La Voce di Trieste

Trieste: le ordinanze comunali arbitrarie e razziste da spazzare via

di

Giustizia sociale

Con le “buone” amministrazioni comunali Dipiazza, finalmente liquidate dagli elettori, la Polizia Municipale ci ha abituati ad agghiaccianti vanterìe stampa pressoché quotidiane su attività francamente abiette cui la costringevano ordinanze palesemente illegittime di quel sindaco e della sua corte.

Che vanno dalla furbata estorsiva del non fornire i dovuti gabinetti pubblici multando esageratamente per 500 euro chi viene così costretto, turisti inclusi, ad usare la strada, sino all’empietà della persecuzione sistematica contro i poveri ? suonatori e venditori di strada, mendicanti, senzatetto ed altri derelitti ? con multe, sequestri di misere cose ed arresti, anche in applicazione di un divieto selettivo d’accesso alle vie “perbene” del centro città.

Non erano nemmeno idee originali del Dipiazza e dei suoi, ma repliche brutali di un’ondata degradante di abusi dei poteri di ordinanza dei sindaci che ha sommerso mezz’Italia, a gara d’offese forsennate al buon senso, al buon cuore ed ai diritti e doveri costituzionali. Alla civiltà, insomma: una vera vergogna. E l’abbiamo già denunciata spesso, ma senza esiti.

È infatti continuata arrogantemente persino dopo che la Corte Costituzionale ha confermato l’illegalità complessiva di quelle esasperazioni dei poteri d’ordinanza, palesemente abusive perché potevano essere giustificate solo per provvedimenti temporanei in situazioni di necessità ed urgenza provate.

Il che vuol dire che qui si continuano ad applicare illecitamente ordinanze illegittime, con danni vitali ed economici perciò non solo ingiustificati, ma anche delittuosi, a persone che sono per la gran parte soggetti deboli. Ed a Trieste la cosa sta proseguendo stolidamente persino in questi primi giorni d’avvìo di un’amministrazione nuova e diversa anche nei profili etici.

Tanto che abbiamo appena letto sul quotidiano locale anche della brillante impresa di vigili che hanno multato per ben 1000 (mille) euro un venditore ambulante autorizzato di scope, perché si era avventurato a venderle a domicilio nella “zona bene” del centro, pure accolto con favore da numerosi clienti. E quei mille euro sono probabilmente molto più del suo guadagno di un mese.

Non sapeva, evidentemente, o non capiva, che una zona normalmente frequentata di una città civile potesse essere vietata ai venditori ambulanti anche se autorizzati. E preclusa da un ordine dell’autorità ispirato, in sostanza, ad un razzismo di classe sociale equivalente a quello etnico, e di fatto coincidente per i molti venditori di pelle scura. Ordine la cui illegalità non sta perciò soltanto nel fatto di essere emesso in abuso dei poteri d’ordinanza del sindaco.

Perché sta anzitutto nel merito, che è lesione diretta e per motivi inammissibili dei diritti umani fondamentali e costituzionalmente tutelati di eguaglianza, di libertà personale, di libertà di circolazione e soggiorno legittimo in qualsiasi parte pubblica del territorio, e di sostentamento col proprio lavoro lecito (ed anche mendicare in stato di bisogno è attività lecita per l’ordinamento italiano).

Cose, queste, che non occorrerebbe nemmeno dover andare a leggere sulla Costituzione perché sono elementi di diritto istintivo, e di semplice educazione del cuore oltre che dell’intelletto. Sembrava dunque incredibile, ed era segno profondamente inquietante, che tanti politici e funzionari delle passate amministrazioni comunali potessero non rendersene conto, o non avessero il coraggio civile di opporsi, e per lunghi anni.

Questo problema diventa perciò anche una prova rapida e concreta per la sensibilità, adeguatezza e differenza dei nuovi eletti al Comune. Che potrebbe e dovrebbe quindi consistere nella sospensione immediata, e poi nella revoca ragionata, delle ordinanze illegittime, pensando anche a sostituire le persecuzioni ingiuste con assistenze sociali. E nella conseguente sospensione e revoca tempestiva anche delle relative sanzioni, compresa quella al volonteroso venditore di scope.

Dal quale se ne potrebbe anzi comperare qualcuna robusta da tenere come simbolo d’impegno a spazzar via dall’amministrazione del Comune tutto il pattume di prepotenze verso i deboli e servigi ai potenti che in questi anni difficili l’ha inquinata come mai prima.

PGP

© 21 Giugno 2011

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