La Voce di Trieste

Trieste, porto semiparalizzato per sciopero: le responsabilità

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In questi giorni il porto di Trieste è rimasto semiparalizzato dallo sciopero dei lavoratori portuali, improvviso e dagli esiti incerti. Gli armatori dirottano d’urgenza navi e linee altrove, ed a terra i camion bloccati intasano piazzali e strade sin dentro città. Mentre i politici se ne scaricano le colpe a vicenda, e né loro né gli altri media sembrano capaci di capire e spiegare alla gente cosa succede, ma strillano tutti che questo è un danno grave ed intollerabile a vantaggio dei porti concorrenti.

Il danno è reale e drammatico. Ma ad essere intollerabili sono le cause vere, delle quali lo sciopero è solo una conseguenza. Perché consistono nall’ignavia parassita e nell’incompetenza trascurante della classe politica ed amministrativa locale, che abbandona ormai da decenni il porto a sé stesso benché sia la risorsa di lavoro principale della città. Preoccupandosene soltanto per imporvi dirigenti, consulenti ed imprenditori raccomandati.

Intollerabile è aver lasciato che le garanzie lavorative della vecchia, pur problematica, compagnia unica dei lavoratori portuali finissero sostituite non da qualcosa di meglio, ma da un sistema di cooperative fondato sullo sfruttamento sempre più brutale e meno garantista dei lavoratori. Che adesso si ribellano perciò con tutte le buone ragioni di chi vede minacciata la propria sopravvivenza.

Intollerabile è non avere considerato il fatto ovvio che più si lascia il porto sottoutilizzato, più vi aumentano i tagli di spese e posti di lavoro, le guerre tra poveri, i conflitti sindacali e le necessità di autodifesa  sia dei lavoratori che degli imprenditori. E non capire ancora che la produttività vera del lavoro non si fonda sullo sfruttamento, ma sul corretto trattamento economico ed umano.

Intollerabile è continuare a far finta di ignorare l’evidenza ora dichiarata almeno da Pierluigi Maneschi, presidente di Italia Marittima (l’ex Lloyd Triestino) ed agente generale italiano di Evergreen: il porto di Trieste serve per l’80-90% il proprio retroterra mitteleuropeo e non l’Italia, che perciò non ha interesse a svilupparlo. Ma solo a tenerselo stretto, e sottoutilizzato.

Intollerabile è che la classe politica locale non solo non si opponga, ma collabori ebete o complice al conseguente strangolamento nazionale delle nostre funzioni sia di porto doganale ordinario che di Porto franco internazionale. Svuotando apposta negli anni il Porto franco Nord (portovecchio) per fingerlo inutile e riciclarlo per speculazioni edilizie ed immobiliari illegittime. Pure vantandosene in elezioni.

E visto che queste sono le responsabilità vere, la crisi di questi giorni deve anche far capire a noi tutti che dobbiamo finalmente smetterla di tollerarle.

Paolo G. Parovel

© 26 Maggio 2011

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