La Voce di Trieste

“Volare. Dal campo di Gorizia in giro per i cieli del mondo”

Il terzo romanzo di Marina Cerne e la sua passione per il volo

 

Presso il caratteristico caffè triestino Tommaseo (www.caffetommaseo.com), è stato presentato il terzo libro di Marina Cerne, intitolato Volare. Dal campo di Gorizia in giro per i cieli del mondo pubblicato per le edizioni Battello. Marina Cerne è stata funzionario in diverse Organizzazioni Internazionali e ha diretto l’Ufficio Formazione della Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale (SIOI) di Roma. Di questa società ha anche scritto la storia, I 60 ani della SIOI-cronache e memorie; pubblicista, ha, inoltre, collaborato con lo storico J. B. Duroselle nella redazione del volume Le conflit de Trieste 1945-1954. Recentemente Marina Cerne ha pubblicato due romanzi Dietro il cancello un mondo e Vagabondando, alla ricerca della propria strada nei quali racconta se stessa e le proprie esperienze.

Ora, con questo terzo romanzo, in 14 brevi capitoletti racconta con ironia ed entusiasmo e con grande precisione descrittiva, sia dei paesaggi che della sfera emozionale e sentimentale, un nuovo aspetto della sua vita, la sua passione per il volo nata in tarda età, come lei stessa non teme di spiegare.

Attraverso il racconto di varie occasioni di volo più o meno avventurose, divertenti e tragicomiche e attraverso la descrizione emozionata ed emozionante dei luoghi che questi voli le hanno permesso di visitare e osservare dall’alto (dalle Alpi Giulie alle colline circostanti Gorizia, dal litorale istriano alle isole del Quarnero, dalle Alpi Occidentali alle “white cliff of Dover”, dai Ghiacciai della Finlandia alle rocce dell’Arizona), Cerne comunica e trasmette al lettore questa sua passione per il volo, più che per l’aeronautica. Ed è capace di trasmetterla, questa passione, spiegando, specie in quel capitoletto “goliardico” intitolato Carmina Burana,  al di là delle emozioni e dell’entusiasmo, anche il significato profondo, la “filosofia” e, come lei stessa dice, quella “dimensione della mente” che sta alla base dell’azione di volare e ne costituisce, in sostanza, il significato più profondo: perché, dice Marina, “volare significa tentar di vedere le cose del mondo dall’alto: evitando le piccole beghe, gli inutili dettagli, i puntigliosi particolari che ti appesantiscono la vista”.

L’opera è molto curata dal punto di vista tipografico e arricchita dalle riproduzioni dei quadri di Argentina Cerne e di alcune foto di aeroplani, tratte da negativi del 1911, appartenenti all’archivio di Roberto Elifani. Il tono complessivo del romanzo, al di là di queste acute riflessioni, è di un’allegria tale da trasfondersi inevitabilmente al lettore. La Cerne infatti, proprio grazie a quella sua energia e gioia di vivere che l’hanno portata ad avvicinarsi in tarda età al mondo aeronautico, è riuscita a trasmettere ancora un volta un messaggio di ottimismo e di positività, lanciando quasi un invito a condividere quella sua capacità di assaporare e accettare la vita nella sua totalità; sia nei momenti in cui essa si rivela nella sua precarietà (ad esempio in volo in mezzo a una tempesta di neve o sperduti nella nebbia), che nei momenti più gioiosi e sereni (come durante i voli delle domeniche estive verso Lussino), ma anche nei momenti più tragici quale può esser la morte di un caro (“partito come desiderava lui: senza lunghe attese, direttamente con l’ascensore per il paradiso”).

© 5 Dicembre 2011

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