La Voce di Trieste

Luci e ombre di “American Idiot”

Recentemente la rivista musicale Rolling Stone ha stilato la classifica dei 50 migliori album punk rock di sempre: al primo posto svetta Dookie, disco che nel 1994 fece conoscere i Green Day al grande pubblico e, di fatto, permise alla band di Berkeley di lasciarsi dietro l’undergound californiano vicino alla Lookout Records nel quale erano musicalmente nati e cresciuti. Un salto di notorietà che in parte snaturò la natura prettamente punk rock del gruppo, ma che permise comunque di dare vita a nuovi progetti come, nel 2009, al musical American Idiot, tratto del loro omonimo album del 2004, e che è arrivato al teatro Rossetti giovedì 16 novembre riscuotendo un ottimo successo di pubblico, soprattutto giovane. E molto probabilmente era ai giovani e ai giovanissimo che American Idiot è destinato: non tanto per la musica, quando piuttosto per le interpretazioni degli attori che, a tratti, sembravano mettere in scena un episodio di qualche serie tv per teenager, stile Bayside School. La bella ed evocativa scenografia faceva da sfondo a un musical in cui i protagonisti, forse per la giovane età, mostravano una scarsa propensione al canto, nonostante le canzoni di Billie Joe Armstrong e compagni non siano brani così difficili e impegnativi. Salvo alcune eccezioni, riscontrabili soprattutto nella sezione femminile del cast, ai protagonisti mancava proprio la voce e il risultato è stato a tratti poco gradevole. Ma soprattutto è molto discutibile la scelta di non tradurre, magari con sopratitoli, le canzoni del musical: essendo parte integrante della storia e raccontandone alcuni momenti importanti, i testi delle canzoni erano infatti fondamentali per tutti coloro che non ne conoscevano il significato o avevano difficoltà a comprenderli in inglese. Non traducendoli è così andato in scena un musical monco: alla (poca) parte recitata non seguiva una parte cantata comprensibile a tutti, snaturando così il senso stesso del musical. Un plauso va alla band (chitarra, basso, tastiere e batteria) che ha saputo ricreare il suono pop dell’album. Un musical da cui forse si aspettava di più, ma che ha comunque scaldato la serata dei numerosi spettatori presenti, soprattutto di quelli più giovani.

© 17 Novembre 2017

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