La rivoluzione pacifica del non-voto alle elezioni italiane del 2018
Analisi di Paolo G. Parovel
La verità sulle elezioni nazionali e regionali italiane del 2018 è che il fronte di scontro principale non è più il conflitto interno alla classe politica per la spartizione dei voti, ma il conflitto esterno tra l’intera classe politica e la maggioranza degli elettori che la delegittima rifiutando di votare.
Questo significa infatti che chiunque vinca lo scontro fra i politici e i partiti non può avere legittimità democratica reale, perché rappresenta soltanto una frazione esigua dei cittadini. Il suo governo sarà quindi e comunque la dittatura di una minoranza politica sulla maggioranza. Cioè un’inversione evidente della democrazia.
I politici italiani ed i loro mass media tentano perciò di aumentare il numero dei votanti ripetendo ipocritamente che “il voto è diritto e dovere del cittadino”. Ma il diritto e dovere democratico di scegliere i propri rappresentanti non si esercita soltanto con il voto su un elenco di candidati precostituito. Si esercita anche respingendo l’intero elenco, se ve ne sono i motivi, con il non-voto.
In questo caso i motivi sono evidenti e drammatici: la classe politica che si presenta alle elezioni italiane del 2018 è la stessa che ha condotto sinora alla rovina l’Italia, i suoi cittadini e le sue imprese con una miscela abnorme di inettitudini, avidità, ipocrisie, retoriche e corruzioni, perpetuandosi con leggi elettorali sempre più scandalose.
I comportamenti irresponsabili di questa classe politica hanno trasformato inoltre l’Italia nel focolaio di destabilizzazione sociale ed economica più pericoloso dell’area strategica euroatlantica, con rischi particolari nel settore mediterraneo.
Il vero problema delle elezioni italiane 2018 è quindi se legittimare con il voto la classe politica attuale può interrompere oppure aggravare il disastro interno ed internazionale del Paese.
Non si tratta più nemmeno di distinguere tra le parti politiche italiane che hanno svolto sinora ruoli di governo o di opposizione, perché sono tutte corresponsabili attive o passive dello stesso disastro, né di scegliere tra le loro promesse elettorali.
Il disastro italiano, infatti, è divenuto ormai strutturale ed i rimedi possono essere soltanto drastici, come i tagli fiscali sul modello statunitense dell’amministrazione Trump. Ma occorre applicarli prima che il corpo economico-sociale italiano sia divenuto troppo debole anche per sopportare la cura.
A questo punto, dunque, il solo modo ragionevole in cui gli elettori italiani possono utilizzare lo strumento democratico del voto è quello di negarlo completamente a questa classe politica per delegittimarla, costringendo il futuro governo a dover tenere conto ogni giorno, e per ogni decisione, del dissenso concreto della maggioranza dei cittadini.
Questa è la sola forma di rivoluzione civile legittima e pacifica che, se verrà condotta con fermezza ed intelligenza anche dopo le elezioni, può contribuire in maniera decisiva a ridurre i rischi e rimediare i danni del disastro italiano attuale, che non è più tollerabile né per i cittadini e le imprese italiani, né per gli equilibri strategici euroatlantici.
Se queste motivazioni valgono per l’Italia, a Trieste il non-voto di protesta ha ragioni proprie altrettanto valide. L’estensione delle elezioni italiane all’attuale Free Territory of Trieste affidato all’amministrazione provvisoria del Governo italiano dai Governi statunitense e britannico per conto delle Nazioni Unite (LINK) è infatti illegittima quanto inutile.
È illegittima perché, come l’estensione a Trieste delle tasse italiane (LINK), vìola contemporaneamente il diritto internazionale, il principio giuridico fondamentale no taxation without representation e lo stesso ordinamento costituzionale italiano.
Ed è inutile, perché l’applicazione dei diritti economici e fiscali di Stato del Free Territory of Trieste, del suo Porto Franco internazionale e dei diritti connessi degli altri Stati, è obbligo giuridico internazionale consolidato che non dipende dalle decisioni di organi elettivi della Repubblica Italiana.
© 2 Marzo 2018