La Voce di Trieste

Troppo italiani per essere liberi

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Il primo bisogno d’Italia è che si formino Italiani dotati d’alti e forti caratteri. E pure troppo si va ogni giorno più verso il polo opposto: pur troppo s’è fatta l’Italia, ma non si fanno gl’Italiani.

Sostituendo i termini Italia e Italiani con Trieste e Triestini, il risultato non cambia.

Il malinconico pensiero – attribuito a Massimo d’Azeglio, ma secondo alcuni formulato da Ferdinando Martini – è stato scritto 127 anni fa ed è ancora lettera morta. Nella sua versione triestinizzata non avrebbe verosimilmente maggior successo. L’unico modo per farlo funzionare è parafrasarlo brutalmente: Diventate un popolo emancipato e responsabile, e ovunque vivrete, quello sarà un territorio libero.

L’idea che possa costituirsi un Territorio Libero di Trieste è superba. Giuridicamente ancora non si è ben capito se sia praticabile o no, ma ciò è irrilevante: perché un territorio sia davvero libero dovrebbe prima di tutto essere abitato da liberi cittadini, nel senso di liberi mentalmente. Il problema è che quelli che sperano nel TLT non sono diversi da quelli che non ne vogliono sapere. Sempre di triestini si tratta.

Questi cittadini che anelano a un territorio libero, esattamente come quelli a cui non gliene frega niente, ogni giorno quel territorio lo occupano con una moltitudine di automobili e scooter. Vogliono liberare Trieste ma la invadono e la avvelenano senza fare troppi complimenti. Riempiono con le loro carcasse di marca le strade, i marciapiedi, le piazze, le aiole, i cortili, i vicoli, ciechi o no che siano. Qualunque tipo di veicolo usino, lo fanno rigorosamente in disperata solitudine. Uno a uno è il rapporto dell’utilizzo medio urbano. Per andare a bere il caffè prendono la macchina (perché poi devo andare in città); per andare al lavoro non prendono i mezzi pubblici (perché poi devo andare in palestra); per portare i figli a scuola riescono a impilare automobili in terza o quarta fila (perché poi devo andare al lavoro e poi al bar). L’ONU può anche mandare i caschi blu a ripristinare la legalità del TLT, ma camionette e blindati resterebbero probabilmente bloccati nel traffico già in Viale Miramare.

Sarebbe un bel problema, perché i salvatori della Patria (un’altra? ce ne saremmo appena liberati di una bella ingombrante, e già bisognerebbe salvarne una microscopica) dovrebbero smontare dai mezzi per proseguire a piedi e chiedere informazioni ai passanti.
Troppi triestini, siano essi fervidi patrioti tricolori o novelli indipendentisti, non sono in grado di formulare una frase di senso compiuto in una lingua diversa dal dialetto o da un italiano con vocali stracotte e sintassi a soqquadro. E allora, il malcapitato peacekeeper pachistano che si trovasse a farsi spiegare in inglese da un Toio qualsiasi come arrivare al quartier generale di Trieste Libera in Piazza della Borsa, dopo un paio di tentativi infruttuosi lascerebbe perdere e proseguirebbe la sua marcia costeggiando buffet ed enoteche dove intanto triestini festosi e in età avanzata starebbero facendo la rivoluzione a colpi di calici di bianco e tartine al baccalà. Quelli più giovani, a raffiche di Spritz Aperol e altre pozioni fosforescenti.

E coloro che vogliono un territorio libero saranno mica gli stessi che, né più né meno di quelli che ancora adesso credono che l’Italia sia una cosa seria, affollano i supermercati le domeniche e tutte le feste comandate, e i centri commerciali a tutte le ore, contribuendo concretamente alla riduzione della libertà di se stessi e di coloro che in queste cattedrali al neon sono costretti, in cambio di uno stipendio offensivo, a officiare consumistiche messe nere?

Un territorio è libero non solo in virtù di una qualche autorità che lo decreta, anche perché già il fatto che ci sia un’autorità di mezzo rende un po’ incerti i contorni del concetto di libertà stesso, ma innanzitutto perché i cittadini che lo popolano devono avere una visione del mondo e un senso di responsabilità civica molto evoluti e lungimiranti rispetto a quelli convenzionali.

E invece i triestini sono quelli che, insieme agli italiani, per decenni hanno espresso le classi politiche più disgustose e retrograde di tutto l’emisfero boreale. Se la scelta di questi cittadini è immancabilmente caduta su ceffi che, quando è andata bene, si sono limitati a far franare un’intera economia rendendo però prospera la loro e proclamando che la cultura è cibo per fessi, quali altri raffinati pensatori possiamo sperare vengano incoronati per amministrare una futura Trieste Libera?

Purtroppo i triestini, proprio come gli italiani, sono poco consapevoli e male informati. Sono remote le possibilità che una cittadinanza che si tiene al corrente prevalentemente per mezzo della TV, che legge poco i giornali – e tra i pochi che divora avidamente ce n’è uno che è piccolo e ridicolo, e un altro rosa che riesce a riempire quotidianamente le sue pagine di fumogeni – e che si indigna e si infiamma, appunto, solo se gli tocchi l’Unione e il calcio in generale, possa prendere in mano il proprio destino e cambiare le cose in maniera critica, pacifica e senza fanatismo.

La mania di abusare del mezzo di trasporto privato, la diffidenza e la sufficienza verso lingue e culture straniere, la dipendenza da consumo sfrenato e shopping compulsivo, la scarsa propensione alla lettura e il masochismo patologico che li porta a farsi governare sempre da buzzurri incapaci e corrotti è roba da italiani che i triestini condividono più che volentieri.

Allora, possono venire le Nazioni Unite con tutto il Consiglio di Sicurezza, l’Unione Europea e anche i cavalieri dell’Apocalisse, ma un Territorio Libero popolato di cittadini che hanno ancora uno stretto legame di costumi e assuefazioni con quelli da cui dicono di volersi dissociare non può proprio funzionare.

© 12 Ottobre 2013

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