La Voce di Trieste

Il rigassificatore va a Monfalcone?

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Governo e Gas Natural non l’hanno ancora detto, ma il rigassificatore progettato e bloccato a Zaule vorrebbero metterlo a Monfalcone.

Questo affermano fonti romane attendibili, secondo le quali vengono fatte o lasciate circolare il più a lungo possibile affermazioni depistanti che lo vorrebbe Koper-Capodistria (l’ha appena ripetuto Ettore Rosato) o che diventerebbe un impianto italo-sloveno-croato in mezzo all’Adriatico.

La verità è invece che le pressioni di lobby e di Stato hanno ottenuto da Bruxelles che sia un rigassificatore a terra, cioè il progetto di Gas Natural, in Italia per fornire anche l’Austria, e dunque sulla costa isontino-friulana dal porto di Monfalcone a Porto Nogaro. Che però ne resterebbero paralizzati, con problemi devastanti anche per l’ambiente marino, il paesaggio, le oasi naturalistiche, gli allevamenti ittici, la pesca ed i centri turistici della costa isontina e friulana.

Dovendo dunque sacrificare qualcosa (di altrui) agli interessi della multinazionale, i suoi amici politici vorrebbero finir di rovinare proprio Monfalcone, che ha già problemi grossi di banchina portuale, di impianti e discariche industriali inquinanti, e di inquinamento gravissimo dell’aria per la centrale termoelettrica. Rimanendo inoltre da comprendere come si pensi di poter risolvere il problema della clorazione devastante delle acque, e dei dragaggi continui necessari su quei fondali bassi e sabbiosi (pure inquinati) per il transito delle enormi navi gasiere.

Può sembrare dunque un assurdo, ma da un lato è evidente che Gas Natural dopo aver investito tanto per ammorbidire politici (con successo) ed opinione pubblica (invano) a Trieste non vuole mollare ed è pronta a fare pressioni pesantissime, anche giudiziarie, e dall’altro la notizia coincide perfettamente con la nostra analisi della risposta che il Ministero dello sviluppo economico ha appena dato al bravissimo deputato triestino di M5S Aris Prodani, che è riuscito a stanarlo con un’interrogazione ben calibrata e sparata al momento giusto.

L’analisi della posizione ufficiale del Governo

Prodani ha chiesto infatti al governo dove vuole costruire il rigassificatore, vista la vista la contrarietà delle popolazioni ed amministrazioni locali e della Slovenia alla sua ubicazione a Trieste. E la risposta del Ministero (letta da un sottosegretario politico ma scritta dai funzionari che contano) sembra insoddisfacente, ma se analizzata con attenzione rivela l’intero disegno di retroscena. Che oltre a Trieste interessa a questo punto anche l’Isontino ed il Friuli.

Occorre però leggere il documento per intero, traducendolo dal burocratese. Riportiamo dunque in corsivo virgolettato frasi del Ministero, ed in carattere diritto la nostra traduzione:

«Il progetto del terminale di Zaule risponde pienamente ai requisiti previsti per le Infrastrutture Strategiche previste dalla SEN- Strategia energetica Nazionale – approvata nel marzo scorso (2013, n.d.r) dai Ministri dello Sviluppo Economico e dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, per soddisfare le esigenze di diversificazione e di sicurezza d’approvvigionamento di gas, nonché per lo sviluppo dell’Italia come Hub sud-europeo.»

Tradotto significa: per il Governo italiano il rigassificatore a Zaule va benissimo, gli serve per rifornire l’Italia settentrionale e vendere gas ai Paesi vicini, e non gli interessa nulla dei problemi, danni e pericoli enormi che creerebbe a Trieste per non toccare i porti e le coste italiani.

«Inoltre, esso è già incluso, unico terminale di rigassificazione italiano, anche nella lista dei “Progetti di Interesse Comune” (PCI), recentemente redatta secondo il nuovo Regolamento N. 347/2013 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 17 aprile 2013, recante gli orientamenti per le infrastrutture energetiche transeuropee (TEN-.E). Tal elenco è stato fondamentalmente composto a partite dai piani decennali dei gestori delle reti energetiche ed integrato da richieste di inserimento di progetti effettuate direttamente dagli investitori privati.»

