La Voce di Trieste

Oldies but Goldies di Franco Degrassi

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Dopo anni di appassionato lavoro con i bulini e pennelli, quasi sempre legato a tematiche pittoriche tradizionali, Franco Degrassi trova ora nuovi stimoli nelle note musicali dei Beatles, dei Rolling Stones, dei Queen per citare solo alcuni dei gruppi che lo coinvolgono e si ripresenta al pubblico ringiovanito nello spirito e soprattutto nella pittura.

Saranno piacevolmente sorpresi i suoi numerosi estimatori, i suoi tanti amici!

Le opere dell’attuale mostra costituiscono un nucleo realizzato negli ultimi due anni ed affrontano temi legati alla musica leggera, una delle principali passioni del pittore, chitarrista fin da ragazzo.

Nelle delicate atmosfere coloristiche che caratterizzano questi dipinti – tecniche miste di media e grande dimensione ­- Degrassi coglie melodie sospese e le tramuta, attraverso l’uso esperto di pigmenti colorati, in emozioni.

Ripercorrendo le straordinarie musiche degli anni ’60 , ’70 ed i loro celebri, indimenticabili autori e protagonisti, egli rivisita i principali temi delle canzoni, ne interpreta i testi più contradditori ribelli, esaltanti o poetici, riscoprendo in tal modo leggende, situazioni di vita al limite, momenti personali di un passato felice, ma anche nostalgico e “tristemente” irripetibile.

I quadri di Degrassi infatti, pur rappresentando le sue canzoni, le sue commozioni, il suo legame musicale con il passato, diventano piacere collettivo:  per coloro che appartengono alla generazione dell’artista, quelli dei NOI CHE… ma anche per i più giovani che nei lavori di Franco possono scoprire i recenti miti della musica mondiale.

E se la generazione del ‘50 fruiva delle musiche ascoltando Bandiera Gialla in Viale XX Settembre o in un festino a lume di candela o nell’abitacolo di una FIAT 500 truccata su sedili NON ribaltabili, i più giovani opinionisti raccontano oggi senza vergogna sui banchi dell’università, che le canzoni che piacciono ai loro genitori piacciono anche a loro.

La scelta dell’artista è pertanto universale; questa rassegna che trova spazio nel rione di Gretta dove l’artista è nato, potrebbe essere locata con successo a Londra, a Berlino oppure oltreoceano. I dipinti infatti, come la musica, parlano un linguaggio collettivo ed hanno la straordinaria peculiarità di seguire il tempo e nello stesso tempo – in taluni casi – di esserne estranei .

Nel caso specifico i colori diventano per il Degrassi strumenti che conducono al visionario, ma pure ricerca, meditazione, riflessione sulla personale metamorfosi. Si tratta di materializzazioni di memorie affiorate improvvisamente nello studio dell’artista o metabolizzate in aereo in uno dei suoi numerosi viaggi tra l’Italia e la Spagna e poi trasportate con ironia sui cartoni preparati e sulle tele. Il tutto nel  ritmo di una pittura ora passionale, ora ponderata. Spesso i soggetti sono interpretazioni di significati ambigui di testi, di messaggi subliminali, ricordi di armonie. Dipinti che legano il pittore e l’uomo alle molteplici dimensioni del “sentire”.

Ed ecco che scorrendo le opere troviamo un significativo autoritratto o qualche timido inserimento di sé… in trasferta. L’artista con i colori  acrilici ottiene buoni effetti brillanti e luminosi e con i gessi  crea tratti e tinte molto volatili e friabili. In questo modo semplice e delicato la polvere del gesso abbraccia l’essenza del dipinto, produce trasparenza e addolcisce vaporosamente l’insieme. Inoltre la forza della foglia d’oro crea un’eco che inganna le distanze tra i due sensi quello ipotetico uditivo e quello visivo e conduce lo spettatore in un frammento di modernità.

Il pittore riprende chiaramente la forte contraddizione ed il significato nascosto di una Hotel California degli Eagles, così come la forza e l’anima dei Doors in una Light my fire di Jim Morrison. Ma poi dipinge ancora temi tratti dagli album di Bob Dylan, dei Queen, dei Pink Floyd.

Degrassi sceglie miti musicali occidentali e ne focalizza i temi.

Testi, o meglio, icone che tutti conoscono a portata di chiunque. Cultura artistica permeata di molteplici elementi: Eagles, l’aquila. L’emblema degli Stati uniti. Hotel California, toccante canzone che rivela quella ricerca perenne di se stessi, a volte con rabbia e ribellione. Sempre in viaggio, quindi, usando vari “mezzi di trasporto”. A volte la droga, altre, come in questo caso, l’arte. Come dice il testo, proprio in mezzo al deserto in questa ricerca, l’incontro con Il Capitano….che ti da la via.

Ma chi è il Capitano? Per il pittore è forse metafora dell’arte? Trasformando gli spartiti nel colore crea egli una sfida? Da risposte o ne ottiene? Non ci sembra esagerato supporre che Degrassi riesca a mettere in pratica in queste tele taluni contenuti di Kandinskij che parla di armonia, di corrispondenze, ma anche di lotte e tensioni tra i colori e i suoni.

La sua attuale ricerca racchiude esplicitamente una pluralità di significati e simboli e sarà il pubblico a goderne individualmente scoprendoli. Questi lavori permettono un cammino nel campo delle sinestesie dimostrando come la musica si apra a connessioni con fenomeni visivi  e viceversa: lo ricorda Hoffmann quando descrive Kreisler come «il piccolo uomo con un pastrano color do diesis minore e un colletto color mi maggiore».

Dietro ai dipinti di Franco si cela un universo semantico e musicale: egli dà vita con moderna sensibilità coloristica ad una personalissima melodia basata su ricordi indelebili.

Le sue nuove opere si potranno vedere dal 12 luglio, alle ore 18 in via Carlo Favetti 1, zona Gretta Trieste sino al 19 luglio, presso lo spazio Celafesta.

© 8 Luglio 2011

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