La Voce di Trieste

Armageddon

Commento di Norberto Fragiacomo

Era inevitabile che, prima o dopo, il copione greco venisse tradotto in italiano; che gli eventi verificatisi a partire dal febbraio-marzo 2010 nella penisola ellenica si riproducessero tali e quali nel nostro scalcinato Paese.

Sta arrivando un autunno più freddo e scuro dell’inverno, che porterà con sé regresso, devastazione e miseria. Come era agevole ipotizzare, l’iniqua manovra di giugno si è rivelata un pannicello caldo: ben altri sacrifici sono alle porte – sacrifici che graveranno per intero sulle classi disagiate, e su quel che resta dei ceti medi. L’Italia, oramai sotto tutela, dovrà acconsentire ad una definitiva perdita di sovranità: le misure da prendere saranno decise altrove. In realtà, sono già state decise, e scritte nero su bianco nella famosa lettera al Governo del Presidente della BCE Trichet: si chiamano privatizzazioni/svendite, libertà di licenziamento, affossamento del welfare – il “pacchetto greco”, appunto.

A chi spetterà mettere in atto il piano? Berlusconi si incatenerebbe al portone di Palazzo Chigi piuttosto che lasciare il potere (ed affrontare i processi), ma l’Europa, i mercati e – purtroppo – l’opposizione parlamentare vedono di buon occhio un commissariamento del governo. Due sono i candidati “giusti”: Mario Draghi, proposto a gran voce dall’economista Zingales su L’Espresso dell’11 agosto, e Mario Monti che, memore del detto “chi fa da sé fa per tre”, lancia un’effervescente autocandidatura sul Corriere della Sera (7 agosto). In un articolo intitolato, significativamente, “Il podestà forestiero”, SuperMario 2 riafferma la sua fede nel mercato: “«Europeista» è un aggettivo usato sempre meno. «Mercatista», brillante neologismo, ha una connotazione spregiativa. Eppure dobbiamo ai mercati, con tutti i loro eccessi distorsivi, e soprattutto all’Europa, con tutte le sue debolezze, se il governo ha finalmente aperto gli occhi e deciso almeno alcune delle misure necessarie.

Grazie, signori speculatori… grazie, tecnocrati europei, che senza giri di parole ci additate la via: quella della “frugalità” (per lavoratori, pensionati ecc.), tanto cara agli imprenditori inglesi di inizio Ottocento – quelli, per capirci, che dopo aver spremuto i propri operai come limoni, traevano profitto anche dal loro riposo, in baracche fatiscenti affittate a caro prezzo. D’altronde, secondo l’impagabile Ostellino (8 agosto), se siamo arrivati a questo punto la colpa è… del socialismo!

Il servilismo di certi maitre à penser raggiunge oggidì vette sublimi di comicità involontaria, ma ridere è un lusso che non possiamo più permetterci: se non altro, perché le misure capestro non ci risolleveranno dalla crisi. Ad onor del vero, il loro scopo non è quello di rilanciare l’economia, che affonderà insieme col PIL: chi non ha più certezze né speranze, smette, logicamente, di spendere.

Altro che rafforzare la domanda! l’obiettivo della supercricca transnazionale è infinitamente più ambizioso: farla finita con lo Stato sociale e l’intervento pubblico nell’economia, aprendo, al contempo, nuovi mercati (sanità, istruzione, acqua ecc.) cui il cittadino-suddito sarà tenuto, volente o nolente, ad accedere… dopo essersi indebitato, dopo aver venduto per un tozzo di pane l’appartamento acquistato dai nonni o dai genitori. Dopo aver visto stracciare lo Statuto dei Lavoratori, sostituito – con l’acquiescenza di chi avrebbe dovuto difenderlo – dall’oltraggioso statuto dei lavori (leggi: dei Padroni). Il paracadute d’emergenza del PIL saranno le “cure” – da pagare cash in strutture private – imposte ai malati terminali…

Contro l’armata corazzata liberista – che, dopo le efficaci incursioni dei suoi arditi (gli speculatori) passa come un rullo sulle trincee deserte – ogni resistenza appare vana. I “progressisti” hanno da tempo rinunciato a combattere; chi non si piega fa quasi tenerezza, ricorda quei soldatini di piombo che, in un cartone animato della mia infanzia, sparavano tappi di sughero contro un torreggiante demonio.

Intanto, in un Paese molto a più nord, le città ardono, i negozi subiscono saccheggi. Non è la Rivoluzione: sono disperate rivolte, che d’ora in avanti si ripeteranno con frequenza, rendendo ancor più grama, incerta e crudele l’esistenza dei cittadini comuni. Protetti dalle loro coorti pretoriane di vigilantes, i signori s’isoleranno sempre di più dal resto della popolazione, e – riposto nell’armadio il costume democratico – il capitalismo darà finalmente vita al totalitarismo perfetto.

Forse la profezia dei Maya è stata correttamente interpretata; forse, a dicembre 2012, il mondo in cui siamo nati e cresciuti non esisterà più. Probabilmente – ci ripetiamo – resistere è inutile; non farlo, d’altronde, equivarrebbe a tradire noi stessi, la nostra dignità calpestata, i nostri sogni. Lavoratori di tutto il continente, unitevi! Ne va, semplicemente, delle nostre vite…

 

Norberto Fragiacomo

© 10 Agosto 2011

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