Tradotto significa: il Governo italiano e la multinazionale Gas Natural hanno già fatto includere il rigassificatore di Zaule tra i progetti prioritari di interesse europeo, prevenendo e scavalcando ogni obiezione di Trieste per farle imporre l’impianto da Bruxelles.

«Questi ultimi progetti sono stati vagliati da gruppi di esperti della Commissione in funzione dell’interesse transfrontaliero, requisito che ha ovviamente privilegiato le interconnessioni tra reti di Stati membri; nel caso di stoccaggi di gas e terminali di rigassificazione di GNL, che per definizione non possono che essere collocati nel territorio di uno Stato membro, sono stati mantenuti solo quelli per i quali le Autorità di regolazione abbiano attestato il beneficio transfrontaliero, circostanza che si è verificata, nel caso del terminale di Zaule, grazie all’intervento del Regolatore austriaco. Ai sensi del citato Regolamento è stato convocato, in data 6 giugno u.s., il cosiddetto Decisional Body, costituito dagli Stati membri e dalla Commissione, nel corso del quale il progetto è stato mantenuto nelle liste dei progetti di interesse prioritario europeo (PCI) redatte, nei mesi precedenti, dai gruppi regionali di cui fanno parte anche i Regolatori nazionali ed i Gestori nazionali delle reti.»

Tradotto significa: a livello internazionale il Governo italiano e Gas Natural sono riusciti a mantenere nella lista dei progetti europei il rigassificatore di Zaule ottenendo l’appoggio della rappresentanza dell’Austria (che avrebbe dovuto rifiutarlo perché il rigassificatore paralizzerebbe il terminale della TAL, l’oleodotto transalpino), e lasciando tutti i danni transfrontalieri alla Slovenia ed in parte alla Croazia.

«Per i progetti presenti, nell’ambito del citato regolamento comunitario 347/2013/CE, sono previste procedure autorizzative semplificate e la possibilità di ottenere limitati finanziamenti comunitari.»

Tradotto significa: Se il progetto rimane tra quelli europei potrà venire imposto dove si vuole scavalcando le procedure autorizzative normali e Gas Natural riceverà anche un finanziamento con i soldi dei cittadini europei. I politici locali che prima facevano finta di essere contrari solo per non perdere voti, potranno fingere di dover accettare un’imposizione dell’Europa e raccontare che almeno porta soldi europei (ma alla multinazionale).

«Lo scorso 24 luglio si è tenuta a Bruxelles la riunione del gruppo decisionale sul PCI che ha definito la lista dei progetti energetici che saranno sottoposti alla Commissione europea che adotterà la lista definitiva con atto delegato. In tale lista, nonostante il parere sfavorevole della Slovenia, è rimasto il progetto con il nome “Onshore LNG Terminal in the Northern Adriatic”.»

Tradotto significa: il Governo italiano e Gas Natural ci stanno riuscendo col trucco di cambiare il nome specifico dell’impianto di Zaule col nome delle sue caratteristiche generiche, in maniera da tenere aperte tutte le possibilità. E da poter utilizzare in quest’equivoco debolezze o corruttibilità di partiti e politici italiani e sloveni.

«Tuttavia si rende noto anche che si è svolta, il 12 settembre scorso a Venezia, la prima riunionee del tavolo di coordinamento a livello trilaterale (Italia, Slovenia, Croazia) di tutte le iniziative infrastrutturali nell’Alto Adriatico, come proposto nella riunione del Comitato Ministri di Italia e Slovenia nell’ottobre 2012, nel corso della quale sono stati esaminati tutti i progetti infrastrutturali dell’area tra cui, oltre quelli di interesse italiano, anche i progetti di terminali digassificazionein Slovenia nel porto di Koper, e nell’isola di Krk, in Croazia.»

Tradotto significa: il Governo italiano vuole farci ancora credere, nell’ottobre 2013, che se non si accetta il rigassificatore se lo prenderanno Koper-Capodistria o Krk-Veglia. Mentre ambedue le ipotesi, già improbabili (e la Slovenia non si paralizzerebbe l’unico porto), sono superate da tempo.

