La Voce di Trieste

Speculazione “Portocittà” sul Porto Franco: denuncia a Roma per truffa allo Stato

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Violazioni di accordi internazionali e della Legge sulla P2, emerse connessioni con le reti nazionali dei grandi appalti

Il declino accelerato ma straordinariamente silenzioso della Trieste da cartolina, ridotta a salotto kitsch di illustri nullità locali, non significa affatto che manchino traffici illeciti, scandali e denunce, ma che i traffici e gli scandali vengono coperti, e le denunce zittite. Come nei feudi tipici mafie, e qui di reti d’interessi e complicità traversali ai tessuti politici, istituzionali, economici, professionali e mediatici della città.

Sollevandone i coperchi ne viene infatti fuori di tutto. Come il colossale scandalo di parassitismo pubblicoprivato, con connessioni alle reti nazionali di malaffare sui grandi appalti, dell’illecita speculazione edilizia ed immobiliare costiera privata da 1,5 miliardi di euro che occuperebbe distruggendolo il settore Nord del Porto Franco internazionale di Trieste: il Punto Franco superattrezzato di 70 ettari cosiddetto vecchio (perché costruito dall’Austria-Ungheria vent’anni prima dell’altro perciò detto nuovo).

Un’inchiesta iniziata nel 2010
Le nostre indagini, documentate e clamorose, su questo scandalo sono iniziate nel giugno 2010 sul nostro precedente settimanale d’inchiesta a stampa ‘Il Tuono’, con locandine in tutte le edicole e vendite sino a 2100 copie, mentre gli altri media tacevano od osannavano la speculazione illecita.
Ma in dicembre, concessa illegittimamente l’area all’apposita Portocittà s.r.l. dei potenti costruttori Maltauro, Rizzani de Eccher, quel nostro settimanale ? frequentato a nostra insaputa da un particolare ufficiale dei servizi ? è stato destabilizzato dall’interno, brutalmente sospeso e ridotto ad un foglio qualsiasi.
Noi siamo passati allora a continuare questa ed altre battaglie civili in rete, creando La Voce di Trieste che nel 2011 ha raggiunto i 14.000 lettori.

La denuncia penale e le reazioni
Il 10 gennaio 2012 è stato così possibile formalizzare l’inchiesta-denuncia penale complessiva: vasta, complessa, documentata e con livelli di esposizione personale altissimi, ma necessari per difendere Trieste, il suo lavoro e la legalità.
Alla sua pubblicazione sulla Voce in rete è seguita una nuova brutale manovra interna, a ricalco della prima, per bloccare il giornale causando rinvii di quest’edizione a stampa ed il blocco temporaneo del sito internet. Mentre il resto dei media locali e nazionali taceva sulla denuncia, tranne il coinvolto quotidiano Il Piccolo, che ha tentato di delegittimarla. Ma, come vedete, siamo qui egualmente e nonostante ogni difficoltà.

Ipotesi di reato e competenza di Roma
L’inchiesta-denuncia è formulata nelle ipotesi penali di truffa pluriaggravata allo Stato ed a terzi in violazione di accordi internazionali e della Legge n. 17/1982, ed indirizzata al Procuratore della Repubblica di Roma sia per competenza sulle violazioni di accordi internazionali dello Stato, sia perché la Procura di Trieste ha utilizzato ufficialmente, assieme al Tribunale, l’area di Porto Franco la cui occupazione illegittima le era stata già denunciata.

Truffa pluriaggravata e violazioni internazionali
La truffa pluriaggravata consiste nel tentativo, attraverso artifizi e raggiri amministrativi e mediatici, di occupare dannosamente il Porto Franco Nord, o Punto Franco vecchio, con la maggiore speculazione edilizia ed immobiliare costiera d’Italia (1,5 miliardi di euro) spacciandola per legittimo “recupero urbano” violando gli accordi internazionali che vincolano l’area all’uso produttivo di porto franco.
Gli artifizi e raggiri amministrativi consistono in atti illegittimi di più enti locali organizzati in modo da eludere di fatto tale status giuridico internazionale, che non è modificabile né con atti amministrativi, né con leggi nazionali.
Quelli mediatici consistono in dichiarazioni e campagne stampa ingannevoli organizzate per far credere che questo Punto Franco e la sua cinta doganale siano relitti storici ormai inutilizzabili, perciò da aprire e “restituire alla città”.
Il danno consiste nella sottrazione allo Stato italiano, ai legittimi utenti internazionali e nazionali ed alla comunità locale triestina del possesso indisponibile, dell’esercizio economico produttivo, del lavoro e dei redditi attuali e potenziali di quell’area di Porto Franco. Perché l’asserita inutilizzabilità portuale dell’area è smentita da tutte le evidenze tecniche.

Le prove tecniche che il Punto Franco Nord è riattivabile
Infatti tutte le pianificazioni portuali sino all’avvìo, nel 2000, della speculazione illecita includono la riattivazione strategica completa di questo Punto Franco (“penetrazione Nord”) con nuovi investimenti, attrezzature, collegamenti stradali e ferroviari ed apposita piattaforma logistica.
È inoltre documentato anche in sede giudiziaria che lo svuotamento e degrado dell’area sono stati voluti, escludendone gli operatori portuali e cessandovi le manutenzioni, per favorire l’operazione speculativa. Tant’e vero che le attività di porto franco del rimasto Adriaterminal prosperano nonostante gli abbiano persino tagliato il collegamento con la Stazione ferroviaria adiacente.
Nel 2008 operatori portuali triestini e monfalconesi hanno anche opposto all’urbanizzazione illecita il progetto di riattivazione integrale del Punto Franco con migliaia di nuovi posti di lavoro generico e specialistico. Mentre vi sono stati, ed esistono tuttora, progetti analoghi di investitori stranieri.

Lussi per pochi invece che lavoro per tutti
Ma tutti questi sviluppi legittimi e produttivi di lavoro per tutti risultano bloccati a favore della speculazione parassitica illecita per il lusso di pochi: i progetti speculativi sinora presentati prevedono infatti solo alberghi e piscine, stabilimenti balneari, ristoranti, birrerie, locande, enoteche, centro congressi, centri musicali ed artistici, attività didattiche e formative, musei, mostre, centro commerciale per lo shopping, residenze private, studi professionali e persino un campo da golf a nove buche.

Violazione della legge P2
Questo colossale tentativo di frode risulta inoltre compiuto col concorso organizzato di politici, funzionari ed amministratori pubblici, imprenditori privati ed operatori dell’informazione: esattamente il genere di consorterìa vietato dalla legge n 17 del 1982, varata dopo lo scandalo inesaurito della loggia pseudomassonica P2.
E qui ne sono emersi anche legami documentati, diretti ed indiretti, sia con cosiddetta P3, la ‘cricca’, dei grandi appalti nazionali, sia con la cosiddetta P4 dei poteri istituzionali deviati, riferite rispettivamente ad Angelo Balducci, Luigi Bisignani ed altri. Tutte già sotto indagini penali cui l’attuale denuncia perciò confluisce rendendosi difficilmente insabbiabile.

Connessioni con reti di malaffare nazionali
Negli appalti del 2010 per la ricostruzione dell’Aquila, cui si interessavano Angelo Balducci e suoi collegati, il co-appaltatore di Portocittà Maltauro risultava avere ottenuto il maggior numero di lotti in associazione con l’impresa Taddei. Che subappaltava lavori all’Impresa generale costruzioni srl di Gela, già segnalata dalla DIA come referente di mafia nella manipolazione degli appalti siciliani, che aveva già coinvolto un fiduciario della Rizzani de Eccher.
Nel maggio 2011 l’operazione “Portocittà” è stata appoggiata ufficialmente dall’allora Ministro degli esteri Franco Frattini, intimo di Luigi Bisignani e collegato a Maurizio Maresca, promotore dell’operazione illecita dal 2000 al 2003 quale allora presidente dell’Autorità Portuale di Trieste
Nel gennaio 2012 le dimissioni dell’avv. Carlo Malinconico da Segretario della Presidenza del Consiglio, per regalìe dalla ‘cricca’ di A. Balducci, ha fatto emergere che nel 2002 era stato chiamato a Trieste dallo stesso Maresca quale consulente e poi difensore (assieme all’avv. Fabio Balducci) dell’urbanizzazione illecita, ed inserito nel consiglio d’amministrazione della multiutility triestino-padovana AcegasAps assieme a Marco Rizzani de Eccher, co-appaltatore di Maltauro.
Ed assieme a Massimo Paniccia, imprenditore romano-udinese la cui discussa presidenza AcegasAps da mezzo miliardo di euro di debiti, che ha coperto gli anni d’intervallo tra i due mandati di Marina Monassi alla presidenza dell’Autorità Portuale assumendola come Direttore Generale, finisce così per rientrare anch’essa nell’inchiesta su “Portocittà”.
E lo stesso Paniccia presiede contemporaneamente sia la Banca Mediocredito regionale con gestione ora sanzionata dalla Banca d’Italia, sia la Fondazione CRTrieste, che ha assegnato lavori all’architetto fiorentino Marco Casamonti (dalle cui intercettazioni si scoprì la ‘cricca’ Balducci) ed acquistato una quota rilevante del Gruppo Espresso, proprietario del quotidiano locale Il Piccolo.
Che sotto la direzione del vicentino Paolo Possamai, cronista dell’industria veneta sulle pagine finanziarie di Repubblica, sostiene il Paniccia, risparmia inchieste critiche sull’AcegasAps (pubblicate invece dal Mattino di Padova, dello stesso gruppo Espresso) ed è divenuto il propagandista principale dell’urbanizzazione speculativa illecita del Porto Franco Nord affidata al vicentino Maltauro con lo stesso Rizzani de Eccher.

Lo spostamento da Trieste dell’asse europeo Baltico-Adriatico
È inoltre evidente che togliere ora al porto di Trieste i 70 ettari disponibili del Porto Franco Nord favorisce le manovre patrocinate da industriali veneti e friulani per spostare l’asse di traffico europeo Baltico-Adriatico dal suo sbocco naturale nei porti di Trieste e Koper-Capodistria (ed in parte di Rijeka-Fiume) a quelli di Porto Nogaro, Venezia e Ravenna.
Gli interessi ad eliminare questa parte strategica del Porto Franco internazionale di Trieste vanno perciò anche ben oltre la speculazione edilizia ed immobiliare illecita. Ma pare che nessuno dei politici locali se ne sia accorto.

Com’è stata organizzata la frode
La frode risulta organizzata in due fasi principali. La prima appartiene alla presidenza portuale Maresca ed ha portato nel 2003 a 15 appalti di concessione illegittima dell’area a soggetti eterogenei per le opere non-portuali sopra elencate, con espulsione dei concessionari portuali illegittimi. I cui ricorsi al TAR hanno ottenuto nel 2004 l’annullamento dell’operazione con tre sentenze definitive passate stranamente sotto silenzio.
La seconda fase si è sviluppata così dal 2004 ad oggi, con le presidenze portuali di Monassi e di Claudio Boniciolli, trasformando l’operazione in un appalto di concessione permanente (70 anni) ad un unico soggetto autorizzato ad amministrare lui subconcessioni, subappalti, forniture edili e quant’altro: la “Portocittà srl” di Maltauro e Rizzani de Eccher.
Già introdotti negli appalti portuali da Maresca per il restauro inspiegato del Magazzino 26, pagato con fondi pubblici destinati ad opere portuali e poi utilizzato solo da loro per lo “sfondamento culturale” illecito della barriera doganale col noto Vittorio Sgarbi, e col favore del Prefetto e Commissario del Governo Alessandro Giacchetti.

Il ruolo del Prefetto e Commissario del Governo
L’atto di concessione illecita alla “Portocittà s.r.l.” omette qualsiasi menzione dello status giuridico ostativo di Porto franco dell’area, e risulta stipulato prima e senza che il Prefetto Giacchetti fornisse in termini le informazioni antimafia dovute per legge. Che avrebbero dovuto registrare coinvolgimenti di Maltauro e Rizzani de Eccher in indagini antimafia ed in vicende di tangenti (Maltauro anche per precedenti “recuperi urbani” a Trieste) reperibili a chiunque su internet.
Lo stesso Prefetto Giacchetti, in veste Commissario del Governo nella Regione, ha poi autorizzato la stessa “Portocittà” ad aprire la barriera doganale nel 2011 e tenerla ora aperta per il 2012, con due decreti appositi che sospendono il regime di Punto Franco. Anch’essi illegittimi perché emessi senza averne i poteri, simulandoli, sulla traccia del suo predecessore Giovanni Balsamo, con richiamo ingannevole a quelli differenti del cessato (nel 1963) Commissario del Governo per il Territorio Libero di Trieste.
Il decreto attuale ha addirittura motivazione indefinita: il riferimento generico all’esistenza di Portocittà con “nota” del Comune (sindaco Roberto Cosolini) che le confermerebbe la mera “intenzione” di promuovere “eventi culturali di rilievo” ancora “in via di definizione”.
Ed ora “Portocittà” tenta di utilizzare la concessione ed il decreto illegittimi, d’intesa con l’Autorità Portuale che deve saperli tali, per consolidare il fatto compiuto cacciando dall’area operatori legittimi come il gruppo Crismani, ed avviando le ruspe già a maggio, se verrà anche esonerata dalle Valutazioni d’impatto ambientale.

Tutti i corresponsabili
L’accertamento di responsabilità penali, che sono personali ed esigono il dolo o la colpa grave, compete alla Magistratura.
I fatti però rimangono, e coinvolgono direttamente i nomi dei Presidenti dell’Autorità Portuale Maresca, Monassi e Boniciolli, del Sindaco Roberto Dipiazza, dei Prefetti e Commissari del Governo Giacchetti e Balsamo e dell’ex-ministro Frattini. Assieme a quasi tutta la classe dirigente politica, amministrativa, economica e mediatica locale e regionale degli ultimi 12 anni, oltre che agli ambienti nazionali anomali già detti.
E per quello che diventerebbe il colpo più duro e definitivo inferto al porto ed al lavoro di Trieste dopo la prima guerra mondiale, perché neanche il fascismo aveva toccato il Porto Franco.
A buona misura di quanto Trieste sia divenuta ormai preda inerme di ogni possibille saccheggio e malaffare sotto impressionanti coperture politiche, istituzionali e della stampa controllata.

Come fermarli
La nostra denuncia penale proseguirà ora il suo corso giudiziario, e dovrebbe poter salvare il Porto Franco Nord anche se la frode proseguisse. Mentre la Voce intende continuare le inchieste e battaglie d’informazione.
Ma per bloccare definitivamente a Trieste queste scandalose predazioni coperte occorre una mobilitazione forte e indipendente della società civile. Attivando l’indignazione dei cittadini per non dare più tregua a chiunque, sotto qualsiasi colore politico, ruolo e pretesto riduce la città in queste condizioni.

 

Paolo G. Parovel

© 18 Febbraio 2012

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