè amministratore, delle stesse Cooperative operaie da controllare.
Le revisioni straordinarie (comma 6) invece “sono effettuate dalla Direzione [regionale, ndr] a mezzo di revisori incaricati sulla base di esigenze di approfondimento derivanti dalle revisioni ordinarie e ogni qualvolta se ne ravvisi l’opportunità (…)”. Nel nostro caso si tratta appunto di una revisione straordinaria, che secondo l’articolo 15,comma 2 serve ad accertare l’esatta osservanza delle norme, la sussistenza dei requisiti normativi per il godimento di agevolazioni, il regolare funzionamento amministrativo-contabile dell’ente, l’esatta impostazione tecnica e il regolare svolgimento delle attività specifiche, la consistenza patrimoniale dell’ente e lo stato delle attività e delle passività e, infine, la correttezza dei rapporti instaurati con i soci lavoratori e l’effettiva rispondenza di tali rapporti a quanto previsto normativamente e contrattualmente.
Il verbale di cui scrive il Piccolo è previsto dall’articolo 16, ed il suo modello viene determinato, assieme alle modalità ed ai termini di esecuzione della revisione, con apposito provvedimento del Direttore centrale regionale competente in materia di vigilanza sulla cooperazione.
Il modello è, in sostanza, un prestampato che si basa su quesiti standard, cui il revisore incaricato dalla direzione è tenuto a dare una risposta succinta e documentata. Consta normalmente di una dozzina di fogli, al netto degli allegati, non quindi le quaranta pagine di cui scrive il Piccolo, ed a revisione effettuata dev’essere sottoscritto dal revisore e dal rappresentante legale della cooperativa sottoposta ai controlli (nel nostro caso la dott. Lorella Torchio, iscritta all’AlboRegionale dei revisori di società cooperative, ed il presidente Coop Livio Marchetti).
L’articolo 17 della legge (Esecuzione delle revisioni) riconosce al revisore ampie facoltà istruttorie, ed un potere di diffida, nei confronti della cooperativa ispezionata, ad eliminare le irregolarità sanabili, anche se l’ultima parola spetta alla Direzione centrale regionale, attraverso il Servizio competente per materia.
Questo significa che il documento inviato a Regione e Coop non ha affatto natura di provvedimento definitivo, come invece sembra lasciar credere ai lettori quanto pubblicato dal Piccolo. Ed in esito all’ispezione il revisore formula una proposta di provvedimento che, a seconda delle circostanze, può avere tre diversi contenuti.
Ove “si siano conclusi senza rilievi di irregolarità gli accertamenti e le verifiche previsti dall’articolo 15”, la revisione si conclude con un certificato di revisione rilasciato dal Direttore del Servizio cooperazione entro novanta giorni dal ricevimento del verbale sottoscritto dalle parti.
Se invece vi sono irregolarità sanabili tocca al revisore chiedere all’ente cooperativo di porvi rimedio, indicando allo scopo un termine. E se le anomalie permangono la decisione sul da farsi spetterà agli Uffici regionali.
Mentre nelle ipotesi di irregolarità più gravi (violazioni di legge, pesanti ammanchi di bilancio, ecc.) l’articolo 23 della Legge regionale 27/2007 prevede una vasta gamma di sanzioni, che vanno dalla gestione commissariale allo scioglimento, e dato l’impatto sulla vita societaria vengono assunte “con deliberazione della Giunta regionale, su indicazione dell’Assessore competente, sentito il parere della Commissione” regionale per la cooperazione.
La Commissione è egemonizzata, a fronte di due soli rappresentanti della Regione, da 9rappresentanti delle Associazioni regionali di cooperative (quattro di Confcooperative, tre della Lega delle Cooperative e due dell’Associazione generale Cooperative italiane). Ma il suo parere,per quanto obbligatorio, non è vincolante per l’amministrazione regionale.
L’istruttoria regionale conduce dunque, a seconda dei dati raccolti, in tre direzioni fra loro alternative, che sta al revisore verbalizzante scegliere formalizzando la sua proposta con una crocetta su una delle caselle prestampate sull’ultima pagina del modello del verbale di revisione.
Ed a questo punto sia la Regione che i vertici della Cooperativa sottoposta al controllo hanno in mano il verbale del revisore, ma l’amministrazione regionale non ne può rivelare i contenuti a causa dell’articolo 40 della Legge Regionale 27/2007, titolato “diritto di accesso”, con comicità involontaria perché sottrae appunto all’accesso i verbali di revisione per la bellezza di cinque anni (!). Gli amministratori della Cooperativa possono invece pubblicare il documento.
Le incongruenze
Nel nostro caso, per mettere a tacere qualsiasi critica e dubbio basterebbe che i responsabili delle Coop triestine esibissero alla stampa la sola paginetta con la proposta conclusiva del revisore.E se è tutto in regola, come ci assicurano, dovrebbero farlo nell’interesse dell’azienda, oltre chenel proprio ed al fatto che i soci hanno tutto l’interesse ed il diritto di leggere quel documento.Anche per confrontarlo con quanto pubblicato con così grande risalto sul Piccolo.