«Si fa presente, inoltre, che nella succitata lista il progetto è denominato come “rigassificatore in terraferma nel Nord Adriatico” proprio per tener conto di una sua possibile delocalizzazione nell’area del Nord Adriatico, come previsto dal decreto di sospensione della VIA: tale circostanza sarà valutata dal MATTM [Ministero dell’ambiente, ndr] alla scadenza del termine 18 ottobre fissato dal decreto, in funzione del verificarsi o meno di una delle due circostanze alternative previste nel DM (spostamento dell’impianto in altra località da parte della società proponente [Gas Natural Fenosa, ndr.] o revisione del Piano Regolatore portuale per tenderlo compatibile con la presenza dell’impianto).»

Tradotto significa: il rigassificatore rimane quello di terraferma voluto da Gas Natural, dunque non potrà essere sostituito con un rigassificatore moderno al largo (offshore). E siccome Slovenia e Croazia non lo vogliono, ma deve portare gas anche in Austria, potrà venire costruito solo a Trieste o lungo le coste del Friuli Venezia Giulia, escluse le località balneari.

«Al riguardo preme evidenziare che, considerato quanto già deliberato dall’Autorità Portuale di Trieste in merito alla incompatibilità della localizzazione del terminale nell’area portuale, e che la società proponente il progetto ha impugnato al TAR Lazio il decreto di sospensione della VIA [valutazione d’impatto ambientale, ndr] verosimilmente, alla data del 18 ottobre p.v., nessuna delle due ipotesi presenti nel DM [decreto ministeriale, ndr] di sospensiva sarà realizzata: pertanto, il Ministro dell’Ambiente dovrà pronunciarsi nel merito, confermando o revocando la VIA positiva a suo tempo adottata.»

Tradotto significa: la VIA positiva, che autorizzava cioè l’impianto era notoriamente affare da indagini penali, e l’allora ministro Clini l’ha giustamente sospesa per consentire all’Autorità Portuale di difendere Trieste. Ma se Trieste non lo vuole, e Gas Natural non chiede una localizzazione diversa (per la quale occorrerebbe una VIA nuova), il Ministero si riserva di decidere lui. E non dice come né dove.

«Nel secondo caso, con la revoca della VIA positiva, il Ministero dello sviluppo economico sarà nella condizione di dover rigettare la domanda di autorizzazione alla costruzione dell’impianto.»

Tradotto significa: il Ministero dello sviluppo economico non intende cancellare il progetto del rigassificatore di propria iniziativa neanche da Trieste, ma soltanto, e nemmeno con certezza, se il Ministero dell’ambiente ne annullerà la VIA specifica. Anche l’annullamento varrà solo perTrieste, e non per nuove ubicazioni isontine o friulane.

«Si precisa, infine, come anche sottolineato dalla Commissione tecnica VIA-VAS [valutazioni d’impatto ambientale e strategico, ndr]nel suo parere di supporto al DM di sospensiva, che non compete alle Amministrazioni specificare i siti dove ubicare i terminali di rigassificazione, essendo queste infrastrutture realizzate in regime di mercato libero da operatori privati che presentano direttamente istanze di autorizzazione sulle quali poi si pronunciano le amministrazioni competenti, locali e centrali, sulla base del rapporto ambientale e dei piani territoriali interessati.»

Tradotto significa: l’ubicazione dei rigassificatori viene decisa sulla base delle richieste ed intese private dell’impresa (qui la multinazionale Gas Natural) con le amministrazioni locali e centrali, e non sulla base dei principi e diritti democratici costituzionali. Quindi politici e impresa possono mettersi tranquillamente d’accordo anche contro la volontà della gente. Che potrà solo togliere il voto ai primi nelle elezioni successive, a misfatto compiuto. Peggio che con la TAV.

La conclusione nascosta

La conclusione nascosta del documento è che se il Governo ha ormai difficoltà ad imporre il rigassificatore a Trieste, dov’è stato bloccato dall’Autorità Portuale (mentre i politici facevano il doppio gioco) e la gente scenderebbe anche in piazza grazie soprattutto al sempre più forte movimento popolare indipendentista Trieste Libera. Roma e multinazionale pensano perciò di poter forzare poco lontano, su situazioni politiche meno particolari e più sotto controllo dei rottami della vecchia partitocrazia. Come appunto Monfalcone, la Provincia di Gorizia ed il Friuli.

Ma il Governo italiano si illude se pensa che queste popolazioni non si opporranno quanto quella triestina. E forse farebbe meglio ad iniziare subito una retromarcia silenziosa.

© 26 Ottobre 2013

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