Auguri e riflessioni di fine ed inizio d’anno
Editoriale
Auguri, tantissimi e a tutti. Ne abbiamo più bisogno che mai, ognuno di noi per le vicende di vita personali, e tutti assieme per le sorti dei livelli di comunità, da locali a globali, ai quali apparteniamo. E da tempi immemorabili ne è giusta occasione simbolica il culmine del ciclo astronomico annuale, manifestazione degli equilibri del cosmo che includono l’infinito e l’infinitesimo.
A livello di comunità planetaria stiamo vivendo una gigantesca, rapida deregolazione degli equilibri tra umanità e natura. La coscienza individuale degli umani attinge a dimensioni diverse da quelle della percezione fisica condivisa, ma il loro comportamento materiale rimane quello delle specie animali che perdono i rapporti di equilibrio con l’ambiente naturale, alterandolo per sovrappopolazione ed intossicazione sino a distruggerlo assieme alle proprie stesse condizioni di vita. E spezzare questo genere di spirali involutiva non è facile.
A livello di comunità statuali stiamo invece subendo anche in Italia gli impatti sociali concatenati, paese per paese, della perdita di quei rapporti di equilibrio. Che è determinata, in sostanza, dalla sostituzione delle società costruite sulla ragione con quelle condizionate da due forme di parassitismo, sull’ambiente e sull’uomo: il consumo industriale illimitato di risorse naturali limitate, e la sua manipolazione finanziaria deregolata. Ma siccome non riusciamo a superarle ci troviamo a dover tentare di contenerne i disastri secondo le loro stesse regole rovinose, cioè rincorrendo il genere di falso sviluppo che li determina.
E continuiamo pure, in Italia come altrove, ad interpretare queste realtà ed i loro problemi di governo con i relitti fallimentari di vecchie ideologie politico-sociali ed economiche, fondate su utopie dei ricchi o dei poveri. Senza tener conto delle informazioni correttive essenziali sull’uomo e l’ambiente che ci vengono dai progressi delle scienze naturali (dall’etologia comparata alle neuroscienze, alla fisica teorica) spesso anche a conferma di antichissime nozioni tradizionali disattese per culti irragionevoli di cosiddetta modernità.
Ed è così che dopo le illusioni ed i disastri storici delle ideologie politiche e pseudo-religiose, stiamo scontando dappertutto quelli finali delle ideologie economiche con le implosioni prima del collettivismo esasperato, e adesso del capitalismo finanziario. E con sofferenze che in Italia è fuorviante imputare all’attuale governo tecnico di emergenza, perché equivale ad accusare delle conseguenze di una catastrofe i gestori dei soccorsi, od il medico di quelle causate dalla malattia.
Al nostro livello locale, oltre a subire le tempeste globali, europee e nazionali, stiamo vivendo un collasso sempre più accelerato dell’economia e della società triestine. I suoi risultati concreti più evidenti e drammatici sono l’incremento abnorme della disoccupazione e della povertà, con la perdita mostruosa di 5.000 posti di lavoro ogni anno, causata dalla chiusura o disattivazione continua delle nostre risorse di lavoro ordinarie (industriali, commerciali, terziarie) e dal sottoutilizzo di quella straordinaria del nostro porto e Porto Franco. Che è addirittura minacciato dalla predazione speculativa edilizia ed immobiliare illecita sul Porto franco Nord (Punto Franco cosiddetto vecchio).
Le cause decisive di questo collasso economico non sono però esterne, ma interne alla città: i poteri locali sono finiti da lungo tempo in mano a squallide lobby parassite; la classe politica locale è quasi interamente paralizzata da troppe inettitudini e corruzioni impunite; mentre l’informazione pubblica dominante è divenuta disinformazione asservita a costoro. Togliendo così alla gente anche fiducia in sé ed il coraggio necessari per spezzare finalmente dal basso questa concrezione di camorre che copre, paralizza e sfrutta la città.
Ed in queste condizioni non abbiamo più non solo forza, ma nemmeno voce tra le realtà economiche circostanti ed attive del Nordest italiano e della Mitteleuropa. Mentre si tenta di dirottare artificiosamente sui porti veneti quell’asse di traffico adriatico-baltico che in via naturale dovrebbe invece rivitalizzare proprio il porto di Trieste.
