La Voce di Trieste

I paesaggi “Semi_Nascosti” di Serena Marcon

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La mostra è visitabile fino a fine febbraio presso l’Hotel Continentale

«Davanti ai miei quadri si deve mettere in gioco sé stessi: l’intento del mio lavoro è proprio questo, fare cioè una proposta comunicativa che lo spettatore deve poi rielaborare. Quando qualcuno mi dice di aver trovato qualcosa di sé nei miei quadri per me è bellissimo».

Serena Marcon spiega così la sua mostra Semi_Nascosti, visitabile fino a fine febbraio presso l’Hotel Continentale (via San Nicolò 25): opere non immediate forse, probabilmente non facili ad una prima visione, ma proprio per questo più interessanti e comunicative: « Una persona mi ha detto che ha provato fastidio di fronte ad esse e la cosa mi va benissimo perché non voglio che mi si dica che sono belli: non sono quadri da mettere sopra il caminetto, ma sono quadri da sentire».

Originaria di Quinto, Treviso, dove ha frequentato il liceo artistico, Serena Marcon si è trasferita a Trieste per studiare psicologia, un campo, come dice lei stessa, «che solo apparentemente è slegato dall’arte, soprattutto nel tipo di arte che faccio».

Nel 2005 entra in contatto con il laboratorio di Paolo Cervi Kervischer e prende il via una collaborazione artistica nata su un’affinità nel sentire e nell’affrontare l’espressione pittorica. La sua arte viene conosciuta dal pubblico attraverso numerose esposizioni: una delle più recenti la porta addirittura alla Galleria Santo Stefano di Venezia, la stessa dove esponeva Giorgio De Chirico.

A Trieste Semi_Nascosti è la sua prima personale, dopo aver partecipato a diverse collettive: «Ho chiesto all’Hotel Continentale e mi hanno dato questa opportunità – racconta Serena Marcon – sono molto nobili in questo, non tutti si prendono l’onere di affidare uno spazio agli artisti».

Nei quadri esposti una costante è il riferimento al paesaggio, rivisto e rielaborato dall’artista: «Sono nata e cresciuta a contatto con la natura – spiega Marcon – questo elemento rivive nelle mie opere: il paesaggio dal punto di vista emotivo, del sentire. Il titolo della mostra deriva anche da questo: il paesaggio che in alcuni si intravede, in altre è più nascosto, ma è comunque presente».

Ma la scelta del titolo è anche un omaggio a un grande pittore, Francisco Goya: «Trovo estremamente affascinante il suo Il cane – confessa Serena Marcon – Goya è riuscito a fare, nella prima metà dell’800, qualcosa che sarebbe stato raggiunto dagli espressionisti astratti solo negli anni ’50. È estremamente moderno, all’avanguardia ed era un mio desiderio omaggiarlo con questo titolo».

Opere, quelle di Serena Marcon, che possono apparire difficili, lontane dal comune sentire artistico: «Spesso i visitatori provano un senso di smarrimento di fronte al non figurativo – dice l’artista – forse perché persiste una sorta di difficoltà o pigrizia nell’affrontare un’arte come la mia. In un’epoca in cui tutto sembra veloce e facile, credo che quadri come i miei richiedano un attimo di sosta, uno sforzo nel mettersi in gioco e sentire ciò che il quadro esprime. Il figurativo è sicuramente più immediato, mentre io cerco di dare vita a un percorso comunicativo diverso che richiede una fatica nel guardarsi dentro e sentire l’opera».

Parlando degli spazi che la città dedica all’arte, Serena Marcon dice che «in generale gli spazi sono difficili da trovare se non si hanno i soldi per pagarseli. Questo – prosegue Marcon – è piuttosto triste perché rivela una scarsa attenzione alla cultura e all’arte e l’importante sembra essere solo il ritorno economico. A Trieste comunque esistono parecchie gallerie e credo che ci sia un’attenzione e un’apertura mentale interessanti».

Prima di concludere, Serena Marcon ricorda che «questo per me è comunque un gioco, non mi prendo troppo sul serio: è un divertimento, è la mia vita, lo prendo dal punto di vista ironico. È il mio spazio libero in cui sono onesta con me stessa e libera in quello che faccio».

Per maggiori informazioni: www.flickr.com/serenamarcon

 


© 22 Febbraio 2011

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