Crisi e Porto Franco di Trieste: il sindaco Cosolini studi il problema prima di finire coinvolto in reati
Osservatorio – Trieste, la crisi ed il porto
Trieste sta perdendo 5.000 ? cinquemila ? posti di lavoro all’anno (10 volte quelli della Ferriera) in un’emorragìa quotidiana silenziosa di piccole e medie attività che trasforma le vie cittadine in cimiteri di negozi: la città è in emergenza economica evidente, totale ed implosiva. Noi lo scriviamo ormai da un anno, e adesso lo gridano finalmente anche i sindacati.
Abbiamo anche già scritto che si deve perciò intervenire con soccorsi immediati e creando nuovo lavoro prima che quest’ondata di povertà senza precedenti sommerga altre vite e famiglie. Ma la classe politica locale continua a baloccarsi irresponsabilmente con le chiacchiere di sempre, senza avere progetti seri ed anzi favorendone di ulteriormente dannosi.
L’iniziativa del vescovo e i politici
Bene se ne è accorto il nuovo vescovo Giampaolo Crepaldi, esperto vaticano di dottrina sociale della Chiesa, che essendo del tutto estraneo alla città ha preso provvedimenti ecclesiali molto discutibili e discussi, ma ha anche percepito con immediatezza obiettiva questa schisi abnorme e rovinosa tra la realtà sempre più sofferente della popolazione e l’irrealismo fatuo dei suoi rappresentanti politici.
Il vescovo ha provato perciò ad organizzare degli incontri pubblici della Cattedra di San Giusto su “Come uscire dalla crisi”. E l’ultimo, lunedì 12 dicembre, era dedicato a sentire proprio i vertici politici: il sindaco Roberto Cosolini più i presidenti della Regione Renzo Tondo, della Provincia, Maria Teresa Bassa Poropat, e dell’Autorità Portuale, Marina Monassi (di nomina notoriamente politica invece che tecnica).
Con risultati agghiaccianti, perché tutti costoro invece di affrontare seriamente l’argomento della crisi del lavoro e proporre interventi adeguati hanno recitato i loro soliti compitini generici in politichese su scienza, turismo, cultura, bonifiche e urbanizzazione del porto franco, con qualche nuova stravaganza imbarazzante. Come le convinzioni della Presidente provinciale che qui la crisi sia ancora in arrivo, e che si debba sfruttare anche il turismo delle foibe. Mentre l’intervento della Presidente portuale ha avuto anche toni così puerili da far dubitare ancora più seriamente della sua adeguatezza all’incarico.
Due avalli allo scandalo del Porto Franco Nord
I soli elementi concreti, ma di aggravamento della crisi e delle corresponsabilità di questi politici, sono state alcune nuove dichiarazioni imprudenti del Sindaco e della stessa Presidente del Porto in appoggio ostentato allo scandaloso tentativo di speculazione edilizia ed immobiliare illecita sul Porto Franco Nord (c.d. “porto vecchio”).
Cosolini ha infatti assicurato che l’apertura (illegittima) della cinta doganale obbligatoria verrà ora prorogata di un anno, in attesa di trasferire altrove il Punto Franco su iniziativa del Ministero degli Esteri (che non ne ha il potere). Ma non ha spiegato dove attinga queste certezze, né la sua sorprendente convinzione che tutto ciò possa essere legittimo, e non venir perseguito.
Monassi ha aggiunto che siccome nella speculazione c’è anche il gruppo bancario Intesa Sanpaolo (con la Banca infrastrutture innovazione e sviluppo – Biis) adesso si attendono un aiuto dal nuovo Ministro dello Sviluppo Economico, delle Infrastrutture e dei Trasporti, Corrado Passera, che di Intesa Sanpaolo era Consigliere Delegato e CEO (Chief Executive Officer, equivalente all’Amministratore delegato) sino alla nomina ministeriale.
