Illegittimo il tentativo dell’Autorità Portuale di estromettere Crismani dal Porto Franco Nord
di PGParovel
Attualità – Porto Franco Nord
Alla vicenda, già scandalosa e sub judice a livello nazionale ed europeo, della tentata urbanizzazione speculativa del Porto Franco Nord di Trieste (“porto vecchio”) si è appena aggiunto il diniego improvviso dell’Autorità Portuale di rinnovarvi la concessione in scadenza al Gruppo Crismani, che fornisce importanti servizi portuali da quasi mezzo secolo anche con un’apposita flotta di imbarcazioni specializzate il cui esercizio richiede 300 metri di banchine d’ormeggio.
Con una breve nota del 10 novembre l’Autorità Portuale presieduta da Marina Monassi ha infatti ingiunto alla Crismani Ecologia s.r.l., società del gruppo, di abbandonare dal 1° gennaio sede, rimesse e banchine, cioè il proprio stesso lavoro «In considerazione della prossima consegna delle aree attualmente occupate dalla S.V. alla Portocittà s.r.l., concessionaria del comprensorio del Porto Vecchio.»
Senza avere nemmeno assegnato alla Crismani gli spazi ed ormeggi sostitutivi che la stessa Autorità portuale si era formalmente impegnata da un anno o fornirle nel porto industriale: si leggano qui le informazioni che lo stesso Gruppo Crismani ha pubblicato come avviso a pagamento sul quotidiano monopolista locale Il Piccolo, che appoggia invece vistosamente l’operazione speculativa.
Questo secondo aspetto del caso è dunque un’inadempienza contrattuale evidente ed anomala in sé, che sommata allo sfratto improvviso minaccia la stessa esistenza dell’impresa, i suoi investimenti ed i suoi posti di lavoro nel porto di Trieste. Per motivi che rimangono da indagare, e con esiti che potrebbero comunque andare a favore indebito di qualche potenziale concorrente negli stessi servizi portuali.
Ma la chiave di volta del caso sta nel fatto che ogni atto amministrativo deve avere motivazione legittima, mentre quella che l’Autorità Portuale pone a fondamento del proprio diniego-ingiunzione è palesemente illegittima, perché fondata sull’esecuzione di provvedimenti amministrativi assunti in violazione conclamata del diritto interno ed internazionale (leggi qui).
E se tollerato quest’atto arbitrario dell’Autorità assumerebbe anche valenza generale di precedente amministrativo per il successivo allontanamento indebito dal Porto Franco Nord di ogni altra attività portuale legittima, extradoganale o meno, a favore della speculazione edilizia ed immobiliare urbana e di altre attività illecite nell’area.
Quello che l’Autorità Portuale non può non sapere
Marina Monassi, funzionaria polivalente laureata in biologia, fa notoriamente parte (e per la seconda volta) di una lunga serie di personaggi nominati al vertice del Porto di Trieste con scelta politica non legittima e funzionalmente insostenibile, poiché privi delle qualifiche necessarie previste dalla specifica Legge n. 94/1984. Che impone infatti espressamente la scelta del presidente soltanto tra «esperti di massima e comprovata qualificazione professionale nei settori dell’economia dei trasporti e portuale.»
Nessun presidente dell’Autorità portuale triestina può tuttavìa ignorare che il suo rilevante ufficio pubblico comporta il dovere speciale e primario di attuare e garantire gli obblighi di diritto internazionale ed interno che lo Stato italiano si è assunto nel 1954 e 1975 per il mantenimento, il libero esercizio, e con la gestione anche la promozione, del Porto Franco Internazionale di Trieste nei suoi appositi Punti Franchi.
Non può nemmeno ignorare quale ne sia il regime, perciò immodificabile senza nuovi accordi internazionali specifici, che consente di ampliarli ma impedisce di sopprimerli, violarli, ridurli o spostarli in aree sfavorevoli, e tantomeno di cambiarne la destinazione d’uso esclusiva. La giurisprudenza in merito è univoca, e già nel 2005 la stessa Monassi aveva precisato il tutto anche in una sua lettera ufficiale che noi abbiamo pubblicato per le parti significative nel novembre 2010 (leggi qui).
Monassi non può dunque non sapere che la tentata urbanizzazione speculativa edilizia ed immobiliare dell’area è illecita, e fondata soltanto su un’apposita catena di atti amministrativi locali perciò illegittimi del Comune di Trieste e della stessa Autorità Portuale. Culminati, a firma del suo predecessore Boniciolli, con la concessione demaniale illegittima dell’area per 70 anni alla Portocittà s.r.l., appositamente costituita da soci potenti che a loro volta, per i medesimi motivi, non potevano non sapere come stessero in realtà le cose. E continuano pure a dimostrarlo.
É inoltre notorio che quest’operazione contro legge ha retto sinora soltanto per un concorso trasversale abnorme di coperture politiche, istituzionali e mediatiche locali, ora sotto inchiesta assieme ai suoi agganci nazionali. Che il nuovo governo tecnico italiano dell’economista internazionale Monti può e dovrebbe troncare sbloccando e rilanciando finalmente l’operatività redditizia del Porto Franco di Trieste (leggi qui).
Ma l’Autorità Portuale è un organo amministrativo pubblico formato, oltre che dalla Presidenza, dal Comitato Portuale, da un Segretario Generale e da Revisori dei conti, tutti perciò corresponsabili diretti, secondo funzione, delle decisioni dell’ente. Il Comitato portuale è inoltre composto da rappresentanti economici, sindacali e politico-istituzionali della città, ed anche altri atti dell’Autorità hanno sollevato dubbi di legittimità sotto vari profili (leggi qui).
E quello che l’Autorità deve infine spiegare pubblicamente
Prima dunque di ogni altro atto a danno ingiusto del Gruppo Crismani ? che ovviamente azionerà per conto proprio le sue difese legali ed ha diritto in questo ad ogni solidarietà ? la Presidente e gli altri componenti dell’Autorità Portuale di Trieste dovrebbero spiegare pubblicamente, e senza ulteriori omissioni od equivoci, come pensano di poter motivare il diniego del rinnovo di una concessione con l’esecuzione di un atto che sanno illegittimo, o perché e come lo possano ritenere legittimo contro ogni evidenza.
Noi stiamo attendendo dai responsabili questo genere di chiarimenti dall’inizio della nostra intensa campagna stampa d’informazione e denuncia sul caso, un anno e mezzo fa. Ma ora li chiederanno anche sedi inquirenti che hanno gli strumenti istituzionali per ottenere comunque le risposte.
Paolo G. Parovel
© 30 Novembre 2011