La Voce di Trieste

Italia: come il governo aiuta le mafie mentre la stampa finge di non vedere

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La regola principe delle indagini coincide con la massima evangelica per cui l’albero si riconosce dai frutti: badare cioè ai fatti e non alle chiacchiere ed apparenze (e diffidare dell’attendibilità dei testimoni). Mentre un’altra regola fondamentale dice che le informazioni taciute sono da valutare quanto quelle date.

Ma molti se ne dimenticano, anche tra gli addetti. Tempo addietro dei pur bravi colleghi si affannavano a cercare prove impossibili su chi tra due politici e giornalisti che se ne accusavano a vicenda fosse legato a servizi segreti, e quali. Mentre la risposta era evidente dalle azioni concrete dell’uno e dell’altro.

Così sta accadendo in Italia con il fatto che il governo berlusconiano ha incluso nei “risparmi” anticrisi tagli di 30 milioni di euro ai Carabinieri e 30 alla Polizia, già disastrosamente a corto di personale e di mezzi economici e tecnici. Salvo promettere che glie ne darà poi altri, mentre continua solo ad emettere proclami retorici sulla sicurezza. E senza risollevare nemmeno la Magistratura già in semicollasso, anzi delegittimandola proprio nei settori dove funziona ancora.

Inoltre i tagli riguardano anche la DIA, Divisione Investigativa Antimafia, proprio mentre il governo tenta di abolire le certificazioni antimafia obbligatorie negli appalti pubblici, già parassitati dalle forniture mafiose di materiali e macchinari proprio perché non soggette a quelle certificazioni.

I fatti di evidenza immediata sono quindi due: il primo è che questo governo riduce consapevolmente e da tempo al minimo di operatività le forze di polizia ed il contrasto antimafia; il secondo è che la beneficiaria maggiore non è la criminalità comune od occasionale, ma quella mafiosa.

Che a differenza da polizie e magistratura ha disponibilità enormi di soldi, uomini, mezzi. Oltre a diffusione nazionale dal Nord al Sud, basi estere ed infiltrazioni sistematiche sempre più potenti nella politica, nelle istituzioni e nell’economia legale italiane. E non è certo un segreto che il governo Berlusconi, come le sue fortune economiche e mediatiche, non rappresentano lui, ma un intreccio pericoloso di poteri trasversali (leggi qui).

Ma nel Paese tutte queste evidenze passano sotto silenzi sistematici ed abnormi sia della classe politica di vario colore che della quasi totalità degli organi d’informazione, dedite vergognosamente ambedue a tutte le frivolezze possibili per distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica delle reti mafiose che sono  il parassita principale e mostruoso della vita italiana.

Con l’aiuto non secondario, purtroppo, di coloro che da varie parti politiche continuano a schierarsi ideologicamente contro le forze di polizia in quanto tali. Senza distinguerne le funzioni sociali necessarie dagli arbitrii, e ‘dimenticando’ anch’essi l’entità dell’emergenza colossale, concreta e prevalente delle mafie. Che, come sa tutto il mondo, possono essere affrontate solo con forze di polizia adeguate, capaci, rigorose e motivate.

Non è normale fingere di ignorare in Italia che secondo le valutazioni internazionali di settore nella graduatoria mondiale delle mafie il gruppo di quelle italiane ? cosa nostra, ‘ndrangheta, camorra, sacra corona unita, mafia lucana ? è il primo, precedendo, nell’ordine, la mafia cinese, la Yakuza giapponese, la mafia russa e le mafie sudamericane, ed ha un volume d’affari complessivo di oltre 130 miliardi di euro (quasi 260mila miliardi delle vecchie lire).

Un reddito enorme ed interamente sottratto in produzione ed evasione fiscale all’economia regolare del Paese. Con 70 miliardi di utile netto a disposizione, più  gli accantonamenti ed investimenti di questo enorme flusso illecito di denaro incontrollabile sia in borsa che in imprese ‘pulite’ di tutti i settori possibili. E vi vanno ancora aggiunti circa 20 miliardi di euro degli affari delle mafie straniere, autonome o connesse, ormai radicate anch’esse in tutto il Paese. Il totale è quindi sui 150 miliardi di euro, equivalenti al bilancio di un piccolo Stato.

I settori d’attività criminale organizzata sono quelli classici: appalti, subappalti, forniture edili, contrabbandi, a droga, estorsioni (pizzo, ricatti, rapimenti), usura, riciclaggio, lavoro nero forzato prostituzione, gioco d’azzardo, scommesse, traffici d’armi, persone, organi e rifiuti tossici, furti, rapine, truffe ed altro ancora.

Ma la massa enorme di denaro e guadagni in nero dà alle mafie capacità straordinarie sia di corruzione che di influenza diretta sull’economia normale dell’Italia per garantirvisi un’impunità sostanziale. Gli investimenti di riciclaggio ed influenza principali riguardano infatti l’edilizia, il mercato immobiliare, le attività commerciali e turistiche, in particolare col franchising, e la media e grande distribuzione, ma anche i giochi e le scommesse autorizzati e l’industria del divertimento, l’agricoltura, il settore ortofrutticolo, l’industria in generale, ed ora persino le energie alternative.

E questa penetrazione corruttiva di capitale mafioso nell’economia normale è tanto più indisturbata nelle aree depresse per mancanza di lavoro, di investimenti e di classi politiche intelligenti e combattive (anche se non direttamente colluse, od in minima parte), che incominciano significativamente a mostrare comportamenti anomali anche a favore di operazioni speculative palesemente dannose, pericolose e persino illegittime.

Vedano i lettori se ed in quali punti questo schema possa coincidere anche con aspetti anomali della situazione triestina, essendo comunque quello di mezz’Italia da quando siamo governati dalla prepotente maggioranza berlusconiana di asserito centrodestra con un’opposizione belante di asserito centrosinistra.

In ogni caso, vi sono dunque l’evidenza fattuale e la certezza logica che l’impresentabile governo italiano attuale, oltre a fare danni sempre più disastrosi al Paese ed all’Unione Europea, sta favorendo la criminalità organizzata, e dunque concorrendo ai suoi crimini, come mai prima nessun altro dei governi nazionali più compromessi e scadenti del passato.

Anche se si preferisce non vedere e non parlarne gli analisti esteri specializzati se ne rendono ben conto, e dal gennaio 2011 tutti hanno potuto leggere rappporti riservati specifici della diplomazia USA. Perché questo fatto corruttivo centrale rimane il più inquietante dell’intera posizione e dei ruoli dell’Italia negli sviluppi della crisi nazionale, europea e globale senza precedenti che stiamo vivendo.

 

Paolo G. Parovel

© 24 Ottobre 2011

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