Bialystok, memoria d’Europa 1943-2023. Il discorso ufficiale di Antony Blinken.
Bialystok, memoria d’Europa 1943-2023.
Il discorso ufficiale di Antony Blinken.
Di Silvia Verdoljak.
Il 16 agosto 2023 si è tenuta in Polonia la commemorazione dell’80° anniversario della Rivolta del Ghetto di Bialystok contro i nazisti, seconda solo all’insurrezione del Ghetto di Varsavia dello stesso anno.
Prima dell’invasione la città di Bialystok aveva circa 107.000 abitanti, 50.000 dei quali di religione ebraica. Il 27 giugno 1941 i tedeschi imprigionano circa 2000 ebrei nella Grande Sinagoga della città e le diedero fuoco. Gli altri ebrei furono rinchiusi nel ghetto. Alle deportazioni ed allo sterminio ne sopravvivono soltanto 400, tra i quali Samuel Pisar, padre adottivo dell’attuale Segretario di Stato degli USA, Antony Blinken.
Alla commemorazione hanno partecipato l’ambasciatore degli Stati Uniti in Polonia, Mark Brzezinski, l’Ambasciatore di Israele in Polonia, Yacov Livne, le autorità civili e religiose della città ed in video lo stesso Antony Blinken. Pubblichiamo il suo discorso ufficiale in inglese, con la nostra versione in italiano. Il video, con sottotitoli in inglese e polacco, si trova sul sito del Dipartimento di Stato (LINK) e sull’account Twitter dell’Ambasciata statunitense a Varsavia (LINK).
Il libro di memorie di Samuel Pisar, “Of Blood and Hope” è pubblicato e reperibile anche in italiano da Sperling & Kupfer con il titolo “Il sangue della speranza”.
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DICHIARAZIONI VIDEO
ANTONY J. BLINKEN, SEGRETARIO DI STATO
BIALYSTOK, POLONIA
16 AGOSTO 2023
SEGRETARIO BLINKEN: Grazie per aver invitato me e la mia famiglia a presenziare con voi a questa solenne ricorrenza.
Ottant’anni fa, nessuno avrebbe osato immaginare un raduno come questo – sotto gli auspici del sindaco di Bialystok, alla presenza dell’Ambasciatore degli Stati Uniti in Polonia, di un ex ambasciatore della Polonia negli Stati Uniti, e con la moglie di Samuel Pisar – mia madre – insieme ai suoi figli e nipoti.
La sopravvivenza era semplicemente fuori portata quando, il 16 agosto 1943, centinaia di uomini e donne nel ghetto di Bialystok guidarono un’insurrezione contro i nazisti – una ribellione, per metterla come uno dei suoi capi, per decidere come, e non se, sarebbero morti.
Dopo aver stroncato la rivolta, i nazisti misero gli ultimi ebrei di Bialystok sui treni. Tra loro vi erano il mio padre adottivo, Sam, allora soltanto tredicenne, mandato a Majdanek; sua madre, mandata ad Auschwitz; la sua sorellina Freida, probabilmente a Theresienstadt.
Come possiamo comprendere quest’insurrezione dopo otto decenni? Io la considero uno dei moltissimi atti di resistenza degli ebrei nei ghetti e nei campi di concentramento della Germania nazista disseminati in Europa – un rifiuto della loro disumanizzazione, per riaffermare la propria dignità. Non azioni vane, ma atti di coraggio.
Atti come quelli del padre di Sam, David, che faceva uscire clandestinamente i bambini ebrei dal ghetto e vi portava dentro armi – motivi per i quali è stato infine denunciato alla Gestapo e poi torturato, ucciso e gettato in una fossa comune.
Atti come la decisione della madre di Sam, Helaina, nel giorno in cui vennero deportati, di costringere suo figlio ad indossare i pantaloni lunghi invece di quelli corti, nonostante il caldo cocente, per far in modo che assomigliasse più ad un uomo che al ragazzo che era, affinché i nazisti lo mandassero in un campo di lavoro forzato invece che in un campo di morte. Lui diceva spesso che quel giorno sua madre gli aveva donato la vita una seconda volta.
