La Voce di Trieste

Trieste: il “sistema” di corruzione attacca il Procuratore Mastelloni

Analisi di Paolo G. Parovel

Il nostro giornale è in contrasto con le istituzioni italiane per la giurisdizione fiduciaria e non sovrana sul Free Territory and Free Port of Trieste. Ma è anche schierato a difesa della legalità e nella battaglia anticorruzione ed antimafia.

Se dunque il sistema di corruzione locale e la sua stampa attaccano un Procuratore italiano che fa il suo dovere a Trieste, noi denunciamo il “sistema” corrotto e difendiamo il magistrato coraggioso.

1. Un Procuratore senza compromessi

Dall’aprile scorso a Trieste è stato insediato come Procuratore capo Carlo Mastelloni, magistrato italiano celebre per aver svolto con successo indagini difficili e pericolose sul terrorismo, sull’eversione e sulle deviazioni dei servizi segreti.

Con l’inchiesta “Argo 16” aveva indagato anche su strutture coperte che poi deviarono il processo, e che includevano anche reti di potere trasversale corrotto a Trieste.

L’arrivo di Mastelloni a Trieste ha spaventato perciò queste reti, che sinora erano state protette costringendo la magistratura italiana a considerarle intoccabili, favorendo i magistrati, gli investigatori ed i giornalisti “amici” od obbedienti ed isolando quelli che resistono e tentano di fare pulizia.

È per questo motivo che a Trieste non è stato sinora possibile stroncare nemmeno le grandi corruzioni evidenti nei settori degli appalti, dell’edilizia e delle discariche, e procede indisturbata persino una gigantesca truffa a danno del Porto Franco internazionale e degli Stati che vi hanno diritti (leggi qui).

Il quotidiano di copertura e propaganda del “sistema” è da sempre Il Piccolo, con privilegi conseguenti che includono l’utilizzo abituale illecito ma sinora impunito di notizie segrete delle indagini della Procura.

2. Le prime reazioni del “sistema”

Il “sistema” locale ha tentato prima di evitare la nomina di Mastelloni, poi di ritardarne l’insediamento ed infine di isolarlo, dando invece la massima pubblicità stampa alle inchieste di un sostituto procuratore radicato a Trieste da decenni, dalle cui indagini proviene anche il maggior numero di notizie segrete pubblicate dal Piccolo.

Noi abbiamo già dovuto segnalare ai lettori ed alla sede giudiziaria competente, la Procura di Bologna, sia queste fughe di notizie, sia il fatto che quel Pubblico Ministero tenta di impedire al Movimento Trieste Libera di difendere efficacemente il Free Territory of Trieste ed il suo Porto Franco internazionale (leggi qui l’analisi più recente).

3. La direttiva del Procuratore violata

Il 10 agosto scorso il Procuratore Mastelloni ha avvisato con una nota scritta che la «serie di fughe di notizie» segrete delle indagini doveva cessare poiché «l’indagato è sacro e va tutelato come è da tutelare il segreto istruttorio», ed ha chiarito che «solo il Procuratore può dare notizie alla stampa» lo fa con mezzi ufficiali e non può avallare illeciti.

Il Piccolo ha pubblicato anche questa direttiva, ma ha continuato a pubblicare notizie segrete delle indagini, che i suoi fornitori hanno continuato a fargli avere perché il “sistema” locale era abituato da sempre a farsi beffe del Procuratore di turno. Ma questa volta hanno sbagliato.

4 . Gli avvisi di garanzia del Procuratore

A conclusione di indagini affidate alla Guardia di Finanza in collaborazione con un altro Pubblico Ministero (Miggiani) il Procuratore ha emesso avvisi di garanzia che contestano responsabilità in quattro episodi di fughe di notizie e nella loro pubblicazione ad un cronista giudiziario del Piccolo e a due investigatori: un capitano dei Carabinieri ed un vicequestore della Polizia di Stato.

