Porto Franco internazionale di Trieste: denuncia a Roma per truffa allo Stato e legge P2, emerse connessioni con le reti nazionali di malaffare sui grandi appalti
Maxi-inchiesta della Voce
Come promesso, l’analisi-denuncia penale sulla tentata speculazione edilizia ed immobiliare a danno del Porto Franco internazionale di Trieste è stata fatta, e ne pubblichiamo i testi originali che potete leggere cliccando qui: l’esposto-denuncia principale di 26 cartelle ed una prima integrazione di 22, datate 10 e 27 gennaio, senza però la massa dei documenti di prova allegati per la Magistratura.
Si tratta del più grosso scandalo pubblico-privato mai emerso e denunciato a Trieste, con connessioni alle reti nazionali di malaffare sui grandi appalti. Vi consigliamo perciò di scaricare subito i due testi, sia per prevenirne censure illecite ma possibili, sia per poterli stampare e comunque leggere con tutta l’attenzione necessaria, dato che sono chiari ma complessi quanto il caso.
Assicuriamo che ne vale la pena, e speriamo apprezzerete il lungo e non facile lavoro d’analisi così compiuto a difesa di Trieste, del lavoro e della legalità. Ve ne diamo comunque qui di seguito anche i dati di sintesi essenziali.
La denuncia, perfettamente documentata, è formulata nelle ipotesi di reato di truffa pluriaggravata allo Stato ed a terzi in violazione di vincoli di diritto internazionale e della Legge n. 17/1982, ed è indirizzata al Procuratore della Repubblica di Roma per competenza alle violazioni di diritto internazionale, e perché i vertici della Procura di Trieste hanno utilizzato ufficialmente, assieme a quelli del Tribunale, l’area di Porto Franco in occupazione illegittima ad essi già denunciata (leggi qui).
La truffa pluriaggravata consiste nel tentativo, posto in atto con artifizi e raggiri amministrativi e mediatici, di occupare il Porto Franco Nord (Punto Franco vecchio) che è l’area più attrezzata e disponibile, ma anche più gradevole, del Porto Franco internazionale di Trieste, in violazione di fatto degli accordi internazionali che lo vincolano esclusivamente a tale uso produttivo, per realizzarvi invece, e perciò illecitamente, la più colossale speculazione edilizia ed immobiliare costiera d’Italia, da 1,5 miliardi di euro, spacciandola per “recupero urbano”.
Gli artifizi e raggiri consistono anzitutto nella serie articolata di atti amministrativi illegittimi di più enti locali organizzata per eludere tale status giuridico internazionale ? poiché come tale è sovraordinato e non modificabile o sopprimibile con atti amministrativi, né leggi nazionali ? e nelle campagne di stampa ingannevoli che hanno sostenuto l’operazione facendo credere all’opinione pubblica che questo Punto Franco fosse un relitto storico abbandonato ed inutilizzabile per gli usi produttivi del commercio marittimo internazionale, e che la cinta doganale di porto franco fosse un “muro” da abbattere per “restituire alla città” l’area, che in realtà non ne ha mai nemmeno fatto parte.
Il danno grave, minacciato ed in parte già arrecato, consiste nella sottrazione fraudolenta allo Stato italiano, nonché ai legittimi utenti internazionali e nazionali ed alla comunità locale, del possesso indisponibile, dell’esercizio economico produttivo, del lavoro e dei redditi attuali e potenziali di quei 70 ettari di area portuale extradoganale attrezzata.
Ed è provato in concreto sia dall’esistenza nella medesima area di legittime attività portuali in crescita (Adriaterminal) sia dal fatto documentato che risulta in realtà svuotata artificialmente ai fini dell’operazione speculativa illecita, cacciandone operatori portuali legittimi e bocciando i loro progetti tecnici anche recenti (2008) per la sua riattivazione portuale completa, che può creare una quantità straordinaria di nuovi e veri posti di lavoro ad ogni livello generico e specialistico.
Non vi è inoltre dubbio che si tratti di una sottrazione di beni produttivi pubblici primari per utilizzarli ad usi privati di lusso, dato che i progetti speculativi presentati a questo scopo risultano prevedere scandalosamente ? al posto di terminali, magazzini ed industrie in zona franca ? strutture ricreative e ricettive con alberghi e piscine, stabilimenti balneari, ristoranti, birrerie, locande, enoteche, centro congressi, centri musicali ed artistici, attività didattiche e formative, musei, mostre, centro commerciale per lo shopping, più residenze private, studi professionali e persino un campo da golf a nove buche.
La legge n 17 del 1982 è quella varata dopo lo scandalo della loggia pseudomassonica P2 e vieta le analoghe consorterìe d’affari trasversali tra funzionari ed amministratori pubblici, imprenditori privati ed operatori dell’informazione. E nel caso in esame la sua violazione è prefigurata sia dal provato carattere consociativo dell’operazione speculativa illecita, esattamente fra questi quattro generi di soggetti, sia dall’emersione documentata di suoi legami diretti ed indiretti sia con la ‘cricca’ o ‘P3’ dei grandi appalti di Angelo Balducci ed altri, sia con la ‘P4’ dei “poteri istituzionali” deviati di Luigi Bisignani ed altri. Tutte oggetto di indagini e procedimenti penali della magistratura italiana con sviluppi clamorosi a tutt’oggi.
