La Voce di Trieste

“Storia di una capinera” al Politeama Rossetti

Fragile come una capinera, e rinchiusa come l’uccellino fra le grigie mura di un convento: così è Maria, nel celebre romanzo epistolare di Giovanni Verga che regala un affresco della Sicilia borghese ottocentesca, ma anche un toccante esempio di scrittura introspettiva, di critica sociale, di partecipazione per il destino dei più deboli. Storia di una capinera – di cui rimane memorabile la versione cinematografica di Franco Zeffirelli – è ospite della Stagione Prosa del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia dal 14 dicembre in un allestimento del regista Guglielmo Ferro: fra gli interpreti, Enrico Guarneri e Nadia De Luca. «Il mio pensiero non è imprigionato sotto le oscure volte del coro, ma si stende per le ombre maestose di questi boschi, per tutta l’immensità di questo cielo e di quest’orizzonte…» confida gioiosa Maria in una lettera all’amica Marianna: il colera incombe su Catania, le converse vengono restituite dal convento alle famiglie e la giovane Maria – dopo essere vissuta in clausura dall’età di sette anni – raggiunge il padre, la matrigna e la sorellastra Giuditta nella casa di campagna di Monte Ilice. Quei mesi di libertà saranno centrali per lo sviluppo interiore della ragazza, che scopre prima la bellezza della natura, poi l’amore – timido e corrisposto – per Nino. Un sentimento che conduce Maria a tragici turbamenti e imposizioni: il destino che la famiglia ha scelto per lei è infatti quello del chiostro, e Nino – destinato alla sorellastra – si adatterà presto all’idea di quel matrimonio. A Maria rimane il tormento di un amore così intenso e disperato da condurla alla pazzia. Storia di una capinera dunque attraverso la passionale narrazione della novizia Maria – nel riadattamento drammaturgico di Micaela Miano, per la messinscena di Guglielmo Ferro – stigmatizza il rigido impianto culturale e umano delle famiglie dell’epoca. Perché se Maria è vittima, non lo è dell’amore “peccaminoso” per Nino che fa vacillare la sua vocazione, ma lo è del vero peccatore ‘verghiano’ che è il padre Giuseppe Vizzini. «È sul drammatico rapporto padre figlia, sui loro dubbi e tormenti che si mette in scena la storia della Capinera» spiega il regista. «La stanza del convento è il centro della scena, Maria non esce da quella prigione, e il padre Giuseppe ne è il carceriere. Entrambi dolorosamente vittime e carnefici. Ogni evento che deflagra nella mente di Maria, ogni personaggio altro che scardina il viaggio del suo noviziato, sono elementi drammaturgici per sviscerare il dramma interiore di un padre che finisce per uccidere la figlia. È il racconto di legami infelici, di dinamiche familiari per noi oggi impossibili da immaginare ma che Verga racconta con l’inesorabilità di una condanna». Lo spettacolo è in scena da giovedì 14 fino a sabato 16 dicembre alle 20.30 e domenica 17 dicembre alle ore 16 alla Sala Assicurazioni Generali. I biglietti per lo spettacolo sono disponibili alla Biglietteria del Rossetti e nei circuiti consueti del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia: www.ilrossetti.vivaticket.it

© 14 Dicembre 2023

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