Corruzioni a Trieste: tre domande alla Procura
Su denunce vecchie e nuove contro operazioni della ‘cupola’ locale
Nella denuncia alla Procura di Roma sulla truffa gigantesca sul Porto Franco Nord (Punto Franco vecchio) di Trieste – si veda il nostro numero zero di presentazione – abbiamo già osservato che, qui come altrove, il problema della corruzione non consiste tanto nei singoli episodi di classica e varia rilevanza penale, ma nell’alterazione funzionale profonda dei tessuti istituzionali e politici che dovrebbero garantire quantomeno la legalità. Ed invece coprono attivamente e passivamente illegalità d’alto bordo che perciò crescono impunite.
È esattamente questo genere corruzioni che emerge prepotente da molti anni anche a Trieste, attraverso vicende che coinvolgono gran parte della dirigenza cittadina e vanno dalle gestioni degli appalti ad altri grossi interessi privati illeciti, tutti sistematicamente coperti o minimizzati dalla stampa di sistema.
Mentre la constatazione che non sembrino trovare mai sanzione giudiziaria proporzionale, o del tutto, ne scoraggia le denunce alimentando la sensazione che i potentati locali godano per i loro illeciti lucrosi di indulgenze particolari, negate invece a chi delinque per povertà ed emarginazione.
Nella denuncia alla Procura di Roma sulla truffa gigantesca sul Porto Franco Nord (Punto Franco vecchio) di Trieste – si veda il nostro numero zero di presentazione – abbiamo già osservato che, qui come altrove, il problema della corruzione non consiste tanto nei singoli episodi di classica e varia rilevanza penale, ma nell’alterazione funzionale profonda dei tessuti istituzionali e politici che dovrebbero garantire quantomeno la legalità. Ed invece coprono attivamente e passivamente illegalità d’alto bordo che perciò crescono impunite.
È esattamente questo genere corruzioni che emerge prepotente da molti anni anche a Trieste, attraverso vicende che coinvolgono gran parte della dirigenza cittadina e vanno dalle gestioni degli appalti ad altri grossi interessi privati illeciti, tutti sistematicamente coperti o minimizzati dalla stampa di sistema.
Mentre la constatazione che non sembrino trovare mai sanzione giudiziaria proporzionale, o del tutto, ne scoraggia le denunce alimentando la sensazione che i potentati locali godano per i loro illeciti lucrosi di indulgenze particolari, negate invece a chi delinque per povertà ed emarginazione .
Il problema è di gravità concreta e straordinaria, in sé e perché mina le basi stesse del sistema democratico assieme alla fiducia nella Magistratura quale garante costituzionale ultimo ed indipendente della legalità, anche a fronte degli abusi degli altri poteri.
Rimane perciò al ‘quarto potere’ della stampa libera, cui noi apparteniamo, il dovere e diritto di porle pubblicamente, in questo caso alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Trieste, delle domande di chiarimento rispettose ma ferme, e di ottenerne risposte pubbliche chiare.
Le nostre domande sono tre, e riguardano procedimenti penali noti ed eclatanti sull’operato in città in città di reti di potere trasversale forti ed insospettate. Ed il motivo è che in tutti e tre i casi la carenza di notizie legittime sugli esiti fa legittimamente temere che si trovino arenate, e che ciò ne possa favorire archiviazioni o prescrizioni indesiderabili.
Si tratta inoltre di vicende notorie perché noi, a differenza dalla stampa quotidiana locale, ne abbiamo informata l’opinione pubblica con due anni denunce stampa intense e documentate: nel 2010 sul nostro precedente settimanale “Il Tuono”, che vendeva oltre 2000 copie con locandine strillate in tutte le edicole, e nel 2011 sulla Voce in rete che ha superato i 14.000 lettori.
Mentre l’inerzia ed il silenzio significativo dei politici e delle istituzioni locali tenuti ad intervenire hanno consentito ai responsabili dei fatti di mettere addirittura sotto accusa noi per avere esercitato il diritto e dovere di diffondere informazioni a loro sgradite. Che così si confermano, oltre che vere, assolutamente necessarie.
