Chi ha coinvolto Ministero della Giustizia, Tribunale e Procura nel festival delle illegalità sul Porto Franco Nord di Trieste?
di PGParovel
Inchiesta – Cronache della ‘cupola’
Dal 18 novembre per rispetto fiducioso delle istituzioni abbiamo atteso smentite o chiarimenti ufficiali. È invece trascorsa una settimana di silenzi che rende ora ancor più doveroso denunciare il fatto concreto: gli organizzatori e beneficiari della speculazione edilizia ed immobilare illecita sul Porto Franco Nord di Trieste sono riusciti a strumentalizzare pubblicamente anche le autorità giudiziarie che dovrebbero indagarla e perseguirla. Cioè la Procura della Repubblica ed il Tribunale territoriali, e lo stesso Ministero della Giustizia. Agendo proprio alla vigilia del cambio di governo e ministro.
E nonostante sia di pubblica ragione, come i nostri lettori privati ed istituzionali sanno bene attraverso le nostre campagne stampa documentate ? dal 2010 con un precedente giornale in edicola e dal 2011 sulla Voce qui in rete ? che l’asserito “riuso del porto vecchio”, sostenuto invece dal quotidiano monopolista locale Il Piccolo, è un colossale tentativo di truffa edilizia ed immobiliare a danno del Porto Franco internazionale di Trieste (leggi qui). Consiste infatti nel sottrargli l’area demaniale più pregevole ed attrezzata, i 70 ettari del Porto Franco Nord, in violazione fraudolenta del vincolo giuridico insuperabile che la destina esclusivamente alle attività portuali ed industriali in regime extradoganale.
Le prime fasi dell’operazione illecita
Quest’operazione illecita ha già arrecato alle possibilità di rilancio del lavoro portuale di Trieste, danni gravissimi che minacciano di diventare definitivi se non verrà sventata tempestivamente. È stata infatti sviluppata per anni articolandola in due fasi, preparatoria ed esecutiva, grazie a controlli trasversali evidentemente efficaci su particolari debolezze ed inettitudini della classe dirigente locale e sul controllo dell’informazione ‘di sistema’.
La fase preparatoria è consistita nel deliberato svuotamento graduale dell’area di porto franco dalle attività produttive lecite, riducendone parallelamente le infrastrutture di collegamento ferroviario ed azzerando la pubblicità di mercato estera dell’offerta degli spazi e benefici straordinari del Porto Franco di Trieste. La fase operativa è stata suddivisa a sua volta in due parti, sostenute e coperte propagandisticamente in crescendo attraverso Il Piccolo.
La prima parte è consistita nel far credere che il sito non sia più uno strumento essenziale ed attivabile di lavoro per il porto, ma un’area abbandonata ormai inutile (“porto vecchio”, “antico scalo”) e nel produrre una serie di atti illegittimi ed ingannevoli di organi amministrativi locali (Comune, Autorità Portuale) per urbanizzarla pretermettendo e violando il vincolo di destinazione esclusiva a porto franco; atti culminati in una concessione, perciò invalida, della gran parte dell’area per 70 anni a costruttori discussi e consapevoli del vincolo impeditivo, ma potenti: Maltauro e Rizzani De Eccher.
La seconda parte operativa è in corso, e consiste in una crescente pressione politico-mediatica ingannevole per ottenere a posteriori ed illegittimamente la forzatura e poi l’eliminazione di fatto del vincolo pretermesso, coinvolgendo l’opinione pubblica, cacciando contemporaneamente dall’area i superstiti concessionari portuali legittimi ? ora Crismani Group ed in seguito l’Adriaterminal ? e facendone confluire altri, come Greensisam, nella speculazione edilizia ed immobiliare.
Il “festival delle illegalità” al Magazzino 26
Dopo alcune erosioni marginali illegittime della cinta doganale, nel giugno di quest’anno gli organizzatori e beneficiari della frode sono riusciti a concretare una prima violazione dell’area centrale di porto franco ottenendo illegittimamente dal Prefetto quale Commissario regionale del Governo la disponibilità temporanea del Magazzino 26 ed accessi esclusivamente per una mostra d’arte (improvvisata dal Vittorio Sgarbi) ma sino a questo 30 novembre, quando dovrebbe venire ripristinata la legalità.
