Rigassificatore a Trieste, denuncia
di un illecito abnorme su mandato politico
La Voce indaga da tempo sulla pretesa della multinazionale Gas Natural di imporre alla città ed al porto di Trieste un rigassificatore inammissibilmente pericoloso e dannoso, e sulla sua insistenza nel tentar di forzare la contrarietà della popolazione e degli enti locali con inganni tecnici e pubblicitari associati a complicità politico-amministrative ed istituzionali.
E quest’insistere della multinazionale spagnola aveva già fatto emergere un’evidenza investigativa ed una direzione di accertamento che spostano il caso dall’indagine giornalistica a quella giudiziaria.
L’evidenza investigativa è che quell’insistenza ha costi elevati giustificabili soltanto nell’ipotesi che il progetto conti su appoggi riservati di ‘padrini’ abbastanza potenti da organizzare la prevaricazione delle resistenze locali legittime con operazioni politico-amministrative fraudolente a livello superiore. E gli accertamenti sono quelli di verifica dell’ipotesi a partire da una loro prima azione illecita.
L’azione illecita si è concretata dal 22 novembre, in abuso d’ufficio e falso in atto pubblico pluriaggravati, nella riunione della Conferenza di Servizi, cioè di amministrazioni pubbliche locali, che doveva decidere sul rilascio o no dell’Autorizzazione Integrata Ambientale – A.I.A. alla costruzione del rigassificatore.
Ma per comprendere l’accaduto e reagire con tempestività ed efficacia occorre farne chiarezza immediata rispetto alle informazioni ancora confuse ed incomplete di altri media e della politica locale.
Un illecito abnorme e senza precedenti
L’A.I.A. è l’atto amministrativo che sbloccherebbe senza necessità di altri accertamenti tecnici la realizzazione dell’impianto preteso da Gas Natural. E le amministrazioni locali che devono decidere nell’apposita Conferenza di Servizi sono tre: la Regione Friuli Venezia Giulia, notoriamente favorevole ed il Comune e la Provincia di Trieste, notoriamente contrari, con la partecipazione consultiva dell’Azienda Sanitaria.
Nella riunione decisoria l’Amministrazione Regionale si era fatta rappresentare da due funzionari e si è confermata favorevole. Mentre il Comune e la Provincia di Trieste, rappresentati da un assessore comunale ed un funzionario provinciale, si sono confermati contrari, e l’Azienda Sanitaria ha espresso riserve appunto sanitarie ed ambientali. La deliberazione era dunque negativa, con due voti contrari, uno solo favorevole e quelle riserve da approfondire.
Ma a questo punto i rappresentanti della Regione hanno dichiarato che i motivi delle opposizioni di Comune e Provincia erano “inconferenti” alla materia in deliberazione, ed hanno verbalizzato che per questo motivo la decisione si considerava favorevole ed assunta all’unanimità. Hanno cioè trasformato arbitrariamente, in abuso d’ufficio e con falso in atto pubblico, i voti contrari del Comune e della Provincia in voti favorevoli.
Ed i rappresentanti del Comune e della Provincia non hanno reagito all’istante per impedire doverosamente che si compisse l’illecito palese e gravissimo, a costo di chiamare i Carabinieri, ma sono rimasti a subirlo. Lanciando poi l’allarme a riunione conclusa e fatto compiuto.
Col risultato che ora ufficialmente il progetto del rigassificatore di Gas Natural risulta autorizzato da tutti e tre gli enti locali, e l’Amministrazione regionale potrebbe rilasciare subito l’A.I.A. sbloccando l’approvazione governativa finale dell’impianto.
E questo sulla base di un atto deliberativo falsificato a questo a scopo dalla Regione stessa. Che dovrebbe invece revocarlo immediatamente, rimanendo perseguibili sia i funzionari responsabili, sia la catena di comando che abbia dato loro disposizioni di compiere un falso così palese ed abnorme da non poter essere loro iniziativa personale.