L’accertamento delle responsabilità contestate a questi tre indagati rimane infatti competenza della magistratura di Trieste, mentre su ipotesi di corresponsabilità di magistrati locali sarebbe competente la Procura di Bologna, dove sono già in corso di valutazione segnalazioni documentate precedenti, incluse le nostre, su questo ed altro.

Per quanto noto sinora, l’ipotesi di reato formulata dalla Procura di Trieste sarebbe l’abuso di atti d’ufficio da parte degli investigatori ed il concorso del giornalista nel reato (artt. 326 e 110 del codice penale italiano), ma il procedimento potrebbe coinvolgere anche il direttore responsabile del quotidiano.La valutazione dei fatti e delle responsabilità penali delle persone spetta ora ai giudici, e la si conoscerà solo a sentenza.

Rimane comunque nota e documentata da tempo, anche in altri procedimenti giudiziari, la pubblicazione abituale da parte del Piccolo di notizie riservate delle indagini, che ha ingiustamente danneggiato cittadini, imprese ed istituzioni precipitando persone nella disperazione, in alcuni casi sino al suicidio (a Trieste e Monfalcone).

5. Il “sistema” di corruzione attacca il Procuratore con accuse false

L’aspetto di maggiore interesse pubblico della vicenda non è più, a questo punto, la fuga e la pubblicazione sistematica di notizie segrete delle indagini, ma un fatto nuovo molto più grave e significativo.

Il fatto nuovo è che il quotidiano, invece di passare in silenzio ai suoi legali anche quest’avviso di garanzia, l’ha utilizzato immediatamente per scatenare contro il Procuratore un attacco pubblico personale violentissimo, sproporzionato e con accuse false costruite per giustificare una sua rimozione politica.

Il vero motivo dell’attacco non è infatti il diritto o meno di pubblicare notizie segrete delle indagini, ma che Mastelloni è il primo Procuratore che dimostra il coraggio concreto di troncare a Trieste situazioni di illegalità consolidate su cui si regge il “sistema” di corruzione locale.

Questo significa però che il “sistema” di corruzione si ritiene abbastanza potente, protetto e motivato (si pensi al miliardo e mezzo della truffa in Porto Franco) da poter attaccare pubblicamente e far rimuovere un Procuratore con una costruzione di accuse false.

L’attacco del quotidiano al Procuratore conferma dunque l’esistenza del sistema di corruzione e fornisce tracce nuove per identificarne le reti attive e passive.

Analizzeremo perciò la struttura dell’attacco, ma per valutare esattamente il livello di falsità temeraria delle accuse contro il Procuratore occorrono alcune informazioni giuridiche preliminari sui reati contestati.

6. Il problema giuridico e giornalistico del segreto d’indagine

Occorre anzitutto comprendere che il segreto delle indagini preliminari non è censura, ma la condizione necessaria per impedire che le indagini vengano inquinate e che le persone indagate vengano danneggiate ingiustamente abusando della libertà di stampa.

Non esiste infatti un diritto d’informazione assoluto, poiché l’esercizio dei diritti collettivi è legittimo nella misura in cui rispetta anche i diritti fondamentali della persona, che anche il codice deontologico della stampa italiana vieta perciò di violare.

L’ordinamento giuridico penale italiano impone che le notizie e gli atti delle indagini preliminari debbano rimanere segreti. Violarne il segreto è reato, e lo commette non solo il pubblico ufficiale che li fornisce, ma anche chi li riceve, li utilizza e li pubblica.

La secretazione è disposta dall’art. 329, n. 1, del codice di procedura penale: «Obbligo del segreto1. Gli atti d’indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria sono coperti dal segreto fino a quando l’imputato non ne possa avere conoscenza e, comunque, non oltre la chiusura delle indagini preliminari.» e per consentire la pubblicazione di singoli atti in deroga è necessario un decreto motivato del Pubblico Ministero (art. 329, n. 2).

