La Voce di Trieste

Politica italiana: cosa sta accadendo veramente

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Per gli analisti esteri di livello la politica italiana è sempre abbastanza sorprendente, ma lo è ancora di più la confusione babelica dei commentatori più o meno accreditati dei media nazionali, che spacciano sfacciatamente per analisi lo sguazzo ebete nelle burattinate di palcoscenico.

In una percezione pettegola ed ombelicale del Paese che ignora sia i movimenti reali di fondo, sia il contesto internazionale, e sommerge quotidianamente i cittadini italiani in un flusso continuo di scemenze.

Flusso che sta raggiungendo livelli da record proprio con la crisi politica corrente, che non è quella di Berlusconi, ma dello scalcagnato regime bipolare voluto e formato da lui e dagli ex-comunisti.

Cosa sta accadendo dunque veramente in Italia? Semplicemente ed evidentemente quello che noi vi abbiamo già anticipato nei mesi scorsi. Ma è bene riassumerlo, con aggiornamenti.

La vera tenuta di questa democrazia italiana sorta dalle rovine della dittatura e della seconda guerra mondiale non è mai dipesa dagli equilibri politici interni del Paese tra destre e sinistre, ma dalla potenza strategica del suo contesto euroatlantico di appartenenza, che oggi si identifica nell’Unione Europea e negli USA.

È un contesto che tollera le corruzioni ed intemperanze politiche italiane finché restano un problema interno, ma quando debordano minacciando i suoi interessi strategici deve intervenire.

Le corruzioni interne della vecchia Tangentopoli sono state perciò tollerate durante tutta la guerra fredda, finché Craxi ha cominciato a spenderle per una propria politica estera destabilizzante, e con l’incidente di Sigonella ha superato il livello di guardia. Allora sono stati tolti i blocchi alla magistratura, che ha potuto finalmente fare il proprio sacrosanto dovere silurando ed affondando almeno l’apparato di superficie.

I poteri trasversali italiani sottostanti, mafie incluse, hanno quindi perfezionato e riciclato rapidamente il sistema utilizzando la gigantesca holding creata attorno al Berlusconi, che ne è sempre stato un veicolo, e non il leader che fa credere anche alle opposizioni.

Quando il suo gruppo ospitava ormai da anni le operazioni dell’organizzazione cosiddetta Gladio 2 sulla Slovenia (e la Croazia), Berlusconi la confondeva ancora con la Slovacchia. Ed avrebbe obbedito esattamente come Prodi quando Clinton ordinò di sbloccarne immediatamente l’ingresso nell’UE.

Anche la ripresa delle pressioni italiane sulle due repubbliche confinanti è avvenuta solo quando le amministrazioni Bush jr. hanno allentato l’attenzione di Washington sull’area.

Ora la politica italiana disturba internazionalmente a due livelli. Il primo è criminalistico: per salvare Berlusconi dai processi per i suoi precedenti imprenditoriali occorre, come si è visto, smantellare gli strumenti di polizia, giudiziari ed istituzionali che consentono la lotta contro le mafie. Delle quali l’Italia diventerebbe una zona franca compromettendo le difese antimafia europee e statunitensi.

Occorre quindi colpire nuovamente la corruzione, come sta accadendo, e ripristinare l’ordine costituzionale, come ha cominciato a fare efficacemente Fini da destra. Il tutto per arrivare ad un governo garantista di transizione, che ripristini una legge elettorale democratica affondatrice della tirannìa bipolare costruita sul prepotere di Berlusconi, sulle impotenze più o meno omertose degli ex-comunisti (isolando pure i brutalismi eccessivi dei capi leghisti).

Il secondo livello è strategico: la continuazione delle operazioni italiane sulla Croazia ed oltre (anche tramite particolari ambienti sloveni) disturba la stabilizzazione europea urgente dell’area ex jugoslava, che l’amministrazione Obama sta facendo avanzare anche con rapidi e clamorosi riavvicinamenti croato-serbi. Le operazioni italiane vanno quindi dismesse subito, come ai tempi di Clinton.

Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Giovanardi, sta appunto tentando di dimostrarlo con interventi stampa che smentiscono improvvisamente le rivendicazioni delle organizzazioni sinora finanziate ed accreditate da Roma. Qui qualcuno se ne sorprende, altri protestano, quasi nessuno ha capito.

Ma da tutti questi sblocchi di situazioni incancrenite, se le cose procederanno bene, Trieste potrà avere soltanto dei vantaggi. Ovvi, e non lievi.

© 4 Settembre 2010

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