Anche per Sam vi sono stati molti atti di resistenza. Sopravvivere nel ghetto; fuggire due volte dopo essere stato mandato nelle camere a gas di Auschwitz – in un caso raccogliendo una spazzola ed un secchio, per fingere di essere stato mandato a pulire i pavimenti; e poi, all’alba d’un giorno di primavera del 1945, fuggire da una marcia della morte nazista sino a finire tra le braccia di soldati americani.
Non ha mai smesso di resistere – costruendosi una nuova vita, una carriera leggendaria, una famiglia, e trasmettendo ciò che aveva sopportato, dalle aule cittadine alle sale del potere.
Quando l’edizione polacca del suo memoriale è stata pubblicata la prima volta, negli anni ’80, ha fatto ritorno ancora una volta a Bialystok. Dopo aver parlato in una scuola superiore locale, gli studenti lo hanno seguito sino in strada.
Volevano che mostrasse loro dove si trovava il ghetto, ma anche sapere cosa avevano fatto i loro genitori e nonni quando le SS avevano radunato gli ebrei alla stazione. “Vi hanno offerto un sorso d’acqua?” Chiedevano gli studenti. “Hanno versato qualche lacrima?”.
Samuel ha continuato a raccontare la propria storia, nonostante riviverla fosse straziante, perché sentiva una responsabilità travolgente di far in modo che le persone non dimentichino mai, una responsabilità resa ancor più pesante dal fatto di essere il solo membro della sua famiglia d’origine – e di centinaia di studenti della sua scuola di Bialystok – ad essere sopravvissuto.
Man mano che perdiamo i sopravvissuti, la responsabilità di tramandare e di fare i conti con quella Storia passa a ciascuno di noi. Per questo motivo sono grato alla città di Bialystok, ai suoi rappresentanti, ed ai suoi cittadini che hanno ricordato questo giorno: uno dei passi che voi tutti avete intrapreso per fare in modo che le generazioni future sappiano cosa è accaduto in questo luogo.
Ad esempio, insegnare nelle scuole di Bialystok la storia accurata dell’Olocausto; invitare sopravvissuti come Marian Turski e Ben Midler a condividere la loro esperienza; o porre una pietra d’inciampo fuori dalla casa d’infanzia di Sam, con iscritti i nomi dei suoi familiari assassinati.
Gli Stati Uniti saranno sempre al vostro fianco per mantenere viva questa Storia. Stiamo facendo un altro passo in questo impegno, lavorando con il Congresso per investire un milione di dollari a supporto della creazione di una visita virtuale di Auschwitz-Birkenau, perché più persone che non possono recarvisi in visita possano provare l’indelebile impatto del vedere quel luogo.
Tanti più segni possono e devono essere ancora lasciati per educare le persone su questo capitolo di Storia dell’umanità. Perché come sapeva il mio padre adottivo, dire “Mai più!” non è una garanzia. Lo è, con le le sue parole, l’imperativo, “di fare tutto ciò che posso nella lotta per il trionfo della speranza sull’odio, sulla distruzione e sulla morte, forze che possono ancora, se non stiamo attenti, spingere l’umanità alla follìa.”
Per Samuel, “Mai più!” era anche un’esortazione a ciascuno di noi perché ponessimo quelle domande difficili, non solo per il nostro passato, ma per il nostro presente; non solo per gli altri, ma per noi stessi: quali sono i miei atti di resistenza? Cosa sto facendo per fronteggiare la disumanità?
Di tutti i suoi sforzi per resistere ai nazisti, quello che credo rendesse Sam più fiero era non solo sopravvivere egli stesso, ma l’atto d’amore di costruire una nuova famiglia ed instillare nelle vite di quanti ne facevano parte un senso di speranza, di libertà, di giustizia. Quella è stata la sua più grande vendetta contro Hitler.
Quindi io so che in questo giorno lui sarebbe particolarmente commosso dal vedere non solo sua moglie e due dei suoi bambini a Bialystok, ma anche tre dei suoi cinque nipoti – Arielle, David, Jeremiah – tutti impegnati a fare la loro parte per adempiere alla perpetua responsabilità che, insieme, ereditiamo: rendere reale il comandamento “Mai più!.”
© 19 Agosto 2023