Questi legami sono infatti emersi dopo il 10 gennaio, a seguito delle dimissioni da Segretario della Presidenza del Consiglio, per inspiegate regalìe da quegli ambienti, dell’avv. Carlo Malinconico. Risultato direttamente coinvolto anche nella vicenda in esame quale consulente e legale dell’Autorità Portuale di Trieste sotto la gestione Maresca, ed inserito pure nel consiglio d’amministrazione della multiutility locale AcegasAps con Massimo Paniccia (leggi qui). La cui discussa gestione, da mezzo miliardo di euro di debiti, finisce quindi per rientrare anch’essa nell’inchiesta.
Lo schema operativo del colossale tentativo di frode risulta inoltre strutturato due fasi. La prima fase, di organizzazione ed avvìo, appartiene alla gestione portuale Maresca (1999-2003) ed ha portato alla concessione illegittima dell’area per quelle opere non-portuali, incluso il campo da golf, a più soggetti eterogenei, con espulsione dei concessionari portuali illegittimi. Che sono ricorsi perciò al TAR ottenendo l’annullamento degli atti con tre sentenze, poi stranamente passate sotto silenzio.
La seconda fase, dal 2004 ad oggi sotto le gestioni portuali Monassi e Boniciolli, è consistita nel riavviare nonostante ciò l’operazione, ma puntando sulla concessione per 70 anni ? in pratica per sempre ? ad un soggetto unico più forte ed influente, autorizzandolo ad amministrare poi lui le concessioni agli altri. E bocciando illegittimamente a questo scopo nella gara d’appalto di concessione l’opposto progetto per il legittimo rilancio produttivo di porto franco, presentato con piena competenza tecnica da operatori portuali triestini e monfalconesi.
Il concessionario illegittimo attuale così premiato è il tandem di potenti costruttori Maltauro e Rizzani de Eccher attraverso l’apposita “Portocittà s.r.l.”. Con un atto di concessione che omette addirittura di menzionare lo status giuridico di Porto franco dell’area, ed è stato stipulato di fretta prima e senza che il Prefetto fornisse le informazioni antimafia dovute per legge.
Lo stesso tandem di costruttori è risultato già introdotto negli appalti portuali da Maresca sin dal 2001. E proprio col restauro allora inspiegato del Magazzino 26, poi utilizzato da loro stessi per le operazioni illecite di sfondamento “culturale” della barriera doganale col noto Vittorio Sgarbi (leggi qui), consentito ed ora prorogato con decreti dello stesso Prefetto e Commissario dal Governo, benché in carenza assoluta di poteri.
E negando addirittura alla stampa critica (noi) copia dell’ultimo decreto (leggi qui). In forza del quale “Portocittà”, d’intesa con l’Autorità Portuale, sta tentando ora di consolidare il fatto compiuto anche cacciando illegittimamente dall’area il gruppo Crismani (leggi qui).
Il resto è cronaca, ma non meno significativa a riconfermare che si tratta davvero del più grosso scandalo mai emerso e denunciato a Trieste. Che associa però agli aspetti penali clamorosi un aspetto politico e mediatico non meno grave: il fatto che via sia attivamente o passivamente coinvolta quasi tutta la classe dirigente locale in appoggio ad una colossale speculazione palesemente illecita per pochi a danno del lavoro per tutti, e che sia stato possibile ingannare in merito per anni l’opinione pubblica locale e nazionale.
Con un’informazione drogata che ha nascosto o minimizzato gli aspetti illeciti dell’operazione per anni, propagandandola con toni da televendita, e soprattutto attraverso l’uso anomalo di un quotidiano monopolista locale, il Piccolo, del gruppo Espresso – Repubblica che altrove garantisce una buona stampa d’inchiesta e di libera informazione. Occorreva che arrivassimo noi indipendenti della Voce, senza altri mezzi che l’impegno, il coraggio e la buona volontà, e stretti perciò da tutte le difficoltà conseguenti?
I nomi direttamente coinvolti nei fatti sono, come potrete constatare dalla lettura dei due atti, quelli noti di tre Presidenti del porto, un Sindaco ed altri pubblici amministratori, due Prefetti e Commissari del Governo ed un ministro, più i soggetti variamente collegati o collegabili alle nuove “P2” nazionali di varia caratura.
L’attribuzione di responsabilità penali, che sono di natura personale anche nelle forme consociative, compete invece ed ovviamente non al giornalismo investigativo ma alla Magistratura, che è la sola a poter determinare chi di lorsignori e signore possa avere agito od omesso di agire per dolo, colpa grave, o peggio ancora corruzione, e chi per semplice incapacità, ignoranza o leggerezza ignara.
Ma questa denuncia documenta con dolorosa chiarezza, oltre ai fatti specifici, anche la condizione reale in cui si trova la città di Trieste sotto gli strati superficiali di patine più o meno decenti: quella di una comunità impoverita, saccheggiata ed ingannata impunemente da attività parassitiche sfrontate, perché quasi tutti coloro che si fanno eleggere e stipendiare con la promessa di difenderla tacciono per debolezze e paure, oppure collaborano attivamente o passivamente al sacco.
Ed è davvero ora che l’indignazione crescente dei cittadini incominci a non dar loro più tregua.
Paolo G. Parovel
© 28 Gennaio 2012