A Bari, tra coastal rowing e voglia di riscatto
di CGiacomazzi
Incontri e immagini da una città entusiasmante
A Bari ho fatto il pieno d’umanità e di sole, mi ci sono proprio immersa e ne sono uscita arricchita. Ma ora devo ritornare con i piedi per terra e fare i conti con una città, Trieste, dove soffia la bora, dove la gente va di fretta, non sempre saluta e dove il sorriso, talvolta, è solo formale.
Ho ancora viva nella mente l’immagine di Nicola, che ci accompagna all’aeroporto, che con il suo sorriso un po’ sdentato ci chiede se ci siamo trovati bene a Bari. “Più che bene”, rispondo subito io. “Noi ci abbiamo messo il cuore ad organizzare questo evento”, continua lui. E si è visto, rispondo io con un sorriso. E iniziamo a parlare, senza sosta fino al terminal.
Bari tra il 20 e il 23 ottobre ha ospitato i campionati mondiali di coastal rowing, disciplina sportiva che prevede gare in barche a remi sulla lunga distanza, in mare aperto. Ma quella di Nicola non è l’unica immagine che porto con me di questa città, che fino ad oggi non conoscevo: mi sovvengono le donne della parte vecchia della città, che preparano e vendono le orecchiette ai vari ristoranti, ma anche ai turisti che passano per caso e si fermano incantati a guardare la velocità sorprendente con cui queste signore eseguono un rituale consolidato nel tempo. Ma ho impressa nella mente pure la ragazza che, domenica pomeriggio, su di un piccolo fornello a gas, cucina il pesce appena comperato: immagine sicuramente coreografica, soprattutto se, per fare questo, utilizza il marciapiede davanti alla sua casa.
Ma vedo anche il pescatore che di fronte alla mia domanda:
“Scusi, ma quelli che cosa sono?”
“Ricci di mare”
“E come si mangiano?”
“Crudi con il pane. Ne vuole due da assaggiare?”
E nel frattempo osservo una signora che si appresta a comperare del polpo e prima di farlo ne addenta un pezzo, così, per sentirne il gusto.
Ma c’è anche il vecchietto che, al buffet della cerimonia d’apertura dei mondiali, organizzati nel sontuoso palazzo della Provincia di Bari (www.provincia.ba.it), alla presenza delle più alte autorità, fagocita tutti i babà al rum presenti nel piatto, tra gli sguardi attoniti dei presenti. Il nonnino in questione, non considerando gli effetti collaterali, oltre ai babà, si è fatto fuori anche quantità industriali di pasticcini, creme, bignè e tutta la deliziosa pasticceria presente quella sera. Ad un certo punto l’ho addirittura sorpreso mentre si leccava la mano tutta sporca di panna. Personaggio davvero singolare e in buona compagnia visto che di infiltrati, alla festa, ce n’era più d’uno!
Come non menzionare le signore sugli autobus che parlano in vernacolo e che sono totalmente incomprensibili, ma che di fronte alla richiesta di traduzione sorridono tutte gongolanti e ti spiegano per filo e per segno la storia della città?
Ma vogliamo parlare della gelateria YOGO? Qui c’è stato un incontro ravvicinato con alcuni ragazzini di Bari. Uno di questi, Nico, in quarta superiore, senza nessuna voglia d’andare a scuola. Il sabato sera, soprattutto nella parte vecchia della città c’è la movida: nugoli di ragazzi sfilano e fanno vasche, vestiti in modo impeccabile e alla moda. È un piacere starli a guardare, perché il loro entusiasmo è decisamente contagioso. E sono loro a farla da padrone, in una città che forse, tanti vecchi non ha. Ma aspettare quaranta minuti nella pasticceria Gelati Gasperini, per due crepes non ha prezzo, se poi alla fine ti vengono fornite con tanto di forchettina, coltello, tovagliolo rosso, ripiene di cioccolato bianco e granella, decorate con panna fatta in casa. Soprattutto vedere Gino, il cameriere tuttofare, che in religioso silenzio aspetta il verdetto finale e vedere la sua faccia aprirsi, mentre prorompo in: “Le migliori crepes che abbia mai mangiato” e profondersi in un sorriso che va da un lato all’altro della faccia, non ha prezzo. Sarei rimasta lì tutto il pomeriggio a mangiare le sue specialità, peccato che la partenza era già stata fissata.
Ma l’incontro inaspettato l’ho avuto proprio nel viaggio di ritorno, dove ho conosciuto Maria, una ragazza che, non trovando lavoro a Bari, è stata costretta a trasferirsi al nord, per lavorare come cameriera stagionale. Sicuramente dura per lei, costretta a stare lontana da casa e senza fissa dimora, ma incalzata dagli eventi e dalla crisi, che non ha sicuramente risparmiato nemmeno Bari. Mentre parlavo con lei percepivo un po’ della sua tristezza, ma al contempo la voglia di farsi una vita e una famiglia, anche se a prezzo di duri sacrifici. Una determinazione quasi atavica.
Queste e molte altre immagini mi porterò nel cuore, il tutto permeato da una sorta di titanismo, di volontà di riscatto, da parte di una città, che in poco tempo è riuscita ad organizzare un evento di tale portata, supportata non solo dagli sponsor, ma soprattutto dall’entusiasmo della sua gente che ci ha creduto e che si è messa a disposizione gratuitamente e con un grande senso di responsabilità. Quale miglior augurio, dunque, che questo non sia che l’inizio di futuri appuntamenti che possano rilanciare e dare lustro ad una città che non ha nulla da invidiare ad altri importanti capoluoghi di regione.
Questo è il terzo mondiale di coastal rowing a cui ho la fortuna di partecipare, nonostante la mia veneranda età. Mi sono persa quello di San Remo, che a detta di tutti è stato davvero eccezionale. Non mi è dato di operare questo confronto, ma tra Plymout, Istanbul e Bari, scelgo senz’altro Bari. E pensare che non ci volevo nemmeno andare. Chiedere ferie per me in questo periodo non è certo facile (una prof ha diritto alle ferie solo d’estate e una prof di solito non fa sport, soprattutto se insegna italiano e latino come me), ma alla fine sono stata trascinata nell’avventura e non mi sono affatto pentita. Anzi.
© 28 Ottobre 2011