La Voce di Trieste

I “Promessi Sposi”, Lucia e l’importanza di non arrendersi

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Quando il passato non è poi così diverso dal presente

Eccomi qui, di nuovo in viaggio per Treviso. Quel poco di sole che aveva fatto capolino questa mattina ora non c’è più e la giornata si è tinta di colori autunnali. Atmosfera soffusa nello scompartimento: c’è chi fa parole crociate, chi sonnecchia, chi guarda fuori dal finestrino. Il piacevole tepore che permea la carrozza invoglia a tuffarsi nelle braccia di Morfeo. C’è anche, seduto vicino a me, l’immancabile lettore. Dalla mia postazione, pur non riuscendo a vedere bene il mare ne percepisco la maestosità e la limpidezza.

Nei giorni scorsi, in classe ho tenuto una lezione sui Promessi Sposi e mi sono soffermata, in particolare sul personaggio di Lucia. Lo ammetto, sono una sua fan, nel senso che non l’ho mai considerata un personaggio perfetto, anzi l’ho sempre vista come un ideale a cui tendere: una donna che la vita non ha spezzato. Molti hanno voluto vedere in Lucia la perfezione, invece Lucia è tutto fuorché perfetta, ma è sicuramente un personaggio scomodo, dal cui confronto si rischia di uscire perdenti. Ma Lucia non ci chiede di fare ciò, Lucia si mette a nudo e sembra quasi volerci dire: “Guarda cos’è successo a me, eppure cammino ancora a testa alta, tu puoi fare lo stesso, basta che tu creda in te, nelle tue capacità, nelle tue risorse e che credi che quello che ti potrà capitare di male nella vita, o che magari ti è già capitato, non è per le tua rovina, ma per la tua salvezza”. Lucia ha la fede, ma questo non significa che lei si lascia vivere, anzi lei lotta con tutta se stessa per ottenere dalla vita ciò che vuole. Sembrano discorsi d’altri tempi, un po’ passati di moda. Che senso ha infatti parlare di fede, di valori in una società che premia il più furbo, il più corrotto, il più menefreghista? A Lucia tutto ciò non interessa, lei è lì per dare la sua testimonianza di donna dalle semplici origini, ma con principi e ideali ben saldi, che nessun Don Rodrigo o chi per lui, potranno mai incrinare.

E mentre la mia menta vaga, il treno è arrivato alla stazione di Monfalcone. Spesso come insegnante, mi chiedo che senso abbia proporre a ragazzi del XXI secolo romanzi così datati come i Promessi Sposi, e in generale, che senso abbia insegnare la storia della letteratura italiana. Negli altri paesi europei lo studio della letteratura e della storia in generale, non è fatto in modo diacronico, ma si prendono in esame particolari periodi, sui quali il docente svolge un corso monografico. A che cosa serve quindi la letteratura del passato? Sicuramente a capire le nostre radici, a capire da dove arriviamo, ma serve soprattutto per confrontarci e per vedere, in fondo, che i problemi, le situazioni del passato, non sono poi così diverse da quelle dei nostri giorni. Lucia per esempio è stata rapita. Quante donne, ancora ai giorni nostri, subiscono un simile trattamento per essere poi costrette alla prostituzione? Un gran numero di libri tratta questo problema, quello cioè della tratta delle bianche. E i bravi che cosa sono se non dei mafiosi, che se ne facevano un baffo delle leggi dello stato e di qualsiasi altra forma di potere costituito? E vogliamo anche solo accennare alle vocazioni sbagliate? Se un docente durante le sue lezioni riesce a far prendere vita ai testi e agli autori, tutto diventa più semplice, perché, in fondo, saranno sì importanti le nozioni che vengono trasmesse dall’insegnante allo studente, ma forse ciò che più importa è il fuoco che ogni insegnante dovrebbe far scoppiare nell’animo del suo allievo, un fuoco che lo porterà ad entusiasmarsi, ad aver voglia di cercare, studiare, approfondire. Senza questo fuoco sacro non c’è partecipazione, ricerca, ma solo sterile apprendimento di nozioni che portano con sé solo noia e tanta tristezza.

Ora siamo a Cervignano. Spesso mi capita, quando sono a lezione, di vedere che gli studenti pendono dalle mie labbra, non perché sia particolarmente brava, ma solo perché, in quel momento, sono riuscita a catturare la loro attenzione, il che non è sempre facile né scontato. Tutto questo processo mi riesce particolarmente bene quando aggancio il passato con il presente, quando riesco a far capire agli studenti che il passato, raccontato dagli scrittori, non è lettera morta, ma può rivivere per loro. E ogni volta la magia si compie. “Vi è mai capitato di trovarvi in una situazione di pericolo? Una situazione in cui non avevate via d’uscita? Come vi siete comportati? Su quali forze avete contato? Avete chiesto aiuto a qualcuno? E al termine della prova come vi siete sentiti? Svuotati? Prostrati? In cerca di nuove sfide?” E attraverso il confronto arriva la crescita.

Siamo in arrivo a San Giorgio di Nogaro: belle le casette vicine alla stazione, tutte con l’erbetta verde e rigorosamente tagliata. Sale pochissima gente. Il sole per fortuna è ritornato a splendere, anche se le nuvole lo tallonano da vicino. Mi verrebbe voglia di appisolarmi, ma tra due fermate devo scendere e non vorrei arrivare per sbaglio fino a Venezia. C’è la strada che corre parallela alla ferrovia. Vedo un cimitero, le casette delle api, un pollaio pieno di galline, distese di viti ormai prive di grappoli, parchi giochi per bambini, terreni arati, anche una barca in mezzo ad un campo e poi ancora case, giardini, orti, fabbriche, macchine e di nuovo la strada che corre parallela alla ferrovia. Latisana, stazione di Latisana.

La vocina ha appena segnalato ai signori viaggiatori che diverse porte non funzionano e quindi occorre tenersi pronti al limitare per non rischiare di rimanere intrappolati nel treno. E la vocina dice sempre cose vere. Per fortuna che questa volta non ha parlato di ritardi, è stata benevola.

E il mio pensiero ritorna a Lucia, a tutte le Lucie della mia vita che il male non ha spezzato, a tutte quelle donne forti che sono sopravvissute a lutti, abbandoni, licenziamenti e tradimenti. A tutte quelle donne che nell’ombra hanno fatto grandi cose, che non hanno avuto bisogno di striscioni o di proclami, ma che nella quotidianità e con tanta umiltà si sono fatte carico anche di pesi che magari non spettavano loro, ma lo hanno fatto con amore, senza pretendere nulla in cambio. A queste Lucie dico grazie, grazie d’esistere, grazie di esserci qui ed ora.

 

© 17 Ottobre 2011

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