Sul treno che da Torino porta Trieste
di CGiacomazzi
Tra telefono-dipendenti ed emozioni
Dal 13 dicembre (festa di Santa Lucia) Trenitalia ha inaugurato una nuova corsa Torino-Trieste: una Freccia Argento che parte da Torino Porta Nuova alle 15.05 e che arriva a Trieste alle 21.20 senza che il viaggiatore debba effettuare alcun cambio. Il prezzo non è economicissimo, perché stiamo pur sempre parlando di 60 euro, ma la comodità di non effettuare cambi, non ha prezzo. A Torino non sale praticamente nessuno, nemmeno alla stazione di Susa, la stazione sotterranea. Vercelli, Novara, tutte stazioni che vanno deserte. A Milano invece sale la crema, nel senso che l’occhio si rifà la vista: in maggioranza donne, giovani e vecchie ma tutte molto profumate e vestite in modo impeccabile. Quella che si siede di fronte a me è un vero spettacolo: occhio e croce sulla sessantina, capello tinto di biondo, per fortuna non con ricrescita. Tentativo di essere alla moda, con pantalone grigio, camicia a righine blu e bianche, maglioncino nero con manica a tre quarti. Scarpa: mocassino rosso bordeaux, un po’ vissuto. Forse è reduce da un corso di aggiornamento, forse in quel di Milano ha frequentato uno stage. Fatto sta che il suo sguardo è perso nel vuoto da parecchi minuti. Abbiamo passato Peschiera del Garda da un po’ e la signora non accenna minimamente a tirar fuori alcun libro o rivista. Ma come fa a restare così inerme? Dovrebbe prendere esempio dalla vicina di corridoio che, da quando è salita a Milano, non ha fatto altro che telefonare, indispettendo il vicino che tentava di leggere, senza speranza, un libro. In verità c’è qualcosa che ha tentato di fare: telefonare a qualcuno, che però non ha mai risposto. Il tutto condito da tosse secca e insistente non fa che corroborare l’immagine di una donna sola e forse nemmeno tanto felice. Particolare non da poco: leggermente (si fa per dire) sovrappeso.
La mia dirimpettaia nullafacente, ad un certo punto, stanca forse del nulla si alza e, incurante di occupare il corridoio e di intralciare il traffico si reca, con fare felpato, a chiacchierare con le vicine di poltrona, che probabilmente conosce, continuando a tossicchiare fastidiosamente. A Verona Porta Nuova altra gente sale e Trenitalia ringrazia. A Vicenza scendono parecchie persone, così a Padova. Ancora due ore e sono a Trieste. La telefono-dipendente è di nuovo con il cellulare in mano: è proprio un’irriducibile. Il treno corre e così i miei tasti sulla tastiera, sembrano non avere voglia di fermarsi. Continuo a scrivere. Padova, Mestre, Portogruaro. Ho gli occhi che mi si incrociano, ma non mollo. Monfalcone. E la frenesia m’assale. Tra non molto, dopo le prime gallerie, incomincerò a vedere le prime luci del golfo. Tutto ciò mi riporta in un lontano passato, quando da studente, dopo un fine settimana passato a casa, facevo ritorno, la domenica a Trieste, un po’ triste, per aver lasciato la famiglia, ma allo stesso tempo desiderosa di riabbracciare la città che ormai, per me, era diventata una seconda casa. E la stessa emozione mi assale ora, forte e prepotente, come un tempo. E come allora, anche adesso mi sento scissa: una parte di me è rimasta a Torino, l’altra vivrà qui a Trieste e nell’attesa che le due metà si ricongiungano, non mi resta che godermi il panorama: maestoso e brilluccicante come sempre. Siamo in arrivo a Trieste Centrale. Termine corsa del treno.
© 23 Dicembre 2011