La Voce di Trieste

Italiano, le difficoltà di professori e studenti

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Scrivere due temi alla settimana e leggere un libro al mese

Che difficile fare il prof. A volte verrebbe voglia di entrare in classe e di sedersi al posto di uno studente per far vivere a quest’ultimo l’ebbrezza dello stare in cattedra. E sicuramente un’esperienza da provare per sperimentare ruoli diversi, perché anche solo variando il proprio punto di osservazione, nella classe, si possono scoprire cose nuove.

Insegnare italiano al giorno d’oggi può essere faticoso, in una quinta superiore comincia a diventare impegnativo, in due quinte è un’impresa titanica. Se poi le due quinte negli anni passati hanno avuto altri insegnanti, che per forza di cose utilizzavano metodologie e sistemi valutativi diversi, allora la cosa si fa decisamente complicata. Non è che questa sia la regola, ma può succedere, visto il valzer annuale degli insegnanti sulle varie cattedre.

Se non è facile per un insegnante, non lo è nemmeno per lo studente che deve, ad ogni cambio, risintonizzarsi con il professore di turno, che può essere più o meno esigente. È evidente a tutti che l’italiano non è una scienza esatta e che forse la valutazione può variare da insegnante a insegnante, questo però non significa che ci sia l’anarchia totale, perché da alcune regole non si può prescindere: ortografia, lessico e sintassi, se proprio non vogliamo toccare il tasto dolente di coesione e coerenza testuale. Come fare per raggiungere un livello di sufficienza? Scrivendo, scrivendo, scrivendo. Non si può sperare di migliorare la propria scrittura limitandosi a due striminziti compiti al quadrimestre soprattutto se poi, al termine dell’anno, si deve affrontare l’esame di stato.

I risultati dei test di ammissione all’università hanno evidenziato l’incapacità degli studenti di scrivere in modo corretto: fioccano gli errori ortografici, gli strafalcioni linguistici e l’inconsistenza concettuale. La cura? Scrivere mimino due temi alla settimana e leggere un libro al mese. Il tutto condito da un grasso e pingue arricchimento di vocaboli. Termini come: emeroteca, bailamme, panacea, emolumento, eloquio, o aggettivi del tipo: intonso, recondito, ineffabile, uggioso, non fanno più parte del patrimonio linguistico dell’italiano, men che meno di quello dello studente.

Il quotidiano Repubblica nel suo sito di www.repubblica.it, nella sezione repubblica@scuola da anni ormai propone una formula vincente che consente alle scuole, che aderiscono al progetto, di scrivere e di veder pubblicati gli articoli degli studenti. Quello che scrivono qui i ragazzi è decisamente interessante, anche perché in queste pagine esprimono dubbi, pensieri, emozioni, riflessioni che sfatano un po’ l’immagine del giovane disinteressato alla politica e alla vita civile ma soprattutto illetterato. È vero che spesso gli insegnanti devono un po’ forzare la mano, perché è insito nell’essere umano fare meno fatica possibile, e questa prerogativa è appannaggio anche dello studente. Ma dopo aver superato le iniziali ritrosie l’alunno inizia a scrivere e quello che ne esce è sicuramente di buon livello. Quest’anno tra le scuole triestine solo l’ISIS Carducci-Dante si è iscritto alla competizione: la speranza è quella di riuscire a bissare l’eccellente risultato ottenuto tre anni fa, grazie alla graffiante ed acuta penna di Zeno Saracino, che si è aggiudicato il primo premio, con tanto di stretta di mano finale del direttore di Repubblica Ezio De Mauro.

 

© 15 Dicembre 2011

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