Trieste, caso D’Agostino: emerge un’ampia rete di corruzione e disinformazione sul porto franco
6.6.2020: l’ex Presidente D’Agostino e il sindaco Dipiazza aizzano i portuali
Analisi di Paolo G. Parovel
Con delibera n. 233 del 23 marzo 2020 – notificata il 4 giugno per l’emergenza Covid-19 – l’Autorità Nazionale Anticorruzione – ANAC italiana ha annullato la nomina ed il contratto di Zeno D’Agostino a Presidente dell’Autorità Portuale di Trieste (“AdSp del Mare Adriatico Orientale”), avvenuta nel 2016, perché conferita in violazione di norme di legge (d.Lgs. 39/2013, art. 4.1.b). Il provvedimento è stato doverosamente eseguito dal Responsabile per la Prevenzione della Corruzione e per la Trasparenza (RPCT) della stessa Autorità Portuale.
Un provvedimento di normale applicazione della legge
L’annullamento della nomina di D’Agostino è soltanto uno tra i numerosi casi analoghi di applicazione della stessa legge, è impugnabile come gli altri davanti al giudice amministrativo, non produce nullità degli atti già adottati dall’Autorità Portuale, è un obbligo di legge privo di qualsiasi significato politico e non blocca il lavoro del porto.
La procedura era iniziata nel novembre 2019 a seguito di un dettagliato esposto probabilmente della Guardia di Finanza. La decisione è stata assunta dopo quattro mesi di istruttoria in regolare contraddittorio, durante la quale l’ANAC aveva informato tempestivamente dell’avvìo della procedura Zeno D’Agostino, che ha inviato a sua difesa una dettagliata memoria e l’ha successivamente appoggiata con un parere legale.
L’ANAC ha inoltre fondato la propria decisione finale doverosa su una previsione legislativa espressamente applicata alle Autorità portuali e su una consolidata giurisprudenza amministrativa (sentenze del Consiglio di Stato n.126/2018 e n. 2325/2019). Ed in questi casi la responsabilità della violazione di legge non è del funzionario rimosso, ma del Ministero che l’aveva nominato.
Il 4 giugno dunque, quando la decisione è stata infine notificata, l’esistenza della procedura di legge era provatamente nota da mesi sia a Zeno D’Agostino, sia ai suoi collaboratori coinvolti nelle attività difensive, e probabilmente anche ad ambienti economici, politici e sindacali interessati alle attività portuali. La notizia circolava da tempo anche in ambienti di intelligence.
Sino al 4 giugno non era perciò accaduto nulla di anormale: l’Autorità Anticorruzione italiana aveva applicato doverosamente la legge, come già in altri casi analoghi, la sua decisione era già prevista e comportava soltanto il commissariamento temporaneo della Presidenza dell’Autorità Portuale sino ad una possibile rinomina ex novo dello stesso D’Agostino, o ad una sua normale sostituzione con un altro funzionario dotato di competenze professionali equivalenti o superiori.
Il tutto, come detto, senza causare nullità degli atti già adottati da Zeno D’Agostino e quindi senza danno per l’Autorità Portuale, per l’attività del porto e per le imprese, né per i lavoratori portuali. E senza accuse od implicazioni di corruzione né a Zeno D’Agostino, né ad altri.
Non vi è stata nemmeno discontinuità sostanziale nella gestione dell’Autorità Portuale, poiché ne è stato subito nominato Commissario straordinario Mario Sommariva, Segretario Generale e braccio destro dello stesso D’Agostino, del quale ha immediatamente convalidato gli atti pregressi.
Non risulta, infine, che Zeno D’Agostino sia insostituibile sotto il profilo della competenza professionale. Non è l’unico né il massimo esperto di logistica disponibile a Trieste, in Italia, in Europa e nel mondo.
Per questi motivi la decadenza per legge di Zeno D’Agostino dalla carica di presidente dell’Autorità Portuale avrebbe dovuto suscitare soltanto normali reazioni di cortese rammarico dei suoi estimatori e di sollecito per la sua riconferma o sostituzione nei tempi più brevi.