Il divieto di pubblicazione è ancora più rigoroso e stabilito dall’art. 114, nn. 1, 2 c.p.p. e seguenti: «Divieto di pubblicazione di atti e immagini – 1. È vietata la pubblicazione, anche parziale o per riassunto, con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione, degli atti coperti dal segreto o anche solo del loro contenuto. 2. E’ vietata la pubblicazione, anche parziale, degli atti non più coperti dal segreto fino a che non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell’udienza preliminare

Al magistrato, investigatore, funzionario o impiegato che vìoli queste norme si contesta (oltre all’illecito disciplinare: art. 115 c.p.p.) quale reato principale la «Rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio:Il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio, che, violando i doveri inerenti alle funzioni o al servizio, o comunque abusando della sua qualità, rivela notizie di ufficio, le quali debbano rimanere segrete, o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. Se l’agevolazione è soltanto colposa, si applica la reclusione fino a un anno.»(art. 326, primo e secondo comma del codice penale).

Se il fatto è occasionale, le responsabilità del giornalista e del direttore del giornale sono definite dall’art. 110 c.p., Pena per coloro che concorrono nel reato Quando più persone concorrono nel medesimo reato, ciascuna di esse soggiace alla pena per questo stabilita, salve le disposizioni degli articoli seguenti. (in particolare: artt. 112 – Circostanze aggravanti; art. 114 – Circostanze attenuanti). Se il fatto viene invece commesso ripetutamente, in forma organizzata e programmata, può venire contestata l’associazione per delinquere (art. 416 c.p.).

Il direttore della testata risponde penalmente della pubblicazione senza firma o per omesso controllo dell’articolo firmato, a meno che possa dimostrare che il giornalista lo abbia ingannato facendogli credere che non si trattasse di atti o notizie secretati, e che il fatto che lo fossero non risulti comunque desumibile dall’esame professionale doverosamente attento dei testi o delle immagini.

Il dolo delle parti si concreta nel fatto che il pubblico ufficiale consegni gli atti d’indagine o le notizie sui loro contenuti ad una persona nota quale giornalista, che essendo tale li riceve allo scopo di pubblicarli, e nel fatto che né il giornalista, né il direttore, possono ignorare le norme giuridiche e professionali sulla secretazione e sul divieto di pubblicazione di atti e notizie delle indagini preliminari.

Per sapere dunque se gli attuali indagati siano colpevoli dei reati ipotizzati a loro carico occorre attendere l’esito del processo, ma queste semplici informazioni giuridiche sono sufficienti per dimostrare due fatti essenziali.

Il primo è che giornalista ed il direttore di testata che violano il segreto delle indagini commettono reato, ne devono rispondere sia verso la legge che verso i danneggiati e non possono pretendere impunità e solidarietà invocando un diritto d’informazione assoluto che non esiste;

Il secondo è che le accuse pubblicate dal quotidiano contro il Procuratore Mastelloni sono false, gli autori non possono non saperlo e stanno tentando consapevolmente di ingannare l’opinione pubblica ed i decisori politici.

7. Struttura e contenuti dell’attacco stampa al Procuratore

L’attacco al Procuratore è sia attivo che passivo, perché alle accuse false e violente del quotidiano si è aggiunto il silenzio totale dei politici, dei pubblici amministratori e dei rappresentanti istituzionali, che avrebbero il dovere di riconoscere e difendere la legalità.

Il fatto che tacciano invece di dichiararsi solidali con il Procuratore aggredito è quindi eloquente e minaccioso quanto l’attacco temerario del quotidiano, ed i due fatti delineano assieme una situazione ambientale che ha profili tecnicamente mafiosi.

Il quotidiano ha attaccato pesantemente il Procuratore per due giorni, giovedì 29 e venerdì 30 gennaio, con uno schema di accuse false costruito per criminalizzare lui e scagionare gli indagati. Poi ha interrotto l’assalto in attesa degli effetti.

L’attacco è consistito nella ripetizione di uno stesso schema di accuse con una combinazione di articoli di cronaca ed interventi del direttore, del comitato di redazione e di sindacalisti, più pareri apparentemente autorevoli di un investigatore anonimo, di un ex ministro della giustizia e di un docente di diritto.

