La Voce di Trieste

Amianto e caserme: si attende ancora giustizia

C’è sconcerto e preoccupazione tra i dipendenti della Guardia di Finanza del Friuli Venezia Giulia dopo i risultati di una lunga serie di accessi di alcuni volenterosi finanzieri ad atti amministrativi dell’Azienda Sanitaria, del Genio Civile e del Comune di Trieste. Si tratta di centinaia di pagine di documenti, planimetrie ed analisi chimiche per quantificare le fibre di amianto (asbesto) disperse nell’aria di alcune caserme durante le bonifiche, nonché di segnalazioni dell’Azienda Sanitaria Triestinalla Procura della Repubblica.

Tutta questa documentazione – ottenuta legittimamente ex L. 241/1990 e DPR 184/2006  – conferma che molte caserme della Regione erano piene di amianto, sia compatto che friabile, mentre in vastissima zona del porto sono stati scaricati per molti anni sacchi di amianto, e ci sono ancora tettoie in eternit di pessima qualità, in stato di totale abbandono.

Negli anni Settanta ed Ottanta gli involucri contenenti amianto non venivano ancora contrassegnati con l’apposito logo recante un’A stilizzata, e dal porto di Trieste transitavano anche sacchi di eternit frantumato, spesso mescolato a terriccio o ad altre sostanze che ne rendevano difficile l’identificazione. Ed i finanzieri del riscontro merci nelle dogane dovevano verificarne direttamente il contenuto, aprendoli senza le protezioni minime necessarie: guanti, tuta e mascherine BNSU, le sole a poter impedire che le microfibre di amianto vengano respirate (gli altri tipi le lasciano invece penetrare).

Nelle adiacenze immediate dell’area portuale e della caserma del Comando Regionale all’ex Fabbrica Macchine, in zona Passeggio Sant’Andrea e via Locchi, oltre ai finanzieri sono decedute per queste patologie anche due donne residenti mai entrate in caserma. La zona risulterebbe quindi pericolosa, e dalla caserma non è stato ancora possibile asportare tutto l’amianto nonostante tre operazioni di bonifica.

I fascicoli presso la Procura riguardano le vittime di mesotelioma della pleura o di altre patologie asbesto-correlate, e nei confronti dei responsabili vengono di norma ipotizzati i reati di omicidio colposo plurimo oppure lesioni colpose gravi o gravissime, commessi con violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela dell’igiene e della salute sul lavoro (art. 25-septies D.Lgs. 231/2001).

Sappiamo per certo che a seguito valutazione dell’Azienda Sanitaria sono stati iscritti già nel Registro Regionale degli Esposti all’Amianto ben 18 dipendenti della Guardia di Finanza che operavano o continuano ad operare nel Friuli Venezia Giulia, ed anche la consorte di uno di loro. Sono già deceduti per queste patologie, dopo lunghe e tormentate agonie, almeno 4 operatori delle Fiamme Gialle, tra sottufficiali, graduati e finanzieri.

È un numero anche statisticamente alto rispetto alla media nazionale divisa per zone e categorie di lavoratori, come ha più volte sottolineato il Prof. Claudio Bianchi, insigne medico legale e tra i massimi esperti italiani di mesotelioma della pleura.

Il riconoscimento della morte per causa di servizio per la loro morte poteva e doveva essere avviato per legge con procedimento d’ufficio, ma ad una delle vedove l’ufficiale responsabile del Comando della Guardia di Finanza di Trieste che ha avrebbe dovuto avviarlo ha risposto invece ufficialmente che doveva farlo lei.

Eppure la pericolosità dell’amianto era nota sin dagli anni Quaranta e Cinquanta (vedi legge-delega 51/1955) ma in Italia è stato messo al bando appena con la legge 257/1992, che ha preceduto di soli due anni la più nota legge 626/1994 sulla sicurezza degli ambienti di lavoro.

Occorre dunque accertare perché si è atteso tanto, e proceduto così lentamente, per le opere di bonifica. E come, dato che i dubbi diventano legittimi quando ci sono troppe morti sospette nello stesso luogo di lavoro.

L’azione penale è obbligatoria, e noi siamo certi che la Magistratura esaminerà scrupolosamente tutte le segnalazioni pervenute ? tenendo conto che quasi tutte le fattispecie penali in tema di amianto erano già state individuate col decreto 303/1956 ? ma anche gli articoli stampa di denuncia pure recenti, e le tre interrogazioni parlamentari che i finanzieri hanno ora ottenuto da membri del governo, dell’opposizione e del gruppo misto (la difesa della salute non ha colore politico).

Va inoltre detto che questa battaglia a difesa della salute pubblica non sarebbe stata possibile senza l’opera fondamentale dell’avv. Ezio Bonanni del Foro di Roma, dell’avv. Roberto Scirocco del Foro di Trieste, del prof. Claudio Bianchi di Monfalcone e del prof. ing. Marino Valle di Trieste (perito di parte dei finanzieri).

 

Lorenzo Lorusso

Coordinatore per il Friuli Venezia Giulia dell’Osservatorio Nazionale Amianto

 

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Allo scandalo in sè ci sembra si aggiunga quello del silenzio complice od indifferente della totalitò dei partiti e delle liste che ci stanno chiedendo di nuovo il voto per le elezioni imminenti.

© 21 Marzo 2011

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