Questa è la vera battaglia da combattere subito per Trieste, assieme a quella della solidarietà concreta, istituzionale e personale, verso le persone e famiglie in povertà. Ma si giocano ambedue sulla nostra stessa capacità di rimuovere, e abbastanza rapidamente, quelle cause interne di debolezza parassitata della città. Che altrimenti ci priveranno esse, e non fattori esterni, di qualsiasi futuro sereno e produttivo, sprofondandoci in ancor maggiore povertà, emarginazione ed emigrazione dei più nel benessere indifferente di pochi. E non dev’essere questo il destino di Trieste.
I modi e mezzi per reagire ci sono. Per prima cosa, grazie alla libera comunicazione in rete sta emergendo anche qui, come nel resto del mondo, quella nuova, forte corrente solidale di base che esprime indignazione razionale e spirituale affermando i valori e le libertà fondamentali della persona, dell’ambiente e del pensiero. Ed ha anche il coraggio morale e civile di esprimerli nelle piazze, superando i limiti costrittivi ormai sterili delle ideologie e dei partiti.
Ma ci sono anche risvegli di coscienza, intelligenza ed attivismo insperati. Ad esempio, con interessante paradosso politico, della crisi gravissima di Trieste sembra essersi reso conto ed occuparsi in silenzio molto più attivamente il nuovo e discusso vescovo Crepaldi che non il genere di sinistra radical-chic che lo attacca, ma continua a produrre chiacchiere invece che solidarietà sociale e progetti, ed appoggia persino la speculazione distruttiva sul Porto Franco; per non dire del genere di destra locale che sa solo starnazzare inculture politico-economiche condite di veteronazionalismo e neorazzismo.
La Voce di Trieste è nata e vive per aiutare la comunità cittadina e le singole persone con l’informazione libera e con le inchieste che sono state loro sinora negate dai media ‘di sistema’ sclerotici, condizionati e compromessi. Nel gennaio 2012 il giornale compirà un anno, dopo essere sorto in rete dai consensi e successi del nostro precedente settimanale d’inchiesta a stampa, che l’editore di allora aveva proditoriamente bloccato (ed affondato) per tentare di sfruttarli in una sua assurda campagna elettorale.
Grazie allo sforzo generoso e tenace di tutti i collaboratori, un anno dopo siamo cresciuti e stiamo lavorando per tornare anche in edicola questo stesso gennaio 2012, col numero di prova di un’edizione quindicinale a stampa che accompagni e completi il giornale in rete. Nonostante le ovvie difficoltà economiche dell’impresa, soprattutto in un momento di crisi cittadina a valanga. Ma è proprio la gravità della situazione che rende tanto più necessaria questa Voce.
E per reggere avremo bisogno dell’attenzione e dell’aiuto di tutti. Come della comprensione per le manchevolezze generate dalla fatica e dalle tensioni dell’affrontare, oltre ai problemi economici, le attività d’inchiesta con tutti i rischi e le esposizioni personali connessi, in una fase nella quale si hanno moltissimi consensi, ma nel concreto si è ancora in condizioni obiettive di solitudine operativa del gruppo redazionale.
In questi giorni l’A.L.I – Associazione Libera Informazione, che abbiamo costituito per editare il giornale e perfezionarne le battaglie civili locali e generali, sta facendo partire la preannunciata forte iniziativa penale fuori Trieste contro la tentata truffa speculativa sul Porto Franco Nord, ed altre sui troppi scandali amministrativi e politici indebitamente coperti.
Abbiamo pronte anche nuove inchieste vigorose sulla Ferriera, sulla conduzione inammissibile dell’Acegas-Aps, e sulla gestione particolare delle informazioni in argomento da parte del quotidiano monopolista locale Il Piccolo, anche ad interessante confronto con altre testate dello stesso Gruppo Espresso. Basta guardare sul serio dietro le quinte delle recite pubbliche locali per veder emerge una quantità insospettata di malaffari intollerabili.
Sono i malaffari che hanno ridotto e mantengono Trieste in questo stato, e non la si può guarire senza la terapia dell’informazione di contrasto vero: aiutiamoci dunque a produrla e diffonderla assieme.
Grazie ancora a tutti, collaboratori e lettori, ed auguri di tutto cuore.
Paolo G. Parovel
© 31 Dicembre 2011