La Voce di Trieste

Il governo italiano d’emergenza Monti e cosa può offrirgli e chiedere Trieste

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Editoriale

Il governo italiano d’emergenza affidato a Mario Monti è finalmente insediato. E deve affrontare una situazione nazionale di debito pubblico e discredito politico che è così rilevante, in sé e per l’importanza strategica dell’Italia, da mettere in pericolo la stabilità economica dell’intero Occidente.

Ma ogni passo di questo compito già straordinariamente difficile rimarrà subordinato, sino a nuove elezioni, al voto di un Parlamento controllato dai partiti e leader politici corresponsabili di questa situazione fallimentare.

L’interruzione forzosa della lunga dittatura finanzario-mediatica di Berlusconi e dei suoi complici attivi e passivi non basta inoltre a superare la sfiducia internazionale verso un Paese che l’ha generata e tollerata per quasi vent’anni, in un’esibizione continua di inettitudini, corruzioni ed arroganze inimmaginabile per qualsiasi altra democrazia occidentale. E senza i mezzi per pagarne ora il conto finale.

Questo nuovo governo, formato perciò da tecnici indipendenti di sicura competenza ed autorità invece che da politici, deve gestire contemporaneamente due imponenti forze di pressione nuove, una esterna ed una interna, generate dai livelli straordinari della crisi. Oltre ad una quantità anomala di minacce sommerse, anch’esse sia interne che esterne.

 

Forze nuove e minacce sommerse

La nuova forza politica esterna è quella delle pressioni strategiche difensive e dirette dell’Unione Europea e degli USA, associate alle manovre aggressive dei mercati. Quella interna è la necessità crescente e sempre più drammatica di lavoro e di giustizia sociale per la popolazione. E dipenderà dall’equilibrio pratico ed etico dell’azione di governo se queste due forze aiuteranno a risanare il Paese, o lo faranno esplodere.

Quanto alle minacce, quelle pubbliche dei partiti italiani verranno probabilmente limitate dalla prospettiva delle elezioni ad una recita teatrale continua per attribuirsi i meriti del governo tecnico lasciandogli le responsabilità dei provvedimenti impopolari.

Sono invece più seri e concreti che mai i rischi sommersi di destabilizzazione ? politica, economica, terroristica ? ad opera separata o congiunta della grande criminalità organizzata e delle corruzioni politico-istituzionali, rimaste senza riferimenti di governo, e della speculazione finanziaria. Ma anche di Paesi interessati alle conseguenze strategiche di un collasso dell’economia italiana, e con essa di quelle dell’UE e dello schieramento euroatlantico.

Per fronteggiare questi rischi speciali non bastano però le competenze ottimali di politica finanziaria interna ed estera del nuovo governo. Occorre anche garantirgli quel controllo reale e completo dei servizi segreti italiani (ufficiali, coperti e metastasi) che manca da più mezzo secolo con risultati ben noti in Italia ed all’estero.

 

Le opposizioni fondate e la nave nella tempesta

Se le opposizioni di partito al governo Monti rimarranno strumentali, sono invece più che fondate in sé quelle che esprimono le denunce popolari, e finalmente planetarie, del prepotere devastante della speculazione finanziaria internazionale (privata e di Stato) sull’economia produttiva reale, sui diritti umani e sull’ambiente, ed affermano la necessità inderogabile di contrastarla a tutti i livelli per costruire una società più giusta e sostenibile.

Ma è errato ed ingiusto rivolgere pregiudizialmente queste buone ragioni contro il governo Monti perché formato da tecnici influenti che hanno vissuto e conoscono bene le strutture parassitiche globali da contrastare. Soltanto gli atti concreti del nuovo governo potranno infatti dire se la loro particolare conoscenza del campo avversario verrà messa al servizio degli interessi dei cittadini, o li tradirà.

Anche l’età media elevata che alcuni rimproverano alla scelta del gruppo di governo non risponde a principi di gerontocrazia, ma ai requisiti di maturazione del massimo di esperienza tecnica, necessariamente nel tempo. E riduce le possibili ambizioni private indebite.

