La Voce di Trieste

Trieste: perché il Prefetto non può sospendere il regime di Porto Franco, e se lo fa incorre in reati

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Osservatorio – gli scandali sul Porto Franco

Ignorare le cose che non ti interessano non è certo una colpa. Ma lo diventa se le devi conoscere per il tuo lavoro. E questo vale anche per i politici che vogliono governarci: prima di trattare argomenti giuridici che non conoscono, devono avere almeno la decenza di studiarli. E da fonti adeguate, non da articoli e titoli di giornale.

È il caso della gran parte dei politici triestini e regionali  che appoggiano per calcolo o convinzione la colossale speculazione edilizia ed immobiliare illecita sul Porto Franco Nord (cosiddetto Punto Franco vecchio) della città, concretata in una concessione perciò illegittima, nulla ed impraticabile dell’area  per 70 anni ad una società apposita, la Portocittà s.r.l.

Capitanata dal potente costruttore Maltauro, che viene da Vicenza. Come Paolo Possamai, l’attuale direttore del quotidiano monopolista locale Il Piccolo, col quale pubblicizza l’operazione sulla debole Trieste con entusiasmi da televendita mentre su Repubblica celebra i fasti finanziari della forte imprenditorìa vicentina guidata da Gianni Zonin e dalla Banca Popolare di Vicenza.

 

Tra interessi privati e dell’industria veneta

L’interesse privato di Maltauro ed associati a realizzare l’operazione è evidente ed in sé legittimo, anche se non lo sono la concessione, gli atti preparatori e quelli che ne conseguono. Ma i politici ed amministratori pubblici dovrebbero stare dalla parte della legalità e del bene – appunto – pubblico, mica di quello privato. Ed invece quasi tutta la già abbastanza mediocre ed imbelle classe politica locale sta ad appoggiare inspiegatamente questa speculazione così palesemente illecita e dannosa.

Che consiste, in sostanza, nel togliere per sempre a Trieste metà del Porto Franco, e proprio la sua area più attrezzata, proprio nel momento in cui i porti franchi prosperano in tutto il resto del mondo, ed i traffici adriatici da e per la Mitteleuropa sino al Baltico possono ricominciare a crescere attraverso i loro porti naturali Trieste e Koper-Capodistria. E mentre la potenza industriale veneta di Vicenza,Verona, Padova e Venezia, tenta notoriamente di dirottarli sui suoi porti col favore del Ministero degli esteri. La concessione 70ennale a Maltauro e soci  è stata inoltre rilasciata dall’ex presidente dell’Autorità Portuale di Venezia, Claudio Boniciolli, divenuto presidente di quella di Trieste.

 

Pappagallismo politico e pressioni indebite

Ed a fronte di tutto questo la maggioranza dei politici locali, invece di difendere strenuamente il Porto Franco minacciato, stanno ripetondo come pappagalli ammaestrati, la scemenza colossale che il Porto Franco possa e debba venire sospeso sull’area dal Prefetto e Commissario del Governo, e poi spostato col placet del Ministero degli  esteri. Questa seconda fantasìa è di fatto impossibile, perché occorrerebbe un’area equivalente o migliore per spazi ed attrezzature, che a Trieste non non esiste. E la prima sta per finire travolta, come molti avranno ormai  compreso, da un’azione penale coi controfiocchi sull’intera operazione speculativa.

Ma intanto costoro premono, indebitamente ed anche pubblicamente insistenti, sul Prefetto Alessandro Giacchetti perché accetti di rinnovare e prolungare subito, con nuovi pretesti forniti da loro, la sospensione illegittima del Porto Franco. Quella già scaduta il 30 novembre, che lo avevano già incredibilmente spinto a concedere per la nota, apposita pseudo-biennale fallimentare di Sgarbi. Ed ostentano pure virtuosa meraviglia per il fatto che il funzionario, dopo aver ceduto inopinatamente quella prima volta, ora – stando alle cronache – temporeggia e tenta di scaricare il problema su Roma.

Eppure le sue ragioni sono evidenti: il Prefetto sa bene di non averne mai avuti i poteri, come neppure il suo predecessore, prefetto Giovanni Balsamo – ora a Cagliari – che ha inaugurato queste erosioni illegali  del Porto Franco Nord escludendone il Molo IV e parte dello Scalo Legnami, senza poi reintegrarli (assieme alla bretella stradale di Largo Santos) benché diffidato. Ed anche Giacchetti è stato diffidato a reintegrare doverosamente le vecchie e nuove aree violate (leggi qui)  ma non l’ha ancora fatto. Sicché a questo punto sembra evidente che ad impedirglielo  non sia la legge,  ma qualcosa e qualcun altro.

 

È in gioco il futuro del lavoro portuale di Trieste

Quanto ai politici cittadini e regionali che si rendono strumento anche di queste pressioni pubbliche indebite sul Prefetto, appare ovvio che se alcuni  di essi, o dei loro partiti, possono avere interessi propri nell’affare,  tutti gli altri non sanno semplicemente di che cosa stanno parlando, e probabilmente se ne informano soltanto dalle propagande del quotidiano, riciclandosele poi tra loro come dottrina. Tanto che se si trattasse di inezie varrebbe la pena di lasciar affondare anche loro nel gorgo penale di questa storiaccia speculativa abnorme.

Ma si stanno giocando, qui e adesso, i destini di lavoro portuale della città, che altrimenti continuerà a precipitare nella miseria dei più governata dal benessere indifferente di pochi, e per giunta inetti. Dobbiamo quindi tentar di spiegare almeno ai politici ignoranti in materia, ma di presumibile buona fede, perché il Prefetto e Commissario del Governo non ha e sa di non avere alcun potere di modificare il regime del Porto Franco di Trieste, su nessuna delle aree di Punto franco, e se lo fa incorre perciò in ovvi reati conseguenti.