I protagonisti della speculazione illecita stanno perciò tentando, aiutati dalla grancassa del quotidiano, di rendere permanente questa violazione radicale del Porto Franco col trucco di coinvolgere e compromettere ad indebito appoggio pubblico il maggior numero possibile di autorità ed ambienti cittadini attraverso progetti, iniziative e convegni privi di autorizzazione nel Magazzino 26 illegittimamente detenuto.
Stanno cioè utilizzando il Magazzino 26 per un vero e proprio “festival delle illegalità” con la copertura e l’avallo diretti anche di istituzioni (Comune, Provincia, Regione, Camera di Commercio) che come tali non possono ignorare la situazione giuridica reale, né i procedimenti giudiziari già conclusi od ancora aperti in materia.
I procedimenti giudiziari
Tra quelli aperti vi è dal 14 ottobre scorso una diffida specifica al Commissario del Governo trasformata il 19 ottobre anche in esposto-denuncia alla Procura della Repubblica ed alla Procura della Corte dei Conti evidenziando altre operazioni locali affini ed impunite (leggi qui). Ed è stato appena avviato un ricorso di Crismani Group contro il diniego senza motivazione legittima del rinnovo della sua concessione portuale in scadenza questo 31 dicembre.
Le opposizioni sono perfettamente documentate e fondate in fatto e diritto, dati gli esiti univoci degli studi e della giurisprudenza in materia, incluse sentenze recenti del Tribunale di Trieste (65/2004 e 17/2005 Sezione del Riesame) e del TAR Lazio (2677/2009). Confermanti che la destinazione esclusiva inviolabile a Porto franco internazionale delle relative aree del porto di Trieste è obbligazione internazionale assunta dallo Stato italiano con l’amministrazione provvisoria (1954) e poi la sovranità (1975) su Trieste e l’attuale sua provincia.
Nessuno poteva quindi immaginare che qualcuno riuscisse a coinvolgere nel “festival delle illegalità” al Magazzino 26 addirittura le Autorità giudiziarie cui compete indagarle e perseguirle. E la Procura aveva anche dovuto aprire un procedimento specifico da oltre un mese.
Il coinvolgimento inatteso delle Autorità giudiziarie
Il 18 novembre la campagna del quotidiano per l’urbanizzazione illegittima è proseguita con dichiarazioni azzardate del sindaco attuale (Cosolini, centrosinistra) su un’asserita prossima soppressione del vincolo di porto franco sull’area, promesse di nuove iniziative e considerazioni di un urbanista tedesco. Ma vi ha anche aggiunto, con foto sorridente del Presidente del Tribunale, la notizia che la mattina stessa si teneva al Magazzino 26 un convegno su “Giustizia, territorio ed economia” organizzato dal Ministero della Giustizia con gli organi giudiziari locali. Tra i relatori ufficiali annunciati il Presidente del Tribunale Arrigo De Pauli, il presidente della Sezione civile Giovanni Sansone, il Procuratore della Repubblica Michele Dalla Costa ed il sostituto procuratore Federico Frezza.
Notizia (non smentita) e foto hanno usi strumentali ed implicazioni di messaggio pubblico evidenti: se persino la Procura, il Tribunale ed il Ministero della Giustizia tengono convegni al Magazzino 26, invece che nei soliti spazi del palazzo di giustizia, vuol dire che la sua occupazione e l’operazione di “riuso urbano” del Porto Franco sono più che legittima. Non è pensabile infatti che si prestino ad avallare un’occupazione speculativa illecita di aree demaniali produttive, ben più grave e dannosa per natura, entità, scopi e soggetti coinvolti, di quelle simboliche degli studenti invece perseguiti.
La gravità del fatto
La gravità del fatto si manifesta tuttavìa sotto due altri aspetti principali. Ed il primo è che l’evento implica o fa logicamente supporre un pre-giudizio palese a favore dell’urbanizzazione dell’area di Porto Franco da parte del Tribunale e della Procura di Trieste. I procedimenti civili e penali che la contestano illegittima dovrebbero perciò venire trasferiti ad altra Procura ed altro Tribunale.
Il secondo è che questo tentativo colossale di speculazione edilizia ed immobiliare illecita esige e rivela una rete trasversale di solidarietà anomale, attive e passive, tra soggetti amministrativi, politici, istituzionali e mediatici. Rete che risulta inoltre già collaudata su un arco di gravi illeciti tuttora impuniti che va dalla gestione di appalti pubblici con alcuni costruttori ad una scandalosa compravendita immobiliare tra il Comune l’allora sindaco Roberto Dipiazza (centrodestra).
