Trieste: il nuovo ponte sul canale tra polemiche e semplice buonsenso
di PGParovel
Osservatorio – ambiente urbano
C’è qualcosa nel clima politico e culturale così a lungo degradato di Trieste che trasforma troppo spesso questioni di semplice buonsenso in forzature illegittime ed in polemiche assurde. È quello che sta accadendo anche per il progetto di un ponte-passerella pedonale sul Canale Grande teresiano, tra le vie Cassa di Risparmio e Trento. Che pone contemporaneamente due ordini di problemi irrisolti: giuridico-amministrativo e pratico.
Il primo sta nel fatto che la cessata e discussa amministrazione comunale del sindaco Dipiazza non solo ha voluto il ponte, ma col supporto di funzionari ed avvocatura comunali ne ha forzato ed assegnato l’appalto da ben 750mila euro (in tempo di crisi, quando è invece necessario investire di più nell’assistenza sociale e per il lavoro) senza nemmeno un parere valido e definitivo della Soprintendenza. L’impresa vincitrice dell’appalto ed ora anche di un ricorso amministrativo di concorrenti chiede dunque di poter avviare il cantiere. Altrimenti si rischia una causa più che costosa.
Il problema pratico irrisolto è invece l’opportunità e natura dell’opera, su cui è riesplosa la polemica tra favorevoli, contrari e possibilisti. Ma hanno tutti una parte di ragione, perché ? costo a parte ? è vero sia che la passerella pedonale sarebbe comoda, sia che questa comodità minore non giustifica lo sconcio della prospettiva architettonica del Canale.
La soluzione vera di ambedue i problemi sta dunque nella qualità concreta del progetto del ponte: se se ne avremo uno architettonicamente valido, e regolarmente convalidato tale dalla Soprintendenza, si potrà fare. In caso contrario no, e si dovranno far pagare i danni dell’appalto azzardato al Dipiazza e corresponsabili.
Progetto valido significa però che il ponte-passerella dovrebbe essere abbastanza elegante, gradevole e trasparente alla vista da armonizzare con le architetture esistenti e non spezzare la prospettiva del Canale dalle Rive. Mentre l’amministrazione Dipiazza ha collegato all’appalto progetti stonatissimi nelle linee e nei materiali, con trasparenze pacchiane in vetro.
Si può invece pensare ad una struttura stretta e leggera in ferro a reticolo largo, di citazione ottocentesca anche a memoria dei ponti mobili originari per i velieri, e con linea di campata che richiami quella di sfondo del Ponte rosso. Ma anche ad uno stretto ponte di barche in armonia con quelle di presenza tradizionale, che è inoltre ora di reintrodurre per ridar vita al Canale.
Svuotato ed intristito invece anch’esso dalle lugubri sterilizzazioni disumanizzanti imposte al centro storico dal cattivo gusto pretenzioso ed incolto delle amministrazioni Illy e Dipiazza: tra piazze barbaramente sconciate e desertificate, ripavimentazioni ed illuminazioni fasulle, palazzi sette-ottocenteschi ridotti con con portoni e pianiterra commerciali modernizzati e finestre a specchio senza più imposte (scuri) né sporti (sburti) tradizionali, mercatini costretti ad usare gazebi kitsch tutti uguali di un noleggiatore unico, e tentativi di uniformare persino gli arredi esterni dei locali pubblici.
Così si potrà anche valutare finalmente la possibilità di riavviare sul serio con incentivi la tradizione pittoresca di mercato del Ponterosso, per merci varie, senza discriminazioni etniche (è successo pure questo) e con bancarelle vere, incluse quelle estive delle angurie ed altro lungo il Canale. Non perché si possano resuscitare vecchie cose morte, ma perché si devono restituire spazi liberi ed atmosfere aperte alle vitalità nuove di vario mestiere.
Paolo G.Parovel
© 5 Settembre 2011