 

Il Prefetto e Commissario non ha poteri sul Porto Franco

La tesi che egli  abbia quei poteri deriva da mera confusione ignorante o strumentale tra due funzioni prefettizie dal nome simile ma del tutto diverse, una speciale l’altra ordinaria: il cessato Commissario Generale del Governo per il Territorio Libero di Trieste (Zona A, con la città, il porto ed i cinque comuni minori finitimi), e l’attuale Commissario del Governo per la Regione.

Il Commissario Generale del Governo venne istituito nel 1954, per decreto del Presidente Einaudi, quale organo dell’amministrazione civile provvisoria italiana di Trieste che in forza del Memorandum di Londra sostituì (sino al 1977) il precedente il precedente Governo Militare Alleato. Era perciò dotato di poteri legislativi, che tra altro gli consentivano, in attuazione degli strumenti internazionali istitutivi  del Porto Franco internazionale di Trieste (Allegato VIII al Trattato di Parigi del 1947) di aumentarne se necessario quantità e superfici delle aree di punto franco, ma non di ridurle.

Il Commissario del Governo gli è invece subentrato dal 1963 con la costituzione della Regione Friuli Venezia Giulia, ed ha solo poteri amministrativi ordinari, che come tali non gli consentono affatto di modificare i provvedimenti legislativi del suo predecessore, come quelli sul Porto Franco, né di assumerne di propri che lo modifichino, in qualsiasi modo e misura. Non può cioè ampliarli, né tantomeno ridurli.

Lo stabilisce la legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, che approvando lo Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia, dispone all’art. 70, primo comma, che i poteri di amministrazione del Commissario generale di Governo per il Territorio di Trieste siano esercitati dal Commissario del Governo presso la Regione, con esclusione di quelli spettanti al Prefetto e di quelli trasferiti alla Regione, e ciò sino a quando non sarà diversamente disposto con legge della Repubblica (il che non è mai avvenuto).

Lo ha inoltre riconfermato al di là di ogni possibile dubbio la Corte Costituzionale già con sentenza n. 53 del 1964, rilevando che: «le norme contenute in quell’articolo […] comportano il passaggio dei poteri amministrativi dal Commissario generale del Governo al Commissario del Governo per la Regione, al Prefetto e alla Regione nell’ambito della rispettiva competenza […]. Ma comportano anche la cessazione dell’esercizio di ogni potere legislativo da parte del Commissario generale di Governo e del suo successore, il Commissario di Governo. […] I residui poteri di amministrazione del Commissario generale […] passano anch’essi a quest’ultimo […]».

Questo funzionario perciò meramente amministrativo non ha dunque i poteri legislativi necessari per modificare  i Punti Franchi di Trieste ampliandoli, ed anche se per assurdo li avesse non potrebbe ridurli.

Spiegata così, la cosa dovrebbe essere più che chiara anche ai nostri politici meno avvezzi alle questioni di diritto, ma rispettosi della legalità. Che a questo punto dovrebbero lasciare subito in pace il Prefetto, ed incominciare a dissociarsi dalla speculazione illecita, se vogliono almeno uscirne decentemente agli occhi sia degli elettori che della giustizia penale. E noi stiamo intanto a vedere chi e quanti saranno.

 

Creata una situazione grave di pubblico pericolo

I soli poteri di sospensone ed apertura temporanea del Porto Franco rimangono dunque quelli del Prefetto per situazioni d’emergenza  e pericolo immediate, e soltanto per la loro durata. E dobbiamo naturalmente sperare che a Trieste nessuno si metta ad incendiare o minare edifici per fare spazio a speculazioni su aree vincolate, come accade altrove in Italia. Ma non si può dimenticare che in anni non lontani sono avvenuti anche qui in circostanze quantomeno dubbie un grande incendio dei silos ferroviari di servizio del Porto Franco Nord, poi ceduti per progetti speculativi privati, nonché incendi e crolli nell’ambito dei contestati progetti di recupero della Città Vecchia.

E non si può soprattutto ignorare che adesso l’omissione inspiegata della chiusura doverosa dei varchi stradali illecitamente aperti su buona parte del Porto Franco Nord con l’ordinanza commissariale illegittima, scaduta dal 30 novembre, ha lasciato quella vasta area fuori vista completamente aperta, deserta, priva di vigilanza e separata dalle banchine e dai moli extradoganali solo con esili reti da cantiere, in alcuni punti addirittura aperte. Trasformandola così concretamente ed illecitamente in una “zona franca” accessibile giorno e di notte per ogni contrabbando e crimine possibile. E dove qualsiasi idiota può appiccare in qualunque momento incendi devastanti.

Noi abbiamo perciò provveduto il 14 dicembre ad avvisarne il Questore, che ha immediatamente allertato la competente sezione di Polizia Marittima. Ed assieme alla Soprintendenza è sinora il solo organo dello Stato che abbia fatto il proprio dovere, e tempestivamente, in tutta questa vicenda.

Ma la loro correttezza puntuale di servitori dello Stato e della legalità rende ancora più evidenti le scorrettezze ed inerzie degli altri organi pubblici locali, ponendo dunque interrogativi sempre più inquietanti. Che non è perciò doveroso solo pubblicare, ma anche inoltrare senza indugio alle Istituzioni dello Stato delegate alla ricerca  di questo genere di risposte.

E nessun politico o funzionario coinvolto venga poi a dire che non ne erano stati dati congrui preavvisi.

 

Paolo G. Parovel

© 20 Dicembre 2011

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