Monassi ha insomma affermato, nella sua veste ufficiale di alta funzionaria dello Stato, che il neoministro del governo Monti dovrebbe utilizzare il suo pubblico mandato per favorire interessi speculativi privati (e nel caso specifico illegittimi) del gruppo bancario che egli aveva guidato da libero professionista. Un’affermazione che esprime dunque un concetto della legalità assai particolare, sicuramente non condiviso dal Ministro e tantomeno dal rigoroso neopremier Mario Monti.
Quello che il sindaco non ha ancora capito
Cosolini invece, neosindaco di centrosinistra che per correttezza ed ordinaria amministrazione si sta dimostrando molto migliore del suo predecessore di centrodestra Dipiazza, ma pare lento e testardo a capire i grossi imbrogli, sembra non avere ancora compreso che col tentativo di urbanizzazione del Porto Franco Nord non ha ereditato un progetto di sviluppo, ma al contrario un’operazione speculativa parassitica da terzo mondo, o da terre di mafia: tipica cioè delle aree di più grave debolezza economica e politica. E pure illecita.
Si tratta infatti palesemente, e con pubblica evidenza dopo quasi due anni di nostre inchieste e denunce stampa documentate (dal maggio al dicembre 2010 in edicola, e qui in rete dal gennaio 2011) di una frode organizzata per sottrarre allo Stato, alla comunità locale ed agli utenti portuali e commerciali legittimi un bene produttivo demaniale primario vincolato da accordi internazionali, e di impadronirsene per realizzarvi una colossale speculazione edilizia ed immobiliare costiera perciò illecita.
E questo con l’inspiegata partecipazione attiva o passiva alla frode non solo di quasi tutti i soggetti politici locali, ma anche di quelli istituzionali ed amministrativi pubblici (esclusa la Sovrintendenza) che hanno il dovere di impedirla. I quali infatti hanno formato d’intesa tra loro un’apposita catena di atti amministrativi allo scopo di eludere o modificare, senza averne il potere, il vincolo giuridico sovraordinato di destinazione dell’area.
Atti che sono perciò tutti illegittimi e nulli: dalle deliberazioni urbanistiche e di pianificazione portuale specifiche alla concessione per 70 anni ai costruttori e banchieri di Portocittà (che perciò nulla possono pretendere), sino alle sospensioni arbitrarie del regime di Punto Franco, fatte firmare al Commissario del Governo senza che ne abbia i poteri nemmeno lui (ed è per questo che ora esita a rinnovarle).
E quello che dovrebbe finalmente capire
Per quanto riguarda Monassi, la sua dichiarazione incresciosa sul Ministro non fa che rafforzare la convinzione, espressa qui sin dall’inizio del suo mandato, che non possedesse nemmeno le qualifiche di legge per la nomina alla presidenza dell’Autorità Portuale e che vada comunque rimossa e sostituita prima possibile.
Spiace per contro che un sindaco per altri aspetti promettente come Cosolini non si renda ancora conto che l’operazione speculativa a danno del Porto Franco non è più, e da tempo, solo una questione di opinioni politiche, scelte amministrative ed articoli sul quotidiano locale, ma anche di reati, gravi e pure da manette.
E pare non aver compreso nemmeno che per riavviare rapidamente il Porto Franco Nord con attività portuali legittime creando una massa crescente di posti di lavoro per tutti, dal manovale generico al tecnico superqualificato, è sufficiente ricominciare ad offrirne seriamente gli spazi ed i benefici sul mercato internazionale, dov’è ora dimenticato soltanto perché reso assente da decenni, e non per caso.
Cosolini farebbe dunque cosa prudente a sospendere giudizi e dichiarazioni in merito per riesaminare l’intero problema con molta attenzione, senza più ascoltare consiglieri non disinteressati. E prima di compiere, al di là di altre dichiarazioni improvvide, atti concreti che possano rendere giuridicamente corresponsabili della frode lui stesso, assessori e consiglieri sul piano penale ed erariale.
Evitando così di trascinare in guai inutili un’amministrazione comunale nuova che ha ben altri compiti doverosi ed urgenti nei confronti di un numero crescente di cittadini per aiutarli ad affrontare questa crisi, altrimenti senza ritorno.
Paolo G. Parovel
© 13 Dicembre 2011