Coinvolgimenti ad alto livello
Ma l’ azione appare preordinata ad ancor più alto livello, poiché ci risulta essere stata utilizzata già il giorno dopo, 24 novembre, da rappresentanti italiani presso la Commissione europea che hanno chiesto di inserire subito il rigassificatore tra gli obiettivi prioritari del Piano energetico comunitario. Cioè tra le opere che i Paesi membri sono obbligati a realizzare nonostante le opposizioni locali.
E ne abbiamo potuta avere informazione tempestiva soltanto perché se ne sono accorti ed allarmati i rappresentanti della Slovenia, quale Paese confinante contrario all’impianto. Che sembra venga contemporaneamente sottoposta anch’essa a pressioni anomale per indurla a desistere.
La denuncia della Voce
A questo punto dunque la Voce chiede formalmente all’Autorità Giudiziaria locale e nazionale italiana di avviare sul tutto indagini penali immediate, a partire dalla falsa delibera di approvazione unanime dell’A.I.A., e di approfondire sin d’ora due filoni d’indagine particolari tenendo conto di due gravi motivi d’allarme sociale convergenti.
Il primo filone d’indagine è l’accertamento della veridicità e coerenza dei pareri asseritamente tecnici con cui l’Amministrazione regionale giustifica il proprio appoggio al progetto di Gas Natural nonostante il parere contrario tecnicamente motivato dell’Autorità Portuale, oltre che dell’apposito Tavolo Tecnico Rigassificatori Trieste.
Il secondo è l’accertamento dei motivi per cui sia tutti i politici locali e nazionali coinvolti, sia i comandi militari e di intelligence italiani continuano ad eludere il fatto decisivo – pubblicizzato dalla Voce – che quest’impianto di rigassificazione ed il traffico di navi gasiere trasformerebbero Trieste ed il suo porto in obiettivo terroristico primario facile e militarmente indifendibile. Ed è pertanto inaccettabile a livello di sicurezza europea e NATO.
I gravi motivi d’allarme sociale convergenti sono invece le debolezze ed inaffidabilità notorie della classe politico-amministrativa italiana, e le prassi operative già contestate a Gas Natural in altri Paesi, regioni e località che hanno classi politico-amministrative deboli ed inaffidabili.
La condanna internazionale del TTP
Le informazioni su quest’ultimo punto sono contenute nella sentenza di condanna etica – di cui la Voce ha già scritto – irrogata a Gas Natural dal TPP-Tribunale Permanente dei Popoli, organo internazionale formato da giuristi ed intellettuali, nella sessione di Madrid del maggio 2010 a conclusione di una lunga ed accurata indagine su violazioni dei diritti umani commesse nell’America Latina per interessi delle multinazionali e corruzioni politico-finanziarie interne ed estere.
La sentenza del TPP denuncia infatti pesantissime conseguenze anche di attività di Union Fenosa-Gas Natural in Guatemala, Colombia, Nicaragua e Messico, nell’esercizio di posizioni dominanti nella privatizzazione di servizi pubblici essenziali ottenute attraverso relazioni privilegiate con i governi di quei Paesi e complicità sia del Governo spagnolo che del sistema bancario multilaterale.
In Colombia il TPP le attribuisce in particolare legami con formazioni paramilitari e corresponsabilità in morti per folgorazione da degrado delle infrastrutture elettriche; in Messico l’attuazione rovinosa di interventi industriali non sostenibili; in Nicaragua gravi disservizi che generano disordini economici e sociali; in Guatemala, infine, l’erogazione monopolistica di servizi scadenti a prezzi insostenibili, che avrebbero causato sollevazioni ed assassinii di leader della protesta popolare.
Mentre in Italia cresce il rischio che tendenze analoghe di multinazionali discusse si possano imporre sul Paese approfittando della sua drammatica crisi etica, politica ed economica.
© 26 Novembre 2012