La Voce di Trieste

L’ultimo Signore di Trieste

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La straordinaria figura storica e morale europea di Carlo I d’Austria, beatificato da Giovanni Paolo II come modello etico di governo.

I sovrani di casa d’Austria hanno portato ed esercitato il titolo di Signore di Trieste per oltre mezzo millennio: dal 1382, quando la città si affidò a loro per non sottomettersi alla dominazione di Venezia, sino al 1918. Grazie a quel patto Trieste ed il suo territorio rimasero autonomi nel vincolo diretto col sovrano, rappresentato presso il governo cittadino da un apposito Luogotenente.

Carlo d’Absburgo divenne sovrano dell’antica monarchia plurinazionale mitteleuropea a soli 29 anni, succedendo nel 1916 a Francesco Giuseppe mentre il gorgo orrendo della prima guerra mondiale inghiottiva le vite ed i valori dell’Europa intera e lui stesso viveva  già al fronte con i soldati.

 

Uomo di profonda fede cristiana nel rispetto di ogni altra, e di grande  sensibilità umana e sociale, integrità e spirito di sacrificio, venne così investito di responsabilità terribili ed immense che seppe affrontare con scelte ed atti esemplari, purtroppo tuttora sottovalutati o poco noti.

Carlo I fu infatti il solo Capo di Stato europeo che verificò e condivise personalmente le terribili sofferenze dei soldati al fronte ed accolse l’appello di Papa Benedetto XV per la pace, ricercandola con determinazione fermissima anche dopo lo sfondamento del fronte italiano a Caporetto e l’avanzata nel Veneto, mentre i suoi alleati ed avversari pretendevano tutti una vittoria militare a qualsiasi tragico prezzo di sofferenze presenti e future; condusse perciò continue, oneste e ragionevoli trattative internazionali di pace, e sul piano interno emarginò i sostenitori della guerra ad oltranza.

Il suo programma per la pace mirava anche a difendere dai nazionalismi e dai razzismi montanti i diritti e le identità di tutti i popoli, le fedi e le culture dell’impero, costruito sull’antico vincolo personale col sovrano, trasformandolo in una confederazione moderna di stati e popoli che anticipava l’odierna Unione Europea, garantendo espressamente anche il ruolo internazionale di Trieste e del suo porto.

Carlo avviò contemporaneamente, controllandolo anche di persona, un intensissimo programma sociale di aiuto alle popolazioni immiserite dalla guerra, ispirato all’enciclica «Rerum novarum» di Papa Leone III: istituì, primo in Europa e nel mondo, ministeri per l’Assistenza Sociale e la Salute Pubblica, ampliò il sistema previdenziale e le tutele per i lavoratori, donne e uomini, vietò il rialzo degli affitti e dei prezzi organizzandone il controllo, represse la corruzione e l’usura, destinò tutte le risorse disponibili ai rifornimenti alimentari e di combustibili per i civili, vivendo egli stesso e la famiglia con le sole razioni di guerra, creò cucine popolari e soccorse oltre 5 milioni di poveri con enorme impegno finanziario anche personale.

Sui fronti di guerra Carlo decretò l’amnistia generale delle pene inflitte dai Tribunali militari, anche per le diserzioni, vietò l’uso di gas e di munizioni incendiarie, il bombardamento aeronavale delle città italiane (salvando così in particolare Venezia), la requisizione di case e di beni ed ogni rappresaglia o ritorsione sulle popolazioni civili, e controllò il buon trattamento delle moltitudini di prigionieri favorendone lo scambio ed il rimpatrio.

Contribuì ai tentativi di fermare in Russia i massacri della rivoluzione e degli scontri etnici, anche inviando un commando del 97º reggimento di fanteria triestino a tentar di salvare la famiglia imperiale dei Romanov, ed allo stesso scopo tentò invano, dopo la guerra, di ristabilire in maniera incruenta la propria autorità pacificatrice in Ungheria.

Carlo non abdicò mai, perché pur avendo sciolto ritualmente dai vincoli di fedeltà i suoi popoli si ritenne sempre consacrato al loro servizio. E per esso affrontò in serena dignità, con la consorte Zita e gli otto figli, anche l’esilio forzato in una povertà estrema che gli costò la morte per malattia nel 1922, sull’isola di Madeira, sorretto da una fede immensa e dall’amore della famiglia. Non aveva ancora compiuto 35 anni.

La sua ferma ed eroica testimonianza dei valori etici in uno dei ruoli di Stato più difficili ed impegnativi del suo tempo fu vero progresso, poiché antepose ad ogni interesse e calcolo politico la fede, la difesa concreta, solidale ed egualitaria della persona umana, la giustizia sociale e la riconciliazione. Un’alternativa luminosa ai nuovi poteri ideologici e nichilisti che stavano travolgendo la società moderna nella vertigine oscurantista, amorale e sanguinaria degli egoismi nazionali, materialistici e di partito: poteri oscuri, che non potendolo affrontare sul piano dei valori reagirono opponendogli propagande calunniose e poi la cancellazione dalle loro storiografie politiche ufficiali.

Quest’oblìo ingiusto è stato infranto nel 2004 con la beatificazione solenne di Carlo I da parte di Papa Giovanni Paolo II (battezzato Karol in sua memoria), che lo ha riproposto come modello di riflessione europea ed universale sull’esercizio etico, solidale, compassionevole ed egualitario del governo e dello spirito di riconciliazione anche nei conflitti più tragici, e sulle opposte disumanità d’ogni genere ed epoca.

Ricordando pure ciò che ne aveva scritto il laicissimo radicale di sinistra Anatole France: «L’imperatore Carlo è l’unico uomo decente emerso durante la guerra ad un posto direttivo; ma non lo si ascoltò. Egli ha desiderato sinceramente la pace, e perciò viene disprezzato da tutto il mondo. Si è trascurata una splendida occasione». E proprio l’averla trascurata scatenò poi, come affermava da parte ebraica il saggio, ultracentenario Rav Schach, tutti i disastri e gli orrori europei del Novecento.

Dal punto di vista storico Carlo d’Absburgo rappresenta inoltre il culmine di una tradizione di governo etica, umanitaria ed illuminata unica al mondo, che si sviluppò da Maria Teresa a Giuseppe II, Leopoldo II (già come Granduca di Toscana) e Francesco Giuseppe sino a quest’ultima grande personalità della storia d’Europa e di queste terre.

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© 14 Luglio 2011

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