Sabato 12 e domenica 13 novembre commemorati i caduti di Trieste e della Mitteleuropa per l’Europa plurinazionale nel 1914-18
di PGParovel
Attualità e storia
Sabato 12 e domenica 13 novembre si sono svolte sul Carso italiano e sloveno, a Prosecco-Prosek e Gorjansko, le commemorazioni pubbliche del 98% dei soldati e marinai di Trieste, del Goriziano, dell’Istria e della Dalmazia che nella prima guerra mondiale combatterono uniti a difesa della loro patria plurinazionale europea, l’Austria-Ungheria assieme ai popoli fratelli della Mitteleuropa.
In casa propria, dunque non da occupanti stranieri, e con la stessa dignità, le stesse sofferenze e lo stesso diritto al ricordo sia del 2% che fece la scelta opposta, sia di tutti i cittadini del Regno d’Italia che vennero costretti tragicamente dal loro governo a combattere contro di essi quella che dietro le propagande irredentiste era in realtà una guerra di aggressione ed espansione nazionalista, e si confermò tale dopo le annessioni.
Le altre tragedie conseguenti del Novecento e la rinascita plurinazionale dell’Unione Europea hanno dato inoltre torto alle vittorie politico-militari dei nazionalismi militaristi e ragione a quella maggioranza di difensori allora sconfitta. Ma l’Italia politica ufficiale, che dopo il 1918 li ha slealmente discriminati, denigrati e cancellati dalla memoria storica del Paese e dei loro stessi discendenti, continua a farlo celebrando quella guerra con le retoriche di allora ed a giustificazione delle proprie politiche militari successive e attuali.
Ricordarli pubblicamente in spirito di pace, fraternità e coraggio civile serve perciò sia a sanare una vergognosa ingiustizia, sia a ritrovare e radicare saldamente con la memoria storica vera di queste terre lo spirito europeo che ci è necessario oggi per riconoscere e superare del tutto i condizionamenti individuali e collettivi del nazionalismo.
Il programma
Sabato 12 novembre alle 16 si è tenuta una commemorazione plurilingue organizzata dal Društvo k.u.k. I.R. 87 e dall’Associazione-društvo-Verband k.u.k I.R. 97 (erano i reggimenti imperiali di Gorizia e Trieste) al cimitero militare austro-ungarico di Gorjansko, presso Komen, che raccoglie oltre 10.000 caduti dal fronte dell’Isonzo. É seguita alle 18 nella chiesa di San Martino a Prosek-Prosecco una messa commemorativa cattolica plurilingue patrocinata dalla Kaiser Karl-Gebetsliga für den Völkerfrieden (Unione di preghiera Imperatore Carlo per la pace tra i popoli: leggi qui).
Domenica 13 novembre alle 15 si è invece svolta al cimitero militare austro-ungarico di Prosecco-Prosek, presso Trieste, la tradizionale commemorazione plurilingue e multireligiosa (cristiana cattolica ed ortodossa, ebraica, islamica) organizzata dal movimento d’opinione Civiltà Mitteleuropea. Questo cimitero militare ospita oltre 5000 caduti del tratto terminale del fronte occidentale a difesa di Trieste, dal Timavo all’Isonzo. Si trova in dolina poco fuori Prosecco sulla strada per Santa Croce-Križ prima del bivio per Gabrovizza.
Lo spirito ed il significato delle commemorazioni
A differenza da quelle nazionalistiche e militariste, queste commemorazioni uniscono il dovere della memoria alla testimonianza dell’identità, dignità e fraternità storiche europee delle popolazioni, lingue e culture plurali di queste terre e del resto della Mitteleuropa.
La prima guerra mondiale sembra lontana noi nelle date, ma è l’inizio di un processo continuo di regressione devastante, e tuttora inesaurita, della cultura europea dalle speranze civili e sociali con cui era iniziato il Novecento alle ideologie della discriminazione nazionale, razziale e sociale travestite da nuovi ideali.
Scatenata dalle politiche e violenze eversive di organizzazioni nazionaliste, quella guerra spezzò, con milioni di vite, anche quei valori e progressi europei di cui la convivenza pacifica di popoli, lingue e religioni diversi nell’Austria-Ungheria era laboratorio storico e chiave di volta. E tanto solida che in realtà dovette essere smembrata con la forza da nazionalismi minoritari sorretti dalle armi avversarie, negando ai suoi popoli il diritto di autodeterminazione.
