La Voce di Trieste

I frutti maledetti del nostro Io

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Nella vita di tutti i giorni ricerchiamo – o ci imbattiamo – in varie teorie esplicative se non addirittura escatologiche. Da quelle della psicologia più tradizionale a tutte le teorie spiritual-intellettuali relative e alternative.

Per la psicosomatica, ad esempio, una banale bronchite è il frutto del non-elaborato nell’area affettiva. Un problema alle articolazioni diventa un non-elaborato del proprio “cammino” e della direzione che si sceglie di intraprendere. Un tumore è un non-elaborato di qualcosa di più profondo.

Insomma, sempre un non-elaborato che noi stessi non siamo stati in grado di mettere in atto. Una ripetizione di situazioni relazionali problematiche è il prodotto della nostra ripetitività di schemi, fatta di proiezioni ed ombre. Una delusione, in realtà, non è che il prodotto generato da una nostra illusione.

Allontanandoci dalle religioni ed avvicinandoci a qualcosa di diverso, apriamo un libro qualsiasi e scopriamo che la concatenazione di vissuti di episodi spiacevoli e dolorosi non è definita banalmente “sfortuna”, bensì siamo di nuovo Noi che col nostro modo di comportarci e di pensare ci siamo messi volontariamente in situazioni dove le persone hanno solo reagito al nostro bisogno di sentirci vittime designate di un mondo crudele che (sempre per un bisogno nostro) ci faceva sentire arrabbiati ed incompresi.

L’umiliazione, che per definizione è un fattore che scatena la violenza, in realtà non è cosa che si subisce. Bensì siamo noi che non abbiamo imparato ad abitarla senza dispiacere perché dobbiamo imparare a non seguire l’impulso di non sfuggire allo spiacevole.

Insomma, di nuovo un prodotto del nostro Io. Ma, parallelamente, le stesse teorie parlano di superamento dell’ego: l’allontanarsi da questo ciclone di egocentrismo ci fa sentire onnipotenti!

Un quesito provocatorio ma sarcastico: non siamo onnipotenti, ma se ci viene un tumore o una bronchite o veniamo derubati, è perché noi stessi l’abbiamo inconsciamente scelto?

Poi, andando ancora oltre, spesso ci scontriamo con la costante presenza di citazioni, splendide, rasserenanti e di grande valore tipo: “Noi viviamo nell’illusione, nell’apparenza delle cose, ma c’è una realtà, e noi siamo quella realtà. Quando tu capisci questo, tu vedi che sei nulla, ed essendo nulla sei tutto” (Kalu Rinpoche). A cosa ci servono questi bellissimi aforismi, in realtà?

Se poi ci volessimo accontentare della risposta più comoda, cioè che “il tutto sta nella via di mezzo”, credo si potrebbe spalancare la porta ad un altro capitolo a sé, infinitamente lungo.

Ancora, puntiamo il dito sulle religioni o sulle convinzioni, sul cattolicesimo piuttosto che sulla politica, o ancor meglio sulla Partitica, imputando loro dosi massicce di manipolazione, per non dire di quanta confusione e quanto peso ci gettino violentemente sulle spalle con l’imposizione del senso di responsabilità.

Ma perché? Questo macigno sulle spalle, dove tutto in realtà è solamente un nostro frutto, ma allo stesso tempo abbiamo la colpa di non riuscire ad allontanarci dall’Ego, cos’è? Questo non è umiliante? Questa non è violenza elegante ma subdola che ci arrechiamo da soli indossando dei guanti di seta?

Ricerchiamo tante sfumature e discipline, ma per cosa? La bronchite è la diretta conseguenza dell’aver preso freddo. Il tumore è sfortuna, o un problema di salute. Se ci investe un’auto è per colpa di chi guidava il mezzo, o perché noi eravamo disattenti.

Ma alla fine si tratta solo di giustificazioni, e la nostra anima così diventa solo più depressa / limitata / cinica / primordiale.

Chiamiamo ordine e disciplina con le etichette chiare e ben definite che spettano loro: ad ognuno le proprie responsabilità, solo ed esclusivamente le proprie!

In un ORDINE chiaro, onesto e trasparente… ma forse proprio per questo molto scomodo.

© 30 Luglio 2011

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