Mostra di Guido Percacci
É stata inaugurata mercoledì 7 giugno, nella sede della Comunità Evangelica Luterana di Trieste (via San Lazzaro, 19) la mostra dei quadri del pittore triestino Guido Percacci: in mostra quasi una sessantina di dipinti a olio realizzati dal 1952 al 1995 e dedicati al ritratto, al paesaggio e alla natura morta. “Danzano le note nella vita di Guido Percacci – scrive Marianna Accerboni – accompagnate da tocchi di colore e di luce. La grande passione per la musica, ereditata dalla madre violinista, trova un contrappunto nella pittura, che si dilata nel momento in cui, a soli 43 anni, lascia la sua amata band di musica leggera, il “Carillon”, di cui era il leader e con cui aveva girato per vent’anni l’Europa, per far ritorno a Trieste. La stessa finezza d’intenti e d’espressione che il musicista inserisce nelle sue composizioni e negli arrangiamenti della grande musica leggera italiana, spesso ispirati al jazz, compare anche nella sua pittura, tesa a raccontare e interpretare, vuoi il paesaggio o il ritratto così come la natura morta, con eleganza, proprietà e professionalità, senza mai salire di un tono sopra le righe. Un talento naturale quello di Percacci, conscio della necessità di educarne gli esiti, così nella musica come in pittura. Le composizioni di fiori, frutta e pesci sono fini e felici, sia sul piano compositivo che cromatico, e altrettanto i paesaggi. L’Engadina ha la sua luce cristallina ma lievemente algida, vi si intuiscono i tramonti precoci; il Nord Europa, le sue brume e i suoi silenzi, il Carso, la sua solitaria riservatezza, Francavilla, la sua luce quasi mediterranea…ma il vero cavallo di battaglia è rappresentato dal ritratto, arte difficilissima e rara. Percacci, temperamento umano ed esuberante, colloquia attraverso la pittura con le persone che ritrae, sa istintivamente aprire lo scrigno dei segreti che ognuno di noi cela. Ma lo fa con delicatezza. Come nel caso della moglie Vera, di cui descrive la riservatezza e la serietà con pochi ineccepibili tratti mentre con la nipotina Fabrizia quasi “gioca”, inserendo nel ritratto, secondo la moderna tecnica del collage, i piccoli disegni della bambina; mentre per Sepp, il restauratore austriaco di tetti – giunto a Trieste per sistemare quello della chiesa Evangelica Augustana, cui il pittore e la famiglia appartengono – che è anche un appassionato scalatore, tende con il pennello una corda tra due campanili a bulbo, su cui l’alpinista veleggia, appeso. Simbolista, scherzoso, talvolta al limite dell’iperrealismo, l’artista ci dona in pittura e nelle composizioni musicali e negli arrangiamenti, la propria naturale inclinazione al sorriso, che convive però con il rigore. Attraverso il sorriso – conclude Accerboni – ha saputo mitigare nella sua vita anche qualche accenno di malinconia, come accade nei “Menestrelli ciechi”, dipinti nel ’79 dopo l’abbandono delle sue tournée musicali in Europa. Un altro stile – l’espressionismo figurativo – si affaccia allora nella sua arte sempre solare e amabile, passione che lo ha accompagnato per tutta la vita, anche nei viaggi più lontani” La mostra è visitabile fino al 19 giugno da martedì a venerdì 10 / 12.30, mercoledì e sabato 17 / 19.
© 8 Giugno 2017