Le conseguenze furono un crescendo europeo di follìe politiche, crudeltà e sofferenze prima inimmaginabili, che culminò in ideologie e regimi totalitari omicidi e genocidi, nelle stragi ancor maggiori e più efferate della seconda guerra mondiale, in mezzo secolo di ‘guerra fredda’ tra blocchi ideologici contrapposti e negli sconvolgimenti sociali e conflitti regionali sanguinosi con cui si è conclusa, lasciando focolai ancora attivi.
Da questo gorgo perverso di perdite umane e danni psicologici, culturali e materiali incalcolabili stiamo uscendo soltanto ora, con fatica, nel secolo nuovo e grazie alle nuove generazioni, attraverso processi di unificazione europea che in sostanza ripropongono quella comunione di popoli che l’Austria-Ungheria aveva già realizzato e stava continuamente perfezionando nel cuore d’Europa. Se infatti gli eventi del passato rimangono come tali immutabili, i valori spirituali e culturali autentici hanno flussi propri che li attraversano e superano riemergendo anche in assetti nuovi.
È dunque assurdo ed antieuropeo che in Italia, od altrove, si pretenda ancora di celebrare come vittorie o vanti nazionali la prima e persino la seconda guerra mondiale, nelle quali i governi italiani di allora vollero entrare da aggressori mandandovi al macello il proprio stesso popolo per conquiste territoriali di spirito coloniale, giustificate soltanto dalle loro propagande. Secondo un’ipocrisia tipica della peggior politica italiana, che ha trasformato la storia ufficiale del Paese in un collage di propagande d’epoca sottratte a revisione persino ad un secolo o più di distanza.
E risulta ancor più paradossale ed offensivo a Trieste, dove la stessa politica italiana deteriore, dopo avere demolito sistematicamente dal 1918 identità plurinazionale, unità e convivenza delle popolazioni di queste terre, dietro i soliti slogan continua di fatto a tenere la città ed il suo porto isolati dai flussi naturali di culture e merci che la rinascita europea comunitaria ha finalmente riaperto nella Mitteleuropa superando le barriere confinarie, politiche e doganali imposte dalle guerre mondiali, e dei quali Trieste stessa è un fulcro storico e naturale primario.
Non è infatti casuale, ma frutto evidente di una linea politica nazionale scandalosa che Trieste sia tenuta ancora nelle condizioni di relitto materiale e psicologico del secolo perduto: nell’isolamento ferroviario crescente con depressione del porto e addirittura svendita del porto franco, con industrie relittuali ed una crisi abnorme del commercio, con la disoccupazione ed emigrazione dei giovani (addirittura dagli anni ’50), con una selezione negativa della classe politica e della cultura sotto ricatto di un conformismo pseudo-patriottico demenziale; il tutto coperto da un’informazione addomesticata e controllato da lobby parassite locali che Roma protegge anche dalla giustizia penale.
I giovani ‘indignati’ che quest’anno hanno contornato irriverenti a Trieste in abiti da clown le celebrazioni militari ufficiali del 4 novembre, comunque disertate dalla popolazione, possono avere ferito involontariamente i sentimenti di persone idealmente o sentimentalmente coinvolte, ed ignare di molte di queste verità. Ma hanno anche sottolineato con coraggio nuovo le ipocrisie ufficiali ormai intollerabili che si estendono in realtà dagli interventi di guerra e dai traffici d’armi attuali sino a quelle celebrazioni del 1914-18, alle retoriche assurde sulle ‘redenzioni’ nazionali armate della città, ed a quant’altro usato da politiche di Stato abominevoli (leggi qui) per manipolare il nostro passato, presente e futuro mantenendoci nella smemoratezza di noi stessi e nel disadattamento alla realtà mitteleuropea che ci sta attorno.
Ed è per questo che gli appuntamenti commemorativi europei di sabato e domenica a Prosecco-Prosek e Gorjansko sono in realtà anch’essi atti di indignazione civile doverosa, moderna e positiva.
Paolo G. Parovel
© 9 Novembre 2011