L’analisi dello schema d’attacco ne identifica 8 linee principali convergenti:

a) simulazione di un conflitto istituzionale: l’incriminazione del giornalista e dei due investigatori viene presentata falsamente come un attacco del Procuratore a Carabinieri e Polizia, sia nel titolo principale «Procura a gamba tesa su polizia e carabinieri» che nei testi: «uno scontro frontale tra Procura e forze dell’ordine» // «sembra un tentativo di tappare la bocca a stampa e a forze dell’ordine» // «Indagare un cronista e due ufficiali dei carabinieri e della questura non credo possa essere ascritto al rango dei buoni rapporti istituzionali.».

b) simulazione di incompatibilità fra Procuratore e Procura: vengono inventate un’ostilità del personale Procura verso Mastelloni, con titoli: «L’invadenza del procuratore capo – Malumori negli uffici tra il personale» e nei testi: «voglie censorie e dirigiste» // «è trapelato inoltre nei mesi come in Procura il clima non sia scevro di tensioni, anche per quanto concerne la componente degli amministrativi che mal sopportano questa situazione tesa» (alla Voce risulta invece che il personale apprezza il nuovo Procuratore).

c) simulazione di irrilevanza dei reati: la rilevanza dei reati e l’obbligo di perseguirli vengono falsamente negati con argomenti da apologia di reato (art. 414, comma III, c.p.): «Sono forse state tirate fuori carte segrete su stragi? Su progetti di attentati terroristici? Su possibili cupole e infiltrazioni mafiose sul territorio? Macchè, è solo robetta.» // «fatti di modesta rilevanza vengono sottoposti a sanzione penale» // «il dovere dell’azione penale è uno tra i tanti simulacri del formalismo giuridico italiano. Da perseguire a giorni alterni o a seconda delle condizioni meteo. // «In concreto, si tratta di una prescrizione velleitaria , perché inattuabile, e, proprio per questo, velata di ipocrisia. L’obbligatorietà è a parole, non nei fatti» // «Perseguire penalmente a ogni costo, senza tenere in debito conto queste e altre ragioni, alle quali dà voce, innanzi tutto, il buon senso, significa trascurare insegnamenti provenienti da una sapienza millenaria » // «Il caso in questione appare, da questo angolo visuale, incomprensibile, perché è la logica concreta più elementare che ne rivela la scarsa plausibilità. Appare tempo perso e tempo sottratto a indagini da orientare altrove» // «la democrazia è messa a rischio da una delinquenza che è sistema e contropotere, non dalla violazione del segreto d’ufficio, per vicende di ordinaria cronaca giudiziaria» //«le “fughe di notizie” appartengono strutturalmente e fisiologicamente alla relazione tra magistratura e stampa. Quanti sono i magistrati, e i pm, specificamente, che non hanno intrattenuto rapporti con i media, con ciò stesso rispettando il diritto costituzionalmente garantito all’informazione della pubblica opinione e alla trasparenza degli atti della pubblica amministrazione? Per dirla con Mozart, così fan tutte (le procure).»

d) simulazione di spese ingiustificate ed inefficienze: l’apologia dei reati viene utilizzata anche per accusare falsamente il Procuratore di sperpero di denaro pubblico e di inefficienza: «Un grande sforzo in termini di spesa pubblica e di uomini messi in campo per un’inchiesta minimal che ha portato a risultati modesti ma che farà seri danni.» // «ma il Procuratore voleva dare una lezione» // «Sarebbe forse più comprensibile tanto attivismo occhiuto, tanto impegno di pubblico denaro in intercettazioni telefoniche e pedinamenti se la Procura stesse conducendo delicatissime inchieste in materia di stragi, attentati, collusioni tra politica e criminalità organizzata.» // «la Procura prima di pensare di mettere il bavaglio alla stampa dovrebbe spiegare ai cittadini come mai molte inchieste a Trieste non hanno portato a risultati e quanti soldi pubblici sono stati spesi».

