La Voce di Trieste

Il dissenso sfrattato. La democrazia può aspettare

L’italietta, stritolata da criminali impudenti e impuniti, è un paese strano. Lo sappiamo bene, ma fino all’ 11/11/11 non sapevamo che i “criminali” di cui dobbiamo aver paura sono studenti e cittadini innocui alla ricerca di una spazio da poter utilizzare come casa comune. Questa volta non c’erano passamontagna, black block, volti coperti da fermare a tutti i costi. Solo facce scoperte animate dalla voglia di aprire spazi di democrazia. Ma la repressione è stata ugualmente feroce, ferma, inamovibile.

Ma andiamo per gradi.

E’ l’ 11 novembre, Occupy everything, giornata mondiale degli indignados.

Ore 16.00. Gli studenti si ritrovano in Piazza Oberdan, da cui partirà il corteo, e subito vengono accolti da una massiccia presenza di forze dell’ordine. Niente di cui preoccuparsi, normale prassi da manifestazione.

Una volta raccolti gli studenti e gli indignati delle più svariate età, il corteo parte in direzione corso Italia. L’obiettivo è raggiungere la sede abbandonata del Banco di Napoli. Qui la prima sorpresa. Le forze dell’ordine in tenuta antisommossa stanno già presidiando la zona, formando un cordone a difesa del palazzo inutilizzato, «a proteggere il nulla», come urlano dal megafono i manifestanti. Nel frattempo una decina di studenti hanno già occupato l’edificio e sono pronti ad aprire le porte per far confluire i manifestanti all’interno. La situazione diviene surreale: dalle inferriate dell’ex Banco di Napoli si intravedono i volti degli occupanti, ma tra loro e il resto dei manifestanti una fila di scudi e manganelli presidia l’entrata.

L’atmosfera si scalda. Qualche spintone (da una parte e dall’altra), qualche lieve scaramuccia; la tensione non fa che aumentare a vista d’occhio. La situazione non si sblocca. Probabilmente partono delle trattative, ma il questore è inammovibile: a Trieste non ci saranno occupazioni, costi quel che costi.

Il corteo, vista l’impossibilità di entrare nell’edificio ad alta valenza simbolica, decide di spostarsi in piazza Goldoni per bloccare la città. Poi un altro tentativo: di corsa i manifestanti si spostano verso l’ex banca, ma ad aspettarli ancora polizia e guardia di finanza, ancor più decisi a fermare ogni tentativo di intrusione nell’edificio.

E’ a questo punto che accade il peggio. Gli studenti alzano le mani, in segno di resa, per dimostrare la loro innocenza. Ma gli agenti questa volta non temporeggiano e fanno partire una carica decisa, agitando i manganelli in aria. Le conseguenze sono inevitabili. Un ragazzo, che dalle testimonianze si trovava di schiena rispetto agli agenti – intento a calmare gli spiriti e portare via gli studenti – viene colpito alla testa. Finirà a Cattinara per accertamenti. Bilancio che avrebbe potuto essere ben peggiore, e difatti altri studenti usciranno dalla bolgia storditi dai colpi ricevuti.

Verso sera, dall’uscita laterale gli occupanti verranno fatti uscire dai manifestanti a loro protezione. Non senza altri momenti di tensione.

Il segnale è chiaro. Non accadrà nulla in quel di Trieste, piuttosto verranno alzati nuovamente i manganelli. Le anomalie sono tante: dov’erano le istituzioni che avevano promesso una spazio autogestito agli studenti? Come mai quella repressione così violenta nei confronti di manifestanti che si erano fatti benvolere da tutti nei giorni precedenti? Una prova di forza? Della questura? Del ministero?

Interrogativi che non troveranno risposte probabilmente.

La giornata si chiude. Gli indignati chiedevano spazi di democrazia, la risposta è stata repressione “al manganello”. Un altro pezzo di Italia lacerata, chiusa ed impaurita di fronte ad ogni novità. Staremo a vedere cosa accadrà nei prossimi giorni.

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© 13 Novembre 2011

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