Lo “scandalo Dipìazza”
Il primo caso è il cosiddetto scandalo Dipiazza: l’allora sindaco Roberto violando lo specifico divieto di legge (art. 1471 del Codice civile) si fece vendere nel 2005 un terreno del Comune e lo rivendette poi, con forte guadagno, al più grosso cartello di costruttori locale con cui la sua amministrazione era in rapporti, e del quale faceva parte un suo assessore.
L’operazione, benché palesemente illecita e senza precedenti in Italia, venne qui consentita, attuata e coperta attivamente o passivamente dall’establishment politico (opposizione inclusa), amministrativo e giudiziario (tavolare) locale, sia prima che dopo lo scoppio dello scandalo pubblico sulla stampa.
Ci risultano depositate in merito nel 2009-2010 tre denunce penali alla Procura di Trieste: quelle di Greenaction, a firma G. de Cola, e di Adriano Bevilacqua sulla compravendita illecita, e quella di scrive, estesa all’intera rete di coperture trasversali dell’operazione.
Con le tre denunce sono state depositate tutte le prove, che essendo costituite da atti pubblici comunali, notarili e tavolari rendono l’azione immediatamente procedibile.
Ma per tutte e tre non si hanno inspiegatamente ancora notizie di esiti o proroghe delle indagini, dopo anni e mentre avanzano i termini di prescrizione.
E ciò ha anche consentito al Dipiazza di azionare temerariamente contro di noi per asserita diffamazione una causa civile con richiesta di danni, che invece non si è arenata ed è ora in discussione.
Chiediamo quindi alla Procura di informare noi e l’opinione pubblica sullo stato di quei tre procedimenti penali nei confronti del Dipiazza e dell’anomala rete trasversale di copertura del grave illecito denunciato.
La speculazione edilizia di Rio Martesin
Il secondo caso è quello della speculazione edilizia di Rio Martesin, ora annullata con sentenza del supremo Consiglio di Stato: piccoli imprenditori romani del settore abbigliamento hanno tentato di costruire delle palazzine in un’area verde di pregio della periferia urbana eludendo l’obbligo di seguire l’andamento dei pàstini e sottraendosi a quello di valutazione d’impatto ambientale con l’espediente di ridurre la superficie complessiva dell’intervento reale dividendolo formalmente in tre progetti.
L’amministrazione comunale Dipiazza ha fatto passare egualmente i progetti, ed il sindaco in persona ha sospeso l’approvazione della variante di piano regolatore che li avrebbe bloccati,
approvandoli di fretta con quelli analoghi di altri costruttori, anche soci del cartello cui aveva venduto il terreno ex comunale del caso sopra detto.
Contro i responsabili della speculazione perciò illegittima ed infine cassata ci risultano
presentate alla Procura delle denunce penali, che in assenza di notizie si temono arenate nonostante la sentenza della suprema Corte amministrativa. Mentre la stessa Procura ha mandato avanti querele temerarie che le stesse ditte ha presentato contro di noi per asserita diffamazione.
Chiediamo quindi alla Procura di dichiarare anche lo stato di quei procedimenti penali apparentemente privi tuttora di esiti.
La truffa sul Porto Franco
Il terzo caso riguarda la colossale truffa speculativa edilizia ed immobiliare sul Porto Franco Nord (Punto Franco vecchio) ora denunciata alla Procura di Roma. I fatti erano e sono notori e perfettamente documentati da due anni e la Procura di Trieste ne aveva ricevuta nostra denuncia penale il 19 ottobre 2011.
Ma nonostante ciò ha organizzato e tenuto il 18 novembre, assieme al Tribunale, un convegno pubblico ufficiale sulla Giustizia utilizzando il Magazzino 26 del portofranco sulla cui occupazione illecita era tenuta già da quasi un mese a svolgere indagini , e che così appariva invece avallare. Situazione, questa, ancor più inquietante delle due sopra dette.
Dobbiamo peranto chiederle di dichiarare lo stato di quelle indagini, anche se ciò può sembrare inusuale per le timidezze servili troppo diffuse in questa città sotto pretesto di virtù.
Il tutto, ovviamente, nella doverosa certezza teorica, e speranza pratica, di ottenere le risposte soddisfacenti e tempestive richieste senza doverle ri-chiedere alle sedi competenza ulteriore.
© 10 Marzo 2012