L’aldilà nelle culture antiche e moderne
L’aldilà è un tema che affascina e spaventa e conoscere cosa ci sia nell’altro mondo è una curiosità insita nell’uomo sin dall’antichità. Riti e cerimonie hanno accompagnato da sempre la dipartita dell’uomo e le varie culture hanno affrontato in modo diverso quel momento inevitabile della vita di ogni persona. Proprio su questo tema Franco Crevatin, docente di Linguistica e Antropologia presso l’Università di Trieste, ha curato un libro recentemente dato alle stampa dall’Eut – Edizioni Università di Trieste, Sguardi sull’aldilà nelle culture antiche e moderne (10 euro). L’opera si presenta come una raccolta degli interventi tenutisi in una giornata di studi a Rovigno presso il Centro di Ricerche Storiche, il 18 luglio 2014. Lo stesso Crevatin scrive nella premessa, “è nostro compito guardare al domani con occhi nuovi e senza dimenticare la parte migliore del nostro passato”. Sguardi sull’aldilà nelle culture antiche e moderne è quindi un viaggio nel tempo alla scoperta di quelle concezioni e idee che culture apparentemente diverse adottarono nei confronti dell’aldilà, di quel mondo dei morti che periodicamente entrava prepotente nella vita delle persone. All’intervento di Crevatin, impegnato in un’articolata e non sempre facile argomentazione sul concetto stesso dell’aldilà nel mondo antico, segue l’estremamente interessante scritto di Ivan Verč dell’Università di Trieste: il suo Aspetti dell’oltretomba nella cultura russa precristiana offre un’ampia panoramica sui riti e rituali che accompagnavano il trapasso nella russa prescristiana. Dai segni premonitori, come la presenza di determinati uccelli, ai diversi accorgimenti adottati dai famigliari del defunto per agevolare il passaggio dell’anima, Verč riesce a illustrare con grande precisione e capacità la convivenza, spesso conflittuale, “tra il paganesimo autoctono slavo […] e la nuova fede”, analizzando i diversi momenti della morte, della sepoltura e della separazione dell’anima dal corpo. Altrettanto interessante risulta poi il saggio di Katja Hrobat Virloget, dell’Università del Litorale, Capodistria, intitolato “Se caschi dentro arrivi all’Aldilà. Luoghi liminali del paesaggio nel folklore del Carso. Attraverso un’analisi tra folklore e archeologia, Katja Hrobat Virloget accompagna il lettore alla scoperta dei valori simbolici delle tante grotte presenti nel Carso. Antri bui e misteriosi, le grotte hanno da sempre assunto un ruolo importante nel folklore locale e in esse la popolazione locale ha visto (e forse vede ancora) luoghi legati alla morte e alla fertilità con al centro la Baba, cioè la vecchia, “figura arcaica mitica femminile con caratteristiche sia vitali, fertili che degradate, abominevoli, legate alla vecchiaia”. Citando zone e località che moltissimi triestini conosco e frequentano, come Gropada, Divača o Baovizza, la studiosa elenca leggende e curiosità legate al folklore che sono state tramandate nel tempo e che da sempre raffigurano le grotte come luoghi d’accesso a quell’altra dimensione che l’uomo percepisce come fine della vita o inizio di una nuova e diversa esistenza ultraterrena.
© 21 Maggio 2015