E questa è esattamente l’evidenza investigativa di un tipico caso italiano di ‘cupole’ trasversali (a geometria variabile) di interessi illeciti che «svolgono attività diretta ad interferire sull’esercizio delle funzioni di organi costituzionali di amministrazioni pubbliche, anche ad ordinamento autonomo, di enti pubblici anche economici, nonché di servizi pubblici essenziali di interesse nazionale» in violazione penale della specifica Legge 17/1982. A Trieste, con ovvie connessioni e coperture regionali e nazionali.
Tre precedenti allarmi-denuncia autorevoli
Quanto alla notorietà dei fatti illeciti, le nostre campagne stampa dettagliate del 2010 e 2011 sono state precedute da alcune iniziative autorevoli di allarme e denuncia. Sul piano giudiziario c’è stato il ricorso al TAR ed al Consiglio di Stato da parte della benemerita Associazione Porto Franco Internazionale di Trieste, che ha già ottenuto la sopra accennata sentenza amministrativa sull’inviolabilità del vincolo internazionale di porto franco.
Per la stampa risultano particolarmente incisive le dichiarazioni pubblicate il 17 luglio 2005 dallo stesso Piccolo, allora meno coinvolto, di Angelo D’Adamo, presidente regionale di Filtrasporti della CGIL e suo rappresentate nel Comitato Portuale, e di Michele Zanetti, già Presidente del porto dal 1977 al 1990.
D’Adamo infatti osserva che «La crisi globale ha ormai investito tutti i settori del mercato. C’è un unico settore però che non conosce crisi: i trasporti via mare, il sistema logistico dei porti che ha un trend di crescita continua. È quella la via d’uscita per Trieste e il cardine è proprio il Porto su cui bisogna puntare. La città però non lo sta facendo nella maniera dovuta. »
Sulla minaccia di urbanizzazione del Porto Franco il rappresentante della CGIL dichiara: «I punti franchi sono un elemento competitivo per lo scalo? Io penso di sì. Perchè allora sono tanti i porti che farebbero fuoco e fiamme per avere i punti franchi? È il momento delle risposte sul perchè non sono state valorizzate queste potenzialità e non sono state create imprese che oltre a portare la merce che riempie solo i magazzini, la lavora e la trasforma» ed aggiunge sull’isolamento ferroviario crescente «L’altro, tra i nodi, riguarda le Ferrovie e i collegamenti merci, che stanno abbandonando la città e il Porto. Mi viene da pensare che a qualcuno in Europa interessi che le cose non funzionino allo scalo e che nessuno si faccia troppe domande».
Ancora più esplicito e diretto Zanetti: Il Porto? È sfasciato. La riqualificazione di Porto Vecchio? Speculazione edilizia. Ed accusa: «Quando me ne sono andato dal Porto [1990, ndr] hanno distrutto tutto quello che avevo fatto: persone, progetti, accordi. […] Il porto cinese di Chian-Jin ai miei tempi era gemellato con Trieste. Andato via io, i cinesi non sono stati più nemmeno ricevuti in visita. Avevamo i bavaresi che chiedevano incontri con la Giunta regionale. E’ stato chiuso l’ufficio in Baviera. E chiusi quelli di Budapest, di Vienna, del Brasile. […] In Porto ormai si arriva per meriti massonici. Maurizio Maresca [1999-2003, ndr] debuttò avvertendo che non sapeva niente di gestione portuale, poi ha distrutto. Ma distruggendo il passato si distrugge anche il futuro. E il presente è ridotto a zero. […] Porto Vecchio? Tristissima vicenda. […] In una città che perde popolazione sottrarre territorio al Porto senza alcun progetto chiaro mi pare folle. Per avere nuove strutture in Porto nuovo ci vogliono anni e anni. Va a finire che si fa solo speculazione edilizia. Il Porto per Trieste è il connotato fondamentale. Ma non per questi amministratori. […]»
Conclusioni
Spiace davvero, ma a questo punto oltre alle evidenze investigative già accennate sopra è necessario che le sedi istituzionali competenti verifichino tutte le responsabilità esterne ed interne di questo coinvolgimento incautamente compromissorio del Ministero della Giustizia, del Tribunale e della Procura della Repubblica di Trieste nel groviglio delle illegalità attuali sul Porto Franco internazionale di Trieste.
E provvedano anche ad affrontarle quanto prima per restituire all’economia locale e nazionale (leggi qui) questo nostro strumento primario di lavoro marittimo ed industriale.
Paolo G. Parovel
© 25 Novembre 2011