Reazioni anti-legalitarie assolutamente anormali
A Trieste invece si sono scatenate reazioni assolutamente anormali di opposizione pubblica, immediata e violenta all’applicazione della legge e “caccia” a chi ne ha segnalata la violazione alla Guardia di Finanza.
Lo schema della reazione è perciò lo stesso della camorra nei quartieri popolari di Napoli contro chi denuncia o tenta di arrestare un latitante ricercato. Ma con tre differenze fondamentali e due analogie evidenti.
La prima differenza è che D’Agostino non è un latitante ricercato, e l’ANAC non gli contesta responsabilità civili o penali. È soltanto un funzionario incappato senza colpa in un’incompatibilità di legge della quale non deve rispondere lui, ma il Ministro italiano che lo aveva insediato nel 2016.
La seconda differenza è che a Trieste quelli che si oppongono all’esecuzione della legge non sono degli emarginati. Sono i vertici del sistema politico, economico, sindacale e mediatico locale e lo stesso D’Agostino, assieme a rappresentanti delle istituzioni.
Tra questi, il neo-Commissario Sommariva, il Sindaco, alcuni parlamentari e persino due ministri del Governo in carica, uno dei quali è triestino. L’altro non conosce la situazione reale ma sembra pronto anche a tentar di condizionare o eludere le decisioni della magistratura.
La terza differenza è che questa sollevazione anti-legalitaria viene giustificata e alimentata con una potente campagna organizzata di notizie false. Fanno credere infatti alla gente che D’Agostino sia vittima di oscuri complotti politici e che la sua sostituzione con un altro funzionario causerebbe danni gravissimi al porto, alle imprese ed ai lavoratori.
Il vero motivo per cui a Trieste il sistema di potere locale è disposto anche ad opporsi all’esecuzione della legge per non cambiare il Presidente dell’Autorità Portuale non può essere quindi lo sviluppo del porto. Il motivo vero è la paura che un nuovo Presidente possa bloccare e denunciare note attività illegali che D’Agostino invece consente.
D’Agostino infatti ha sinora consentito le operazioni provatamente illegali sul Porto Franco internazionale di Trieste per le quali l’Autorità Portuale, nella persona del suo Presidente, è citata in giudizio nella causa civile n. 5209/19 (LINK) e coinvolta dal 25 ottobre 2019, assieme al Sindaco ed a funzionari comunali, in una denuncia penale per falso e truffa a danno di enti pubblici (LINK).
In sostanza, si tratta di violazioni clamorose dello status giuridico, della gestione e della proprietà dei beni del Porto Franco internazionale dell’attuale Free Territory of Trieste a favore di alcuni potenti monopolisti locali, della Cina comunista e di enormi speculazioni immobiliari ed edilizie illecite a danno del Porto Franco Nord (detto anche “porto vecchio”).
La prima analogia con le situazioni di camorra sta invece nel fatto che queste violazioni sono consentite da uno stato notorio di debolezza e corruzione del tessuto politico-istituzionale, che a Trieste ha speciali implicazioni economiche e strategiche perché compromette la gestione del Porto Franco internazionale creato per i Paesi dell’Europa centro-orientale (quelli dell’attuale Three Seas Initiative).
La seconda analogia evidente con le situazioni di camorra è la “caccia” pubblica alla fonte ignota che ha denunciato la violazione di legge, con l’accusa di avere causato il presunto “disastro”. Il 6 giugno Zeno D’Agostino ha tenuto addirittura un comizio pubblico ai lavoratori portuali dichiarando di sapere quale sia quella fonte e minacciandola di punizioni. Al comizio di minaccia hanno partecipato anche tre pubblici ufficiali: il Commissario Sommariva, il Sindaco ed il Vicesindaco.
