La Voce di Trieste

Comune di Trieste: la voragine di bilancio

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Commento

È cosa evidente e ben nota che l’attuale consiglio comunale di Trieste sia un disastro, tra maggioranza arrogante ed opposizione succube, con risultati complessivi di inettitudine chiacchierona ancor peggiori dei consigli precedenti. Ora i consiglieri si stanno accapigliando in scenografia preelettorale sui dettagli del bilancio, tra emendamenti, mozioni e quant’altro, mentre la maggioranza del sindaco Dipiazza non ha i voti per approvarlo in assenza di un suo consigliere, ed il capogruppo d’opposizione (Omero) la vuole addirittura aiutare facendone mancare uno proprio.

 

Ma il problema vero non sta in questi mercatini. Sta nel fatto clamoroso che nessuno della quarantina di membri dell’assemblea e dei loro partiti, opposizione inclusa, sembra essersi accorto che il bilancio del Comune ha un buco colossale, anzi una vera e propria voragine. Sul cui orlo continuano infatti ad agitarsi come nulla fosse, discutendo di aggiustamenti e destinazioni di piccole somme, marciapiedi da aggiustare, problemi rionali ed altri argomenti anche opportuni, ma certamente meno importanti.

Il motivo per cui non vedono la voragine di bilancio è che non è contabile, cioè di aritmetica delle entrate e delle uscite, ma di scelta della destinazione del denaro pubblico. E le scelte di destinazione della spesa non dipendono dalla ragionerìa, ma dall’intelligenza civile ed amministrativa. Cioè dalla capacità di comprendere esattamente quali siano le spese di necessità primaria per la comunità amministrata, come tali non rinunciabili, e quali invece non lo siano, e possano essere perciò rinunciate in scala d’importanza decrescente sino alle voluttuarie.

Elementare, direte. Invece no, perché i nostri quaranta ed i loro partiti non sembrano essersi nemmeno accorti che la voragine è quella dell’assistenza sociale. E non perché ci si spenda troppo, come a volte persino lamentano, ma al contrario: perché la spesa destinata è irrisoria rispetto al bisogno reale della popolazione. Che è appunto una voragine fatta di povertà crescenti senza sollievo né speranza, ed approfondita ogni giorno proprio dal fatto che il Comune vìola sistematicamente il proprio dovere morale e giuridico prioritario di provvedere al soccorso.

Non si capisce nemmeno se questi consiglieri si pongano mai responsabilmente il problema di come riescano a sopravvivere, ed in quali condizioni, i dipendenti e titolari della miriade di attività economiche che falliscono o chiudono per la crisi, i disoccupati di ogni età, i pensionati minimi, gli sfrattati.

Non si capisce come questi consiglieri comunali non mostrino di comprendere che la città è ormai in un’emergenza sociale complessiva così grave da richiedere non assistenze minime occasionali, ma un vero e proprio piano organico di assistenza sociale per lenire la povertà ripristinando almeno quel minimo di capacità di spesa necessario a consentire una sopravvivenza dignitosa e rimettere con ciò in moto il sistema microeconomico locale.

Non si capisce come non comprendano che un’assistenza sociale seria ed adeguata non è mai una spesa marginale a fondo perduto, ma un investimento produttivo nel benessere delle persone e nell’economia della comunità, tanto più necessario nei momenti di crisi.

E non si capisce con quale intollerabile faccia tosta od insipienza, a fronte della crisi evidente, politici di parti anche diverse come il sindaco Dipiazza e la presidente della Provincia, Bassa Poropat, osino addirittura vantare, e come proprio merito, che saremmo primi in Italia nel benessere statistico (che non evidenzia le proporzioni numeriche tra ricchi e poveri).

Non ci raccontino poi che i soldi e le strutture per riempire la voragine non ci sono. Per i soldi basta metterci la massa enorme di denaro che loro destinano invece a spese secondarie, futili o addirittura clientelari ed illecite: si veda a buon esempio la nostra inchiesta recente (leggi qui) su uno scandalo di contributi del Comune ad associazioni.

Mentre per le strutture, oltre ad investire di più in quelle comunali, basta coordinarle nel piano complessivo con quelle volontaristiche e private, col sistema bancario per avviare il microcredito, e con facilitazioni amministrative per le piccole attività.

Nel bilancio comunale ora in discussione si potrebbero ancora incominciare a cambiare delle cifre, se ce ne fossero l’intelligenza e buona volontà di una maggioranza di consiglieri. Delle quali l’evidenza dei fatti consente però di dubitare seriamente.

Ma proprio per questo la partita principale si giocherà a maggio, con le elezioni che restituiranno alla gente il potere di prendere il primo provvedimento indispensabile: sostituirli tutti, sindaco incluso. Con coloro che si impegneranno – da qualsiasi parte politica – ad affrontare seriamente e per prima la voragine del bilancio di sofferenza degli emarginati.

(P.G.P.)


© 25 Febbraio 2011

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