In sostanza, ci troviamo di fronte al classico problema della nave che rischia di affondare nella tempesta: tutti vorremmo, come giusto e legittimo, trovarci altrove ed al meglio, ma per arrivarci occorre prima salvare scafo e vite secondo le regole imposte da una situazione generale che al momento non abbiamo nessuna possibilità concreta di modificare.

 

I ruoli, problemi, diritti e contributi possibili di Trieste

Trieste si trova ovviamente coinvolta anche in questa fase drammatica della vita del Paese, aggravata dalla propria crisi totale di ruolo. Determinata però dal fatto che i governi italiani precedenti hanno continuato a ridurre la città da porto principale della Mitteleuropa ad enclave marginale sottosviluppata ed assistita dell’economia italiana. Soffocandone il porto, ed in particolare il Porto Franco internazionale, e favorendo la selezione negativa di una classe dirigente locale quanto più inetta e compromissoria.

Il soffocamento del Porto Franco sta così culminando nel tentativo di una colossale, scandalosa truffa immobiliare per dismetterne e privatizzarne illecitamente l’area demaniale attrezzata di maggiore potenzialità commerciale e produttiva (leggi qui). Ad opera di una ‘cupola’ di interessi speculativi che riesce a pilotare, oltre all’informazione, anche i consensi delle istituzioni locali in violazione continuata, ostentata ed incredibilmente impunita dei vincoli ed obblighi internazionali consolidati dello Stato italiano in materia. Nonostante sentenze, denunce e procedimenti giudiziari in sede nazionale ed europea (leggi qui).

In queste condizioni di degrado economico, politico ed etico la città è stata inoltre usata, dalla seconda metà degli anni ’80, come fulcro propagandistico di manovre rivendicative di tensione internazionale ed influenza verso l’allora Jugoslavia, e poi sulle vicine Slovenia e Croazia indipendenti. E ciò nell’ambito di operazioni destabilizzanti che fanno capo ad apposite strutture riservate illegali (leggi qui) non ancora dismesse malgrado autorevoli sollecitazioni internazionali, passate e recenti.

Tutto ciò ha privato e continua a privare Trieste del suo diritto storico ed attuale a reintegrarsi produttivamente nei propri ruoli geoeconomici naturali di porto principale di scambio tra la Mitteleuropa ed il Mediterraneo, avvalendosi dei nuovi strumenti comunitari europei ed in cooperazione internazionale con l’adiacente porto sloveno di Koper-Capodistria.

Si impedisce cioè alla città-porto di Trieste di realizzare il proprio legittimo benessere con la riattivazione ottimale doverosa di un asse di traffico europeo primario ed indispensabile all’economia comunitaria, e di contribuire sostanziosamente con gli utili al risanamento di quella nazionale italiana, invece di farsene assistere.

 

Cosa può e deve chiedere Trieste al governo Monti

Nella crisi generale del Paese è evidente che nessuno può continuare a pretendere ed ottenere assistenze pubbliche improduttive per sanare crisi locali. Trieste può e deve invece chiedere all’economista europeo Mario Monti un intervento politico deciso, che non costa nulla, per sbloccare il porto, tutelando e rilanciando il Porto Franco, e riaprirlo alla collaborazione internazionale (disponendo contemporaneamente, ed a sostanzioso risparmio di denaro pubblico, la dismissione definitiva delle strutture e delle politiche di attrito sopra dette).

Trieste ed il suo porto sono forse la sola entità territoriale d’Italia che ha già le strutture per creare rapidamente lavoro, occupazione e sviluppo usando semplicemente l’autorità del Governo e dello Stato per sbloccarle e promuoverle, e reinvestendo gradualmente gli utili in sviluppo ulteriore. Dunque a costi pubblici nulli o minimali, sia in proporzione che in assoluto, oltre che a risparmio delle assistenze pubbliche altrimenti (e sinora) necessarie.

Se dunque la classe dirigente politica ed economica locale che ci troviamo ancora addosso si mostrerà troppo inetta, condizionata o compromessa per capirlo e per chiedere finalmente unita ed in tempo utile al nuovo governo questa scelta, lo faremo noi, anche avviando se necessario una petizione popolare a libera firma dei cittadini. Con l’aiuto di chiunque vorrà partecipare.

 

Paolo G. Parovel

© 19 Novembre 2011

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