e) simulazione di inesistenza dei reati del giornalista (e del direttore): l’intervista all’ex ministro della giustizia italiano (G.M. Flick), definito “super partes”, viene utilizzata per far credere che, siccome il reato di abuso d’ufficio può essere compiuto solo dal pubblico ufficiale «un’altra persona, compreso il giornalista, può concorrere solo se venga dimostrato che abbia istigato il pubblico ufficiale in questione alla rivelazione della notizia. Per capirsi ancora meglio, la pubblicazione non costituisce reato, è un post factum. Il privato può concorrere al reato solo se, in base all’art. 110 del codice penale, istiga il pubblico ufficiale a rivelare, rafforzando o creando in lui la volontà di diffondere la notizia stessa.» // «In una materia come questa occorre una valutazione attenta della condotta di istigazione. Il giornalista che chiede “ci sono novità?, ad esempio, istiga? Certo, esiste la pessima prassi della rivelazione, ma pubblicarla non è reato, ai sensi dell’art. 326.»

Le tesi così attribuite all’ex ministro sono invece false, perché come abbiamo già visto sopra al punto 6, il concorso del giornalista nel reato in base all’art. 110 c.p. non richiede l’istigazione, ma soltanto il fatto ed il movente oggettivi della partecipazione, che si concretano nello scopo e nell’atto della pubblicazione, vietata espressamente dall’art. 114 c.p.p.

f) simulazione di attentato alla libertà d’informazione: la falsa tesi dell’inesistenza di responsabilità del giornalista (e del direttore) viene utilizzata per affermare falsamente che il Procuratore stia violando la libertà di informazione: «Il capo della Procura a Trieste, Carlo Mastelloni, ritiene ad evidentiam che i giornalisti – e con essi la pubblica opinione – vadano sistematicamente tenuti all’oscuro di ogni attività d’indagine.» // «C’era una volta la libertà di stampa.» // «il pesante attacco alla stampa da parte del Procuratore» // «Il sindacato: il procuratore vuol fare il cronista» // «Informazioni di garanzia a raffica a Trieste per sottoporre a ferreo controllo le notizie sulle attività giudiziarie» // «Il Procuratore Carlo Mastelloni ha deciso che i cittadini debbano essere informati di indagini, inchieste, arresti, esclusivamente quando e come decide lui e quindi si è mosso di conseguenza» // «Interventi, quelli di Mastelloni, che impiegano anche intercettazioni e pedinamenti pur di bloccare la possibilità dei cittadini di essere informati in modo corretto, completo e tempestivo» // «In queste ore a Trieste un procuratore sta tentando di mettere il bavaglio alle cronache giudiziarie del quotidiano locale.»

Le parti dell’attacco al Procuratore sottoscritte da sindacalisti e dal Comitato di redazione sono state pubblicate anche sul sito internet della FNSI-Federazione Nazionale della Stampa Italiana (link), affermando che avrebbero anche il sostegno dell’Ordine dei Giornalisti. Ma questo per il momento non ci risulta vero.

g) glorificazione del giornalista indagato: questi falsi presupposti sono stati rinforzati presentando come un merito la violazione della legalità e come un eroe il giornalista indagato: «il provvedimento nei confronti del cronista è anomalo» // «è un’altra medaglia appuntata sul petto» // «Tutte informazioni che ha appreso compiendo con impegno e scrupolo il proprio lavoro e che, correttamente, ha portato a conoscenza dei cittadini»» // «indagare un collega per aver fatto il suo dovere di cronista al servizio dei lettori rappresenta un’offesa prima di tutto alla Costituzione, ma anche alla categoria» // «il signor procuratore dispone la restrizione di elementari libertà per un cronista – che nulla più ha fatto che esercitare la propria professione.»

h) minaccia al Procuratore: l’intera costruzione aggressiva culmina con una minaccia grave e circostanziata che il 29 gennaio concludeva l’editoriale del direttore del quotidiano in forma oscura ai profani ma perfettamente chiara ai destinatari.