Il gruppo di lavoratori portuali che appoggia D’Agostino ha già bloccato illegalmente un ingresso del porto e minaccia ora di bloccare tutta l’attività portuale se i giudici amministrativi non sospenderanno l’esecuzione del provvedimento dell’ANAC.
Chi sono i difensori di D’Agostino
Gli attuali difensori autorevoli di D’Agostino sono gli stessi che hanno organizzato o appoggiato quelle operazioni illegali o ne beneficiano, e che nel 2014 e nel 2016 hanno favorito la sua nomina a Presidente del Porto, per sostituire la Presidente Marina Monassi che invece difendeva il Porto Franco internazionale.
La sostituzione era stata appoggiata con una lunga e violenta campagna stampa di denigrazione e diffamazione del quotidiano locale contro la Presidente Monassi per farla credere indegna. Lo stesso quotidiano ha poi condotto sino ad oggi un’opposta, continua campagna di esaltazione sproporzionata del lavoro di D’Agostino per farlo credere insostituibile. E l’opinione pubblica ha creduto ad ambedue gli inganni.
Ma l’illegalità di quelle operazioni è ormai perfettamente documentata e sottoposta alla magistratura, le conseguenti responsabilità civili, penali ed erariali sono ingentissime e non possono più venire evitate imponendo ai mass media il silenzio sull’argomento ed ottenendo da alcuni magistrati insabbiamenti delle indagini e deviazioni dei processi.
Il fatto nuovo ed i provvedimenti necessari
La novità non è dunque il fatto, previsto da tempo, che l’Autorità Nazionale Anticorruzione italiana ha dovuto annullare la nomina di Zeno D’Agostino per violazione di legge.
Il vero fatto nuovo è che il provvedimento dell’Anticorruzione ha fatto emergere come mai prima, a sostegno di D’Agostino, l’ampia rete locale di corruzione e disinformazione che parassita e blocca da decenni il Porto Franco internazionale di Trieste e favorisce ora la Cina con pericoli e danni gravissimi per la città e per gli equilibri economici e strategici euro-atlantici.
Come noto, gli amministratori primari dell’attuale Free Territory of Trieste e del suo Porto Franco internazionale per conto dell’ONU sono dal 1947 i Governi degli USA e del Regno Unito, che dal 1954 ne hanno affidata fiduciariamente l’amministrazione civile provvisoria al Governo italiano, e la difesa militare alla NATO (LINK).
La sostituzione di Zeno D’Agostino con un altro funzionario italiano non è inoltre sufficiente a sanare le violazioni, perché le leggi vigenti, che il Governo italiano è obbligato a rispettare, stabiliscono che il Porto Franco internazionale di Trieste dev’essere governato sotto il controllo di una Commissione internazionale da un Direttore che non sia cittadino dell’Italia o dell’ex Jugoslavia.
Il Governo italiano e già chiamato a rispondere in giudizio a Trieste (LINK) per violazioni del mandato britannico-statunitense, incluse quelle che sul Porto Franco internazionale che vengono commesse dal sistema di corruzione locale con l’avallo di Zeno D’Agostino, e per il tentativo di consegnarne illegalmente il controllo del porto alla Cina (LINK).
Ma vi sono anche le prove documentali che su queste materie la magistratura italiana in servizio a Trieste non è ancora in grado di garantire né la propria indipendenza, né l’applicazione tempestiva della legge.
Mentre il caso D’Agostino e le pressioni della Cina per ottenere il controllo del Porto Franco, o per bypassarlo dal porto del Pireo con la ferrovia Atene-Belgrado-Budapest, dimostrano che la cessazione delle violazioni ed il ripristino della legalità a Trieste sono sempre più urgenti.
Sembra pertanto evidente che a questo punto vi sono tutti i presupposti fattuali e giuridici per poter affrontare la situazione con rapidità ed efficienza affidando le indagini ad una seria Commissione d’inchiesta italiana ed internazionale istituita d’intesa fra i tre Governi amministratori.
© 10 Giugno 2020