“A un soffio dalla fine”, rinascere sull’Everest
Che cosa si prova a dover affrontare la morte imminente sul monte più alto del mondo? E quali sono le sensazioni dopo che quella fine , che appariva ormai sicura, quasi miracolosamente svanisce lasciando il posto a una nuova vita, una sorta di rinascita? Beck Weathers tutto questo l’ha vissuto sulla propria pelle quando la sera del 10 maggio 1996 rimase bloccato con decine di altri scalatori nella cosiddetta “Zona della Morte” in prossimità dell’Everest. La sua storia e quella tragica dei suoi compagni è al centro del suo libro A un soffio dalla fine. Il mio ritorno alla vita dopo la tragedia dell’Everest pubblicato da Corbaccio. L’opera, scritta con Stephne G. Michaud, e che ha ispirato il film Everest, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia di quest’anno, è un racconto emozionante e tragico, ma anche pieno di voglia di vivere e di saper approfittare quella seconda possibilità che a volte il destino concede a qualcuno. Se la triste vicenda della spedizione in cui morirono otto persone è già stata ripercorsa egregiamente da Jon Krakauer nel suo bellissimo Aria sottile, quello di Weathers è un libro che da quella tragedia prende spunto per una sorta di confessione di una rinascita che arriva al termine di un periodo non facile per il protagonista. Avvicinatosi all’alpinismo per fuggire da una grave crisi depressiva, Weathers divenne quasi vittima di quella passione che lentamente si era trasformata in ossessione fino a quel fatidico 10 maggio 1996 quando a casa, a Dallas, la moglie Peach ricevette due telefonate: nella prima il marito era morto, nella seconda no, anche se era meglio non illudersi. La moglie confessa nel libro che prima della partenza per quella spedizione la vita accanto al marito stava diventando sempre più difficile: “Beck viveva solo per la sua ossessione, e non avevo più speranze di far funzionare il nostro matrimonio”.
La scalata, la tragedia e il ritorno
Con una prosa coinvolgente e, a tratti, decisamente emozionante, Weathers ripercorre quella scalata e i momenti fatali delle ultime giornate per poi concentrarsi sul ritorno, un percorso assolutamente non facile, sia fisicamente che psicologicamente. I dubbi sul proprio futuro, sul rapporto con la moglie e con la famiglia attanagliano colui che per tutti appare quasi come un “miracolato”. Come avrebbe affrontato il mondo ora che quella passione aveva finito quasi per ucciderlo? Come avrebbe potuto ricominciare una nuova vita, come avrebbe curato le ferite non solo fisiche ed evidenti che quell’avventura finita male gli aveva lasciato dentro? Dubbi, speranze, piccoli miglioramenti e una vita nuova, diversa: Weathers riesce a trasmettere le sue emozioni e sensazioni coinvolgendo la moglie in un racconto che diventa la narrazione di una vera e propria rinascita. Bellissima la frase con cui l’autore risponde alla domanda se lo rifarebbe: “Anche se conoscessi in anticipo il mio destino, lo rifarei. Quel giorno sull’Everest ho barattato le mani con la mia famiglia, e il mio futuro. Ed è un baratto che accetto prontamente tuttora”. A un soffio dalla fine. Il mio ritorno alla vita dopo la tragedia dell’Everest è un libro estremamente coinvolgente ed appassionante, in grado di far rivivere i momenti più importanti di una vicenda al limite.
© 18 Settembre 2015