Biennale: Le Monde stronca il Padiglione Italia di Sgarbi
di PGParovel
La misura del provincialismo credulone cui è ridotta la cultura amministrativa triestina è data dalla facilità con cui si lascia incantare da proposte e personaggi che andrebbero invece messi immediatamente alla porta.
Era il caso, in queste settimane, di Vittorio Sgarbi con la sua pretesa di improvvisare anche a Trieste una sezione del Padiglione Italia alla Biennale d’Arte di Venezia, che gli è stato affidato assieme ad una miriade di metastasi altrettanto improvvisate del Padiglione nelle altre regioni italiane ed all’estero per celebrare l’asserito 150° dell’unità nazionale. Il tutto condotto da lui sotto l’etichetta propagandistica di una “Biennale diffusa”, abusiva perché il nome e logo della Biennale sono riservati alla sola mostra di Venezia.
Come infatti abbiamo già scritto (leggi qui), mentre i curatori dei padiglioni degli altri Paesi lavoravano alacremente, per quello italiano lo Sgarbi risulta non aver fatto quasi nulla sino all’ultimo momento, tentando poi di improvvisarlo e di forzare le iniziative esterne, ed i relativi finanziamenti pubblici e privati, col peso della sua notorietà e frequentazione settimanale ostentata dell’impresentabile premier Berlusconi.
Mentre a Trieste ha preteso di piazzare la mostra nell’area extradoganale del Porto Franco Nord (portovecchio), sfruttando così anche l’appoggio di quanti vogliono urbanizzarla illegittimamente. Un’ubicazione perciò fonte di ulteriori problemi e spese abnormi, che potevano ? e potrebbero ancora ? essere evitati utilizzando invece un contenitore pronto ed accessibile come l’ex Pescheria centrale sulle rive. Adeguata e bellissima, benché ribattezzata dal kitsch amministrativo col nome di “Salone degli incanti” perché ci si tenevano le vendite all’incanto del pescato.
Quanto a coloro che si lasciano ancora affascinare dalla celebrità dello Sgarbi, dovrebbero almeno ricordare che questo signore non l’ha affatto ottenuta per personalità, cultura ed eloquio, che non gli mancano ma in Italia abbondano altrettanto ed ancor più a decine di migliaia di altri operatori culturali senza la sua aggressività e presunzione ostentata.
La notorietà di Sgarbi è invece quella di un personaggio televisivo costruito per anni dalle emittenti e dalla politica berlusconiane, che se lo sono lanciato, coltivato e finanziato come opinionista d’assalto al loro spregiudicato servizio. E l’hanno fatto col sistema ad effetto ma illecito, giornalisticamente indegno e senza precedenti, di consentirgli di offendere e diffamare chiunque violentemente in pubblico ed a man salva.
Imbarbarendo ed avvelenando così la comunicazione pubblica italiana col metodo inammissibile dell’offesa e del disprezzo insolente della verità, peggio che l’altro propagandista berlusconiano sfacciato, Giuliano Ferrara. Ed aprendo la strada nel Paese, con questa regressione etica, a comportamenti stampa deteriori analoghi, come quelli del quotidiano Libero, e su alcuni temi anche dei media della Lega Nord.
Dovrebbe essere quindi evidente a tutti che lo Sgarbi impersona in questo senso un modello pubblico negativo come pochi. Il cui culto, o prestigio, pone perciò problemi interpretativi inquietanti, anche se è sempre più confinato ad ambienti provinciali o desiderosi di emergere a qualsiasi costo.
Ed ora, a Biennale inaugurata il 6 giugno, non solo la mostra di Trieste è in condizioni di ritardo ed improvvisazione ancor peggiori delle altre “diffuse”, ma a Venezia tra i padiglioni pregevoli di moltissimi altri Paesi, con ottime recensioni di stampa internazionale, quello dell’Italia si è invece meritato sul quotidiano francese Le Monde questo giudizio stroncante come mai prima: «Ammucchiate in una sala dell’Arsenale, centinaia di opere allestite in modo indegno sono appese a una specie di griglia. Non avevamo idea che l’Italia avesse prodotto tante croste. Questa esposizione, o piuttosto questa esibizione, è sovrastata da un’immensa croce dove Cristo è sostituito dallo stivale italiano. L’Italia crocifissa e gli artisti messi in una tomba da Sgarbi sono una degna maniera di festeggiare i 150 anni dell’unità.» E la stampa nazionale e d’arte italiana non è stata affatto più tenera.
Non sappiamo dunque se Sgarbi ed il suo corteggio locale riusciranno davvero a realizzare anche la loro mostra a Trieste, ma è legittimo pensare che non potrà avere caratteristiche migliori di quelle del Padiglione madre a Venezia.
Paolo G. Parovel
© 19 Giugno 2011