Ammonisce infatti, sotto il titolo «Magistratura, stampa e l’ombra della solitudine», che «Indagare un cronista e due ufficiali dei carabinieri e della questura non credo possa essere ascritto al rango dei buoni rapporti istituzionali. Ma se il signor procuratore decidesse di intercettare le telefonate e far pedinare pure i vigili urbani e la guardia di finanza e i suoi colleghi avrebbe buone probabilità di trovare altro materiale utile a questo fondamentale e prioritario filone di indagini. Magari rischierebbe poi di soffrire di solitudine.»

Tradotto in chiaro, l’avvertimento significava che se il Procuratore insisterà a voler applicare doverosamente la legge senza compromessi con il “sistema” di potere locale, nelle indagini potrebbero emergere anche responsabilità di investigatori degli altri Corpi e di pubblici ministeri, e tutti questi reagirebbero isolandolo nella sua stessa Procura: meglio dunque che smetta e si allinei anche lui ai desideri del “sistema” locale.

Per il giorno dopo il quotidiano ha anche scelto come illustrazione del secondo attacco una grande foto del pubblico ministero Frezza con il Procuratore in secondo piano, più due investigatori.

8. La gravità dell’attacco e dell’intera situazione.

La gravità dell’attacco è evidente, perché riconferma l’esistenza a Trieste di una situazione di illegalità consolidata che attraversa e condiziona anche la stampa e le istituzioni (in violazione della legge 17/1982 sui poteri trasversali coperti), e vuole isolare anche il nuovo Procuratore, che per quanto leale e capace potrà affrontarla efficacemente solo se gli si invia a supporto un’adeguata task force anticorruzione ed antimafia, formata con elementi nuovi e professionali.

Che dietro una facciata di quieta normalità Trieste sia parassitata da un potente sistema di corruzione locale collegato a quello italiano, protetto da impunità speciali e vero padrone del “Piccolo”, è il classico segreto del re nudo che tutti per calcolo o per paura fingono di vedere vestito.

Tranne La Voce di Trieste, unico organo d’informazione che indaga e denuncia apertamente questa situazione, e Roberto Giurastante, che come Saviano ha anche pubblicato le sue indagini in un formidabile libro-inchiesta, “Tracce di legalità”.

I nostri lettori sanno quindi bene che la rete di corruzione parassitica così scoperta e denunciata a Trieste si estende dalla politica alle istituzioni pubbliche ed all’economia privata, con intrecci mafiosi simili a quelli già emersi nell’Italia settentrionale.

Ma non lo sanno i lettori del Piccolo, che viene utilizzato da quella rete di collusioni per nascondere o manipolare notizie sugli “intoccabili” locali (leggi qui il “caso Dipiazza”), per fare i loro interessi e le loro campagne di propaganda (come per la truffa sul Porto Franco Nord) e per attaccare ferocemente con diffamazioni chiunque li ostacoli: un Procuratore capo coraggioso come una Presidente dell’Autorità Portuale capace, o un Soprintendente rigoroso, oppure noi, ma anche per censurare interrogativi antimafia rilevanti sul tutto (leggi qui).

Ed è lo stesso quotidiano che preso ora seriamente in fallo fa la vittima, strilla e minaccia pretendendo di coprire reati gravi con chiacchiere forvianti, accuse false e lezioni ingannevoli libertà di stampa.

9. I rimedi urgenti

A Trieste possiamo dunque avere opinioni contrastanti sulle questioni di sovranità e su quanto connesso (che non è poco). Ma dovrebbe essere evidente a tutti che per risollevare la città ed il porto è comunque necessario ed urgente liberarli con fermezza ed energia dal sistema di potere corrotto ed inetto che li parassita, e dal monopolio stampa del quotidiano che gli fa da arma.

Noi stiamo già lavorando per questo, e per questo siamo sotto attacco continuo: chi può si affretti dunque a dare una mano. E chi ha la coscienza pulita esprima almeno la sua solidarietà al Procuratore Mastelloni.

© 1 Febbraio 2015

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