La Voce di Trieste

Comune, badanti, doveri e speculazioni

di

Controreplica

Le nostre rinnovate denunce sul fatto che l’amministrazione Dipiazza del Comune di Trieste (oltre e più che quelle precedenti) sottrae masse di denaro alle spese obbligatorie di assistenza sociale, per destinarle ad altro, hanno avuto una specie di replica.

Il Comune ha infatti invitato gli anziani che hanno casa propria, ma non mezzi per pagarsi delle badanti, a venderla (con la formula della nuda proprietà, cioé rimanendoci a vita) per fronteggiare queste spese. Ed ha addirittura fatto appello ai notai perché convincano queste persone.

Qui siamo non solo alla mala amministrazione, ma all’irresponsabilità sociale pura.

Lo scopo delle assistenze sociali pubbliche non è solo quello di garantire alle singole persone il massimo della sopravvivenza possibile in dignità e col minimo di sofferenze. È anche quello di impedire l’impoverimento a catena delle loro famiglie e dell’intero tessuto sociale.

Così non è ammissibile che, come si insiste a voler fare a Trieste, l’amministrazione pubblica si rivalga delle spese di assistenza sui parenti “civilmente obbligati” a soccorrere gli assistiti, oltre al limite in cui questo soccorso privato li trasforma in nuovi poveri, tantomeno in tempi di disoccupazione drammatica come questi. Insistendo anche, inspiegatamente, a privilegiare i ricoveri degli anziani in case di riposo, in gran parte private, che costano molto di più delle badanti.

E l’idea di far vendere le abitazioni degli assistiti, oltre a privare gli eventuali eredi e conviventi di un bene di famiglia essenziale (anche nel senso di cui all’art. 167 e seguenti del codice civile) e quasi sempre sudato duramente, darebbe luogo ad ovvie speculazioni al ribasso sui prezzi – impedendo pure di ricavare somme sufficienti per l’assistenza – e diventerebbe criminogena dando occasione ad innumerevoli frodi e creando interesse molto concreto ad abbreviare la vita degli anziani ammalati per renderne disponibile la casa. Senza contare il rischi ultreriori delle vendite da parte di amministratori di sostegno.

Tutto questo perché l’amministrazione Dipiazza, che assiste un numero di persone irrisorio rispetto al bisogno reale, dice di non avere i soldi per fare fronte a richieste per 10 milioni di euro. Che invece nel bilancio comunale ci sono, se si taglia tutta una serie di spese inutili e spesso politicamente clientelari, destinando all’assistenza anche entrate come i 5 milioni di euro di contravvenzioni, o gli utili ACEGAS che il Comune si era addirittura impegnato per iscritto ad usare a questo scopo in cambio dell’assenso dei sindacati alla privatizzazione dell’azienda.

Questi dis-amministratori pubblici stanno dunque omettendo per scelte politiche (ideologiche o di comodo) azioni doverose di sostegno ai più deboli, rendendosi così anche corresponsabili delle loro sofferenze. E retendono pure che non si denuncino questi comportamenti amministrativi all’opinione pubblica e, quando  superino i limiti oltre che della decenza anche del lecito, alla magistratura ordinaria e contabile. La misura è davvero colma.    (P.G.P.)

© 5 Marzo 2011

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