La Voce di Trieste

Governo commissariale Monti: cosa può dare e chiedere Trieste

Come abbiamo già scritto sul nostro numero zero di presentazione, il governo Monti, piaccia o no e fatte salve tutte le critiche fondate di dettaglio, è un commissariamento qualificato d’emergenza del Paese, altrimenti occupato da una classe politica troppo incapace, corrotta e farsesca per saper affrontare la crisi finanziaria globale che rischia di affondarlo con esiti interni ed internazionali devastanti.

 

Condividere per questo tutte le scelte del governo Monti sarebbe sciocco e controproducente (come pure già scritto) ma realisticamente non vi sono al momento alternative politiche serie. E non ve ne saranno sino al ripristino obbligato di un sistema elettorale democratico che dia libero spazio a forze e persone nuove.
Siamo dunque in una situazione di governo sovrapolitica d’emergenza assolutamente nuova per la storia del Paese. Ed è su di essa che occorre ripensare obiettivamente ai propri ruoli concreti, che qui sono quelli di Trieste.

La situazione reale della città-porto
Nella crisi generale che stiamo subendo Trieste è in crisi totale di ruolo perché tutti i governi politici romani dal 1954 hanno continuato a ridurla da porto centrale della Mitteleuropa ad enclave marginale assistita dell’economia italiana. E lo fanno con due espedienti principali: soffocarne il porto, ed in particolare il Porto Franco internazionale, riducendolo ed isolandolo, e favorire l’apposita selezione negativa di una classe dirigente locale quanto più inetta, debole e parassitica.
Capace addrittura di svendere coralmente alla speculazione edilizia metà Porto Franco in una truffa scandalosa e colossale, a Trieste ed allo Stato, che abbiamo dovuto infine denunciare alla Procura di Roma perché qui non si muoveva nessuno (si vedano i dettagli sul nostro numero zero).
La città viene inoltre ancora usata irresponsanilmente per coltivare vecchie tensioni rivendicative morbose ed anacronistiche verso la Slovenia e la Croazia moderne. Con le quali dobbiamo e possiamo invece ricostruire utilmente oggi l’unità e la fraternità europee interrotte dai nazionalismi e regimi del secolo passato.
Nel concreto, tutto questo continua a privare Trieste del suo diritto storico ed attuale a reintegrarsi produttivamente nei propri ruoli geoeconomici naturali di porto di scambio tra la Mitteleuropa, il Mediterraneo e l’oltremare, avvalendosi del regime e degli spazi di porto franco, dei nuovi strumenti comunitari europei e di cooperazioni funzionali con il porto sloveno adiacente di Koper-Capodistria e con quello strategico croato di Rijeka-Fiume.
Per essere ancora più chiari: una marmaglia politica locale e nazionale sta continuando ad impedire alla città-porto di Trieste di realizzare il proprio legittimo benessere con la riattivazione ottimale doverosa di un asse di traffico europeo primario che é indispensabile all’economia comunitaria, e di contribuire sostanziosamente con gli utili del proprio lavoro al risanamento dell’economia nazionale italiana, invece di farsene assistere.
Nella crisi generale del Paese è inoltre evidente che nessuno può più pretendere ed ottenere assistenze pubbliche improduttive per sanare crisi locali, e tantomeno se ha sottoutilizzati in casa strumenti di lavoro addirittura privilegiati per risolverle da sé creando lavoro generico e specializzato per tutti, con utili rilevanti per l’economia nazionale.
E Trieste ha sottoutilizzati un porto e portofranco formidabili, quando malgrado la crisi i traffici marittimi adriatici da e per la Mitteleuropa e sino al Baltico sono e saranno in aumento tale da poter riempire senza concorrenza sia il nostro porto che quelli di Koper-Capodistria e Rijeka-Fiume. Come ci hanno appena ricordato il colosso danese Maersk assieme ad Unicredit, scartando sviluppi improbabili del porto-palude di Monfalcone.

Cosa possiamo e dobbiamo chiedere da Trieste al governo Monti
Quello che da Trieste possiamo e dobbiamo perciò chiedere all’economista europeo ed internazionale Mario Monti non sono più sussidi costosi ed a profitto dei soliti pochi, ma lo sblocco politico integrale, che non costa nulla a va a beneficio di tutti, del nostro porto e del Porto Franco: fermandovi la truffa edilizia, garantendoci tariffe e collegamenti ferroviari normali, avviando le collaborazioni portuali con Slovenia e Croazia ed emarginando finalmente i mestatori nazionalisti che le ostacolano.
Ed abbandonando anche una volta per tutte il vecchio, miope e devastante argomento della concorrenza dei porti adriatici orientali a quelli occidentali della penisola italiana. Che ormai é mero camorrismo antieconomico, perché si limita a danneggiare lo sviluppo redditizio di un asse centrale di traffico europeo per dirottarlo solo marginalmente su assi diversi, eccentrici e già iperproduttivi.
Dobbiamo, insomma, approfittare tempestivamente almeno del fatto di avere per la prima volta al governo un economista di rango, che oltre a poter comprendere bene necessità e convenienza assolute di quest’intervento per Trieste ha anche poteri straordinari sufficienti ad infischiarsene delle morchie politiche nazionali e locali contrarie.
E se queste ricorressero ad altre resistenze, attive o passive, potremmo anche organizzare una petizione popolare a libera firma dei cittadini e degli amici di Trieste. Con l’aiuto di chiunque vorrà partecipare.

© 10 Marzo 2012

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