L’Aldilà, ultimo mistero: riflessioni sulla mostra ad Illegio
di PGParovel
Arte e spiritualità
Mentre nella nostra immiserita Trieste si riduce l’arte alla rozza pseudo-Biennale improvvisata da Vittorio Sgarbi con la speculazione edilizia illegittima nel porto franco, tra i monti della vicina Carnia l’incantevole, antico paesino di Illegio la eleva alle domande fondamentali perenni dell’umanità e della vita con la splendida mostra su “Aldilà. L’ultimo mistero”, che ne propone una selezione preziosa di rappresentazioni preziose e suggestive dal primo millennio a.C. al Novecento.
Il valore di questa mostra, inaugurata a maggio ed aperta sino al 30 ottobre, va oltre quello artistico già elevatissimo delle opere, proprio per le riflessioni che propone sull’intuizione e speranza costante dello spirito umano in una dimensione d’esistenza superiore a quella del ciclo vitale fisico che inizia con il concepimento e termina con la morte.
Le opere esposte testimoniano infatti le diverse rappresentazioni culturali, nel tempo, di una stessa concezione e tradizione sugli oltremondi che correnti di pensiero già antiche, ma oggi più diffuse, rifiutano invece limitando invece la visione della vita e del mondo alla sfera di ciò che è percepibile, ed in questo senso materiale.
Entrando così in conflitto con le molte forme del pensiero e del comportamento religioso, che secondo l’etimo religare, cioè ricollegare, offrono dei ponti simbolici e rituali tra i limiti materiali della ragione e le intuite dimensioni superiori a quella fisica, ed in questo senso metafisiche.
Questo conflitto tra religiosità e materialismo non è però un problema accademico fra teologia e scienza sperimentale, perché riguarda la vita di ognuno offrendogli scelte concrete tra speranze e disperazioni, senso dei valori e nichilismo, che si riflette dagli individui sulle culture e le società in forme che vanno dai malesseri esistenziali profondi alle superstizioni ed alle estremizzazioni fanatiche.
Ma è solo un conflitto tra due modi opposti di non saper leggere la natura e l’unità di concezioni del mondo simili codificate nei linguaggi religiosi, iconografici e scritti, di culture differenti e di tempi passati. Uno è il modo di chi li segue alla lettera rifiutando di interpretarli, aggiornarli ed adeguarli a razionalità. L’altro e quello di chi li rifiuta perché li trova assurdamente irrazionali.
Ed ambedue i modi esprimono oggi uno stesso ignorare le convergenze in materia tra ricerca religiosa e scientifica.
Il concetto fondamentale del pensiero religioso, alla radice delle sue differenti sovrastrutture storiche e culturali, è infatti che la nostra percezione fisica riguarda una sezione spaziotemporale limitata di un tessuto universale di dimensioni d’esistenza infinitamente indeterminate. Distinguibili quindi per noi in fisiche convenzionali (di spazio e di tempo) e meta-fisiche.
Ed è esattamente a questo stesso concetto che approda anche la ricerca di punta della fisica moderna, come insegna già da molti anni il prezioso saggio di Fritjof Capra sul “Tao della fisica”, che vale perciò sempre la pena di essere letto, o riletto. Anche come premessa ad una visita e lettura meditata della mostra di Illegio.
Paolo G. Parovel
© 28 Luglio 2011