Dove nei successivi due articoli del 14 agosto si afferma pure che la Regione avrebbe “certificato” l’assenza di irregolarità, ed il direttore generale delle Coop, Della Valle, dichiara: «C’è un soggetto deputato che ha certificato la situazione. Non c’è altro da aggiungere», ed ancora: «è stata la Regione che dopo tre mesi di verifiche ha certificato la situazione della nostra società, evidenziando come non vi sia alcuna irregolarità nella gestione» e «non siamo più noi che diciamo certe cose, ma c’è invece un soggetto deputato dalla normativa alla certificazione. Di queste cose non parlo più».
Lasciando così ritenere che la Regione abbia anche rilasciato il certificato di revisione liberatorio. Ma questo certificato, come detto più sopra, può essere rilasciato solo se non vi si siano stati riscontri di irregolarità né prescrizioni del revisore. E lo stesso articolista anonimo del 12 agosto ha affermato che la revisione prescriverebbe invece “che il regolamento del prestito sociale, datato 1997, sia riapprovato dall’assemblea dei soci”. Cosa succederebbe se non venisse riapprovato, o lo fosse con importanti modifiche?
Se dunque, malgrado le sollecitazioni, la dirigenza Coop si rifiutasse ora di esibire il verbale ai soci richiedenti (incluso il sottoscritto), sostenendo che la questione è chiusa, basterà domandare al Direttore del Servizio cooperazione se, avendo effettivamente riscontrato l’assenza della minima irregolarità, abbia apposto la propria firma sul certificato di revisione, che inoltre,come tutti i provvedimenti decisori, a differenza dagli atti istruttori è pubblico e consultabile daqualunque interessato.
Tra poco, quindi, conosceremo comunque e direttamente i risultati effettivi della revisione straordinaria, sui quali poter verificare tutti i contenuti e le interpretazioni che le vengono attribuiti sul Piccolo. Inclusi quelli più sorprendenti secondo cui la Regione oltre a considerare “corretto” il contestato regolamento elettorale a prova di dissidenti, avrebbe in particolare affermato che il libro dei soci non vada depositato alla CCIAA, e che il Tribunale dovrebbe fissarne un prezzo di consegna ai soci medesimi.
Queste due affermazioni infatti contraddirebbero pesantemente la sentenza dello stesso Tribunale di Trieste che, confermando la decisione del suo Presidente, oltre a ravvisare scarsa correttezza nell’operato dei vertici societari (come riferito dallo stesso Piccolo l’8 luglio scorso a firma di Barbacini), ha imposto la messa a disposizione del libro dei soci e la trasmissione dei suoi dati alla Camera di commercio.
Mentre Presidente e Vicepresidente delle Coop sono stati iscritti dalla Procura sul libro degli indagati per avere opposto la richiesta del pagamento di 50mila euro alla nota domanda di consegna della lista dei soci presentata dal consocio Adeo Cernuta.
Appare dunque quantomeno insolito che in situazione così delicata e controversa un revisore dei conti regionale si metta ad impartire prescrizioni non alla cooperativa controllata ma alla Magistratura, ed in materia su cui essa si è appena pronunciata in sede civile aprendo anche un’indagine sul piano penale.
Conclusioni e richieste
Insomma, questo che rischia di essere il giallo dell’estate triestina è ancora lontano dal trovare soluzione. Magari alla fine scopriremo che mancano sia il “delitto” che i colpevoli. E da cittadini e soci ne saremmo lieti, perché siamo tutti convinti dell’importanza economica, lavorativa e di servizio delle Coop per la città quanto il sindaco Cosolini. Anche se proprio per questo motivo vogliamo vederci chiaro sulla gestione Marchetti, che lui è invece corso ad omaggiare pubblicamente.
E per questo stesso motivo vorremmo invece, come cittadini, un’attenzione quanto più prudente e responsabile del sindaco alle nostre richieste di chiarimento. Dato che nemmeno il caso Coop è faccenda di cui la sua Amministrazione comunale possa disinteressarsi affermando, come ha già fatto incredibilmente per l’ancor più grave situazione dell’AcegasAps, che “la politica deve starne fuori”. Anche perché in ambedue i casi ci sta già dentro, e da sempre, fino al collo con spartizioni di incarichi amministrativi ben remunerati a politici vecchi e nuovi, sia del centrodestra che del centrosinistra.
Alla dirigenza delle Cooperative operaie di Trieste, Istria e Friuli chiediamo invece, come soci oltre che come cittadini, di rispondere alle contestazioni legittime esibendo doverosamente e pubblicamente i documenti, e non attraverso interventi stampa vaghi se non pure contraddittori. E di farlo, s’intende, presto e col necessario anticipo sulle elezioni per il rinnovo del CdA. Si rendano conto che è loro dovere quanto nostro diritto.
© 21 Agosto 2012