Le sceneggiate della lotta all’evasione fiscale
Commento politico e tecnico
Il governo Monti parla di lotta all’evasione fiscale ma sembra che, in sostanza, non voglia distaccarsi dai soliti copioni che, fino alla nausea ormai, ci sono stati propinati in precedenza dai governi sia di (cosiddetta) destra che di (cosiddetta) sinistra.
Segno più evidente ne sia il fatto che anche Monti, così come Berlusconi, esclude in modo assoluto, per ora, di concludere con la Svizzera quell’accordo contro la fuga di capitali che i governi tedesco ed inglese, che non brillano certo per spirito rivoluzionario, hanno già concluso.
Riteniamo di doverlo dire al di fuori delle righe, e con estrema chiarezza: si teme che, se venissero resi noti i nomi degli esportatori di capitali in Svizzera, quei nomi stessi sarebbero tali da avere sull’opinione pubblica un effetto troppo dirompente. D’accordo, signori, ma perché allora voler fingere di lottare sul serio contro l’evasione fiscale?
E veniamo alle sceneggiate attuali (Cortina, Portofino e così via). In primo luogo trattasi di azione progettata e gestita dall’Agenzia delle entrate e non dalla Guardia di finanza, che ormai si avvia ad avere un ruolo, è più che evidente, del tutto secondario in questo campo. La Guardia di finanza fornisce la manodopera, d’accordo, il che è importante, ma le leve decisionali sono ormai passate, come è più che giusto e come avviene in tutti i paesi del mondo, all’autorità fiscale civile.
La militarità non può avere, col fisco, altra funzione se non quella di semplice guardiana. Orbene, cos’ha fatto l’Agenzia delle Entrate? Ha mandato, davanti agli alberghi di lusso e nei porticcioli degli yacht, a controllare le targhe delle autovetture e le sigle dei natanti. Lo stesso è successo davanti ai negozi per i vip.
Ma, visto che esiste già uno schedario elettronico di tutte le autovetture italiane, il collegare tale schedario all’anagrafe tributaria dovrebbe risolvere in modo radicale il problema, senza sprecare i soldi per le trasferte di funzionari e pattuglie, dato che, tra l’altro, le missioni costano. Lo stesso dicasi per gli yacht, gli aerei, i soggiorni in albergo, i cui dati sono già, elettronicamente, in possesso delle questure per motivi di pubblica sicurezza.
Insomma, quello che vorremmo spiegare agli italiani, affinché non si lascino ingannare dalle sceneggiate di Monti così come di tutti gli altri, è questo: oggi, lo sviluppo dell’informatica consente di lottare, sul serio, contro l’evasione fiscale, a costo zero o quasi, soltanto agendo sui programmi e sull’incrocio dei dati già disponibili nei vari archivi, che vanno coordinati.
Se non si seguirà questa strada, si sprecheranno solo soldi e si perderà tempo, senza raggiungere l’obiettivo. Ovviamente, agendo come così sopra detto, forse sarebbero superflui i ben 85 generali della Guardia di Finanza (a proposito, quanto costano e quanto rendono all’erario?) ed anche la mastodontica ed poco efficace (è un dato storico inequivocabile) struttura che va sotto il nome di Guardia di Finanza.
Si vuol fare sul serio? Allora si lavori sull’informatica, a condizione che ci sia davvero la volontà politica. Non crediamo che Monti, espressione del grande capitale bancario e dell’ideologia liberista, sia però il personaggio più idoneo ad agire veramente in tale ambito.
Vincenzo Cerceo, Trieste
(Colonnello della Guardia di Finanza in congedo)
© 18 Gennaio 2012