La Voce di Trieste

La ricetta per ripopolare l’Italia? Togliere i libri alle donne

La farneticante proposta apparsa su un quotidiano nazionale

 

Il 30 novembre è apparso sul quotidiano Libero un articolo firmato da Camillo Langone dal titolo Togliete i libri alle donne: torneranno a far figli. Un articolo assurdo, privo di spessore ed esplicitamente offensivo nei confronti delle donne e dell’universale diritto alla scolarizzazione. Langone si interroga, con appassionato ma irrispettoso zelo, su quale sia il “fattore fertilizzante” che possa contrastare efficacemente il calo del tasso di natalità del nostro paese, terrorizzato dal fatto che l’Italia si stia spopolando e a ripopolarlo ci pensino solo gli stranieri; nella sua quaestio, cita degli studi recenti che denunciano lo stretto legame tra scolarizzazione femminile e declino demografico. Il problema sembra essere tanto semplice quanto insensato: l’istruzione femminile si traduce in un minore tasso di natalità. Langone, dunque, conclude la sua “acuta” disamina individuando nella bassa scolarizzazione il vero “fattore fertilizzante” e proponendo la sua delirante soluzione al problema: togliere i libri alle donne, chiudere loro le porte delle facoltà per aprire più reparti maternità.

L’abilità logica di Langone è degna dell’illustre scuola aristotelica: il sillogismo “le donne istruite non si riproducono – priviamo le donne del diritto alla scolarizzazione – le donne metteranno al mondo più figli” è un procedimento deduttivo brillante e ineffabile. Eppure, persino l’Aristotele del IV secolo a.C. sarebbe sufficientemente lucido da constatare che, posto che esista un “fattore fertilizzante” – perché noi donne, certo, non siamo che un terreno da arare, fertilizzare e seminare – esso di certo non consiste nella privazione del diritto allo studio, libertà inattaccabile di ogni individuo. Certo, il calo demografico che ha avuto luogo in Italia è un dato di fatto di cui prendere atto, ma è cosa vaneggiante e oltraggioso attribuire tale calo alla smania di donne egoiste e ambiziose che hanno vuotato i reparti maternità per riempire i propri cervelli. Langone invita tutte noi ad abbandonare i libri e qualsiasi velleità culturale per abbracciare il modello di angelo del focolare, dedito esclusivamente alla preservazione della famiglia tradizionale italiana. Slancio patriottico? Per carità, si tratta solo dell’offensivo delirio di un individuo che, nel XXI secolo, ritiene ancora che i ruoli di donna scolarizzata e intraprendente e di madre devota si escludano vicendevolmente. La sua “ricetta” ci invita a compiere una scelta tra due vie apparentemente incompatibili, privandoci della libertà di poter essere, al contempo, donne istruite e realizzate e madri affettuose e presenti. E se davvero è capitato che qualche donna sia stata costretta, nel corso della sua vita, a compiere suo malgrado qualche dolorosa scelta, ciò non sarà forse da attribuire a un sistema che annaspa nel mettere a disposizione delle donne gli strumenti adatti a permettere la serena conciliazione dei ruoli?

Se fosse messa in atto una più efficace e sensibile politica di welfare, attenta e positivamente interventista nel sostenere le donne – e le famiglie – nella gestione dei tempi di cura e tempi di lavoro, e nel fornire supporti sociali d’appoggio pratico ed emotivo, la conciliazione dei ruoli sarebbe non solo estremamente semplice, ma anche perfettamente naturale. Le donne vivrebbero in modo più armonioso tanto la maternità quanto la vita professionale, la depressione postpartum sarebbe un fenomeno meno diffuso perché la solitudine e il senso dell’abbandono sarebbero meno palpabili e, infine, si sentirebbero più serene, forse un po’ più stanche, ma di certo più realizzate.

L’offensiva e rozza disamina di Langone di certo non avrà il potere di stimolare né tantomeno di sfiorare le coscienze, ciò non toglie che il suo intervento debba essere duramente e coralmente condannato. Quale sia la scintilla che l’abbia spinto a scrivere tale testo è inconcepibile. Ed è difficile persino pensare che sul suo comodino vi sia Frauen, die lesen, sind gefährlich (Le donne che leggono sono pericolose) di Stefan Bollmann. Come afferma la giovane Scout Finch ne Il Buio oltre la Siepe “Fino al giorno in cui mi minacciarono di non lasciarmi più leggere, non seppi di amare la lettura: si ama, forse, il proprio respiro?”. E chi propone di eliminare la lettura, o la teme perché ne conosce lo straordinario potere, o non la conosce affatto. A voi la scelta.

Sara Taucer – Gruppo Giovani del Forum delle Donne di Trieste

 

Nelle immagini (dall’alto in basso):

Aleksandr Aleksandrovic Dejneka, Giovane donna con libro

Jean-Honoré Fragonard, Ragazza che legge

© 16 Dicembre 2011

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