La Voce di Trieste

Lo scandalo delle pseudo-cooperative di sfruttamento illecito dei lavoratori

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Problemi sociali

Nei giorni scorsi a Trieste i lavoratori lasciati senza le già misere paghe dalla cooperativa che ha in appalto le pulizie dei treni hanno bloccato per alcune ore la Stazione centrale, causando la soppressione di 21 convogli. Un disagio notevole ma temporaneo per i viaggiatori, mentre è stabilmente gravissima la situazione locale e nazionale di queste categorie di lavoratori e delle loro famiglie, anche perché passa sotto troppi silenzi politici e di stampa.

É infatti da anni che le vantate privatizzazioni ed esternalizzazioni di servizi pubblici avviate per risparmi di bilancio settoriali hanno incrementato in realtà la miseria sociale complessiva sopprimendo posti di lavoro regolari per sostituirli con forme di sfruttamento illecite, oltre che immorali, create e coperte in abuso palese del sistema cooperativistico.

Nell’ordinamento italiano la società cooperativa è quella costituita a scopo mutualistico, cioè per gestire in comune un’impresa che ha come scopo principale fornire ai propri soci beni, servizi od occasioni di lavoro a condizioni per essi più vantaggiose rispetto a quelle di mercato, cioè con risparmio di spesa o maggiore remunerazione.

L’apposito art. 45 della Costituzione italiana riconosce perciò la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata, stabilendo che la legge debba favorirla, promuoverla e controllarne la regolarità. E questo avviene con una vasta normativa specifica che garantisce alle cooperative in particolare agevolazioni fiscali e contrattuali. Si hanno così vari tipi di cooperative: dall’edilizia al credito, al consumo, all’assistenza sociale, al lavoro.

Il problema sorge con le cooperative di lavoro, che in buona parte finiscono per mascherare attività d’impresa speculative, fondate sulla partecipazione a gare d’appalto al maggiore ribasso e sull’assunzione conseguente di dipendenti come soci e con retribuzioni inferiori a quelle contrattuali ordinarie ‘di mercato’, e per lo più al di sotto della soglia di povertà. Vere e proprie macchine, insomma, di sfruttamento padronale illecito ed estremo del bisogno crescente di lavoro e della sua precarizzazione, che si autoalimentano a circolo chiuso creando miseria ulteriore.

Ma se è ovvio che gli sfruttatori si comportino come tali, e che gli sfruttati non siano in condizioni di reagire, è scandaloso ed inammissibile che di quest’abuso sistematico ed ipocrita si rendano complici attivi o passivi coloro che hanno invece il dovere morale ed istituzionale di contrastarlo. Per primi dunque gli enti pubblici appaltanti ed i politici che li amministrano, troppo spesso interessati a favorire e coltivare le pseudo-cooperative più vicine o riconoscenti ai propri partiti.

Se infatti gli amministratori di enti pubblici, che come tali sono anche pubblici ufficiali, si trovano costretti dalle privatizzazioni a ricorrere all’esternalizzazione di servizi, questo non li esime dal dovere morale e giuridico di verificare con cura e continuità la vera natura delle cooperative ingaggiate ed il fatto che rispettino o meno in concreto norme e diritti fondamentali del lavoro.

Il caso dei lavoratori della stazione di Trieste è emerso solo perché il loro livello di disperazione li ha costretti addirittura a bloccare i treni, ma le persone e famiglie in sofferenza per gli stessi motivi sono innumerevoli in tutt’Italia ed a Trieste stessa anche se i media pseudo-indipendenti evitano di scriverne.

Noi intendiamo invece approfondire la questione come e quanto occorre, ed invitiamo perciò i lettori a segnalarcene tempestivamente, anche in forma anonima, casi e problemi documentabili.

 

Paolo G. Parovel

 

© 21 Agosto 2011

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