“Trittico”, tra microdrammi in scena al Rossetti
di C.S.
Lo spettacolo di Antonio Tarantino in scena dall’8 marzo
Gli “sconfitti dall’esistenza” ci fanno paura, perché sappiamo che chiunque potrebbe cadere, potrebbe finire ai margini. Antonio Tarantino – autore che spicca nel panorama europeo della drammaturgia contemporanea e che ha già collaborato con lo Stabile regionale lo scorso anno, quando Antonio Calenda ha messo in scena il suo La casa di Ramallah – è uno scrittore acuto, dallo sguardo potente e non pacificante. Quegli “sconfitti” diventano il centro del suo racconto, li guarda negli occhi, li pone sul palcoscenico davanti alla nostra inquietudine. Ci obbliga a considerarli prendendo davanti a loro una posizione.
È questo il senso ultimo di Trittico che lo Stabile presenta alla Sala Bartoli, per il cartellone altripercorsi, da martedì 8 a domenica 13 marzo.
In Trittico Tarantino compone un collage di tre microdrammi, tutti costruiti sullo sfondo di una realtà piena di contraddizioni e di ombre. Si mette in gioco completamente salendo – per la prima volta – egli stesso sulla scena, al fianco di Gilda Postiglione e Oreste Valente: trittico anche d’attori, sensibili e vibranti, diretti con passione da Cristina Pezzoli.
Il primo microdramma è intitolato Torino-Bacau-Roma e ci fa conoscere la storia tenera e amara di due derelitti, un anziano ex operaio torinese e una giovane migrante rumena, il cui destino è già segnato, visto che non possiede permesso di soggiorno. Povertà e solitudine li conducono al medesimo luogo di disperazione: la stazione Ostiense, dove entrambi cercano ricovero per la notte. È lì che si conoscono e intessono un rapporto forte e ambiguo: l’anziano cerca subito di sfruttare la giovane donna che invece si protende in sincere richieste d’aiuto e forse d’amore.
In Cara Medea l’autore racconta invece di come la brutalità del tempo possa distruggere anche il mito. Questa Medea del Novecento è una madre assassina, reduce dalla prigione e dai lager nazisti. Attraversa l’Europa sconvolta dalla guerra cercando il suo Giasone che ritroverà a Pola.
Introdotto da un intermezzo incentrato sul cinismo mediatico che ormai padroneggia nella vita delle persone, va poi in scena Una casa razzista, il microdramma che chiude lo spettacolo. Ne è protagonista nuovamente un anziano solitario, probabilmente anche bisognoso, che vive isolato dal mondo in una misera soffitta, all’ultimo piano di una casa dove l’ascensore non funziona mai. È dunque costretto, quotidianamente, a passare di piano in piano e conoscere – in un sorta di via crucis personale – tutti gli altri inquilini, quasi tutti stranieri e come tali poco interessanti o temibili dal punto di vista del protagonista. La paura del “diverso”, i luoghi comuni usati come armi per non aprirsi ad esso, per non conoscerlo davvero: ecco il tema del testo, incarnato dall’uomo che – esasperato – sembra addirittura pronto ad un gesto estremo, a causa di questo affollamento di stranieri. Ma assistendo a una situazione umanamente toccante, l’uomo si commuove e in quel pianto c’è la sua liberazione dai pregiudizi e dalle volgarità che hanno dominato il suo pensiero fino ad allora.
Antonio Tarantino ci pone davanti a questo mosaico di situazioni attraverso una scrittura diretta e incisiva, coraggiosa nello scavarci dentro, raggiungendo anche le pieghe più oscure del nostro animo: al teatro resta il compito di suscitare la catarsi, di liberare lo spettatore dalla “chiusura” verso l’altro, o al meno di farlo riflettere, perché – come asserisce l’autore – «se il nostro mondo è una prigione, lo è perchè la prigione è in noi».
Replica alle ore 21.00 alla Sala Bartoli da martedì 8 a sabato 12 marzo: domenica 13 la recita è pomeridiana con inizio alle ore 17.00.
La Stagione 2010-2011 del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia va in scena grazie al sostegno della Fondazione CRTrieste.
© 7 Marzo 2011