Scandalo COOP Trieste, Istria e Friuli: 41milioni di perdite nascoste?
Dal 2 agosto a Trieste un gruppo di oltre 100 soci sempre più legittimamente preoccupati per l’attuale gestione delle Cooperative Operaie ha costituito il Comitato “Difendiamo le Cooperative Operaie di Trieste Istria e Friuli”, eleggendo anche propri rappresentanti legali.
Chiedono infatti invano, pubblicamente e da tempo, accertamenti strutturali e contabili accurati sulla gestione attuale delle COOP, che oppone loro invece silenzi e diversioni tattiche inaccettabili ed ancor più allarmanti. Anche nelle assemblee, e sino a rifiutarsi arrogantemente di fornire copia dell’elenco obbligatorio dei soci con diritto al voto (tra i quali vi sarebbe pure una quantità di persone decedute da anni). Nonostante ingiunzione del Tribunale ed opponendovi la richiesta surrettizia del pagamento di addirittura 50mila euro.
Ed al posto dei chiarimenti diretti è arrivato sabato 11 agosto un articolo non firmato di grande rilievo del solito quotidiano monopolista locale Il Piccolo, con l’annuncio che la Regione avrebbe accertato la totale regolarità della gestione delle COOP, e con la minaccia pubblica del presidente Marchetti di querelare o citare conseguentemente per danni il portavoce e promotore degli accertamenti, Adeo Cernuta.
Se qualcuno pensava di consentire così ai responsabili di esimersi dai chiarimenti sociali doverosi nascondendosi dietro la Regione, e di zittire ed isolare con le minacce i rappresentanti combattivi della società civile, ha invece ottenuto l’effetto esattamente contrario.
Il Comitato ha infatti reagito diffondendo con nota stampa del 13 agosto la sintesi dei dati contabili assolutamente allarmanti che esigono pubblico chiarimento, offrendone pure tutta la documentazione. E sono quelli del bilancio consolidato, che considerando l’insieme di tutte le società del gruppo non consente di coprire contabilmente le perdite con operazioni e differimenti tra i bilanci delle singole società.
Ricostruendo dunque il bilancio consolidato il Comitato avrebbe accertato contabilmente che dal 2004, inizio dei già otto anni di presidenza Marchetti, le COOP triestine avrebbero accumulato perdite per oltre 22 milioni di euro, mentre il patrimonio netto del gruppo sarebbe sceso da 38 a poco più di 19 milioni di euro. Che se abbiamo ben compreso farebbero dunque in totale 41 milioni.
Il Comitato sottolinea inoltre che le COOP di Trieste sono in sostanza una “public company “ perché risulta composta da oltre 110.000 soci di cui 80.000 triestini (più di 1/3 della popolazione della città), e di questi 17.000 prestano alle Coop ben 160 milioni di euro concorrendo in modo determinante all’operatività dell’azienda, che per fatturato è anche tra le prime 10 società con sede a Trieste, e dà lavoro a 700 dipendenti più l’indotto.
Il Comitato rileva pure che il gruppo degli amministratori delle COOP triestine risulta sostanzialmente inalterato, sotto diverse presidenze, da oltre 20 anni, è addirittura più numeroso di quello delle Generali e si perpetua non per buoni risultati di gestione, ma grazie ad un meccanismo elettorale interno anomalo formato in modo da impedire di fatto un ricambio, e consentendo addirittura di candidarsi solo agli stessi amministratori ed a loro amici. In regime, dunque, di democrazia solo apparente.
La Voce aggiunge qui, per maggiore chiarezza, che questi meccanismi risultano aver consentito di fare ormai da decenni della dirigenza delle COOP triestine un ricco feudo sostanzialmente politico di denari e voti, condiviso tra centrodestra e centrosinistra piazzandovi (e riciclandovi) uomini propri, ed ampliandolo e consolidandolo come tale con una proliferazione di società che ha moltiplicato sia le poltrone retribuite nei consigli di amministrazione, sia le libertà operative anche fuori controllo del sistema cooperativo, sia le possibilità di diversione contabile delle passività.
Il tutto con la copertura sinora di tutti i partiti comunque coinvolti, delle istituzioni, degli organi di controllo e della stampa locale ‘di sistema‘, esautorando di fatto i cittadini soci e pure prestatori di capitali ingentissimi. Sino ad accumulare, e sinora coprire ad ogni costo, quello che appare un passivo abnorme, mentre corrono voci secondo cui si penserebbe di risolvere il problema vendendo l’azienda.
E questo è esattamente lo stesso schema operativo con cui la stessa congrega trasversale di politici locali, e con le medesime coperture, ha colonizzato e frammentato l’Acegas indebitandola abnormemente (per oltre mezzo miliardo di euro!) per venderla poi a pezzi ed infine ora in toto.
Ed è questo stesso genere di compromissioni concrete, a banchetto condiviso di poltrone, soldi e voti anche attraverso sistemi incontrollati di forniture ed assunzioni, che spiega come mai forze politiche tradizionali anche apparentemente opposte, dalla destra al centro ed alla sinistra, vadano invece così spudoratamente d’accordo, coprendosi a vicenda, in operazioni dubbie e persino palesemente illecite e sotto indagine penale.
Con un campionario di collusioni estreme e spesso frenetiche che va ormai, in crescendo pubblico indisturbato, dalla vendita illegale di un terreno comunale all’allora sindaco Dipiazza, senza precedenti in Italia, sino al tentativo di colossale speculazione edilizia ed immobiliare a danno del Porto Franco internazionale (cioè della risorsa di lavoro principale) di Trieste, senza precedenti nella storia della città.
A noi questo sembra, se non ce ne suggerite definizione migliore, un sistema di malaffare politico evidente, scandaloso e prepotente, ormai sotto gli occhi di tutti. A fronte del quale non si sa cosa vorranno o potranno fare, ora come sempre, gli organi di stampa locali sotto padrone. La Voce non ha invece remore a sviluppare anche quest’inchiesta con la massima indipendenza, fermezza e completezza documentata possibili.
Oltre che per dovere di verità, perché si tratta davvero di salvare le nostre COOP – come su altro versante l’Acegas – e di appoggiare quindi in ogni modo l’azione del Comitato, che ha già annunciato prossime iniziative pubbliche sia in rete (con apposito sito e sui Facebook) sia con volantinaggi e banchetti